di Giuseppe R. Panico Strano paese quello dove tutto sembra andare contro un possibile sviluppo economico-imprenditoriale. Scarsa cultura? Burocrazia? Politica? Forse è colpa di ciò che noi siamo stati e continuiamo ad essere col perdurare di una mentalità antica e dominante, restia a cambiamenti ed innovazioni o proposte che non sorgano dal cerchio magico politico o politicante, poco propenso a ragionare in termini di bene comune e costo/efficacia. Strano paese quello dove la cittadinanza sembra esclusa o escludersi da una più attiva partecipazione democratica, atta a valutare meglio come vengono spesi i propri quattrini o quali siano, per le scelte di rilievo, i vantaggi/svantaggi delle varie opzioni.

Strano paese quello in cui, a fronte di scelte o progetti rivelatosi sbagliati o incurie disastrose, gli unici, a pagare in quattrini e sottosviluppo sono i cittadini. In quel paese non esiste infatti né una procedura di “recall” che consenta ai cittadini di licenziare in tronco i mal-eletti o i mal-facenti o poco-facenti, né per una “class action” contro i colpevoli o per costituirsi in giudizio come parte civile. Strano paese quello ove coloro che hanno avuto nella vita maggior fortuna o bravura, come cultura, economia, esperienze, si ritraggono nel comodo egoismo ed inerzia del proprio guscio. Ben lontani dunque da quel “giving back” (restituire), anche in termini di pensiero/opinione/dibattiti, la loro matura e affidabile esperienza e contribuire al progresso locale.

Strano paese quello ove anche le grandi scelte per il futuro non vengono prima approfondite e verbalizzate nelle commissioni comunali, o fatte oggetto di referendum comunale, ma lasciate al dominio antidemocratico e non di rado fallace del “pensiero unico”. Strano paese quello ove l’ecologia degenera in ideologia politica e ben poco si attua per uno sviluppo sostenibile che comprenda anche economia e benessere, senza i quali scappa ogni investimento e ogni nostro ragazzo. 

Strano paese è quello ove si fa un grosso mutuo per mettere sulle strade tanto nuovo asfalto e poi, pur senza neve e ghiaccio o transito di carri armati e cavalli ferrati, le sole piogge del primo inverno se lo portano tutto via, lasciandoci buche per strada e buchi in bilancio. In tal paese si è fatto un Piano Coste senza che mai la commissione turismo comunale si sia riunita per discuterne norme, suggerimenti e alternative se non quelle di qualche sdraia ed ombrellone a pagamento. Piove troppo e a catinelle. “Governo ladro” o “inefficiente” si urla vedendo l’ACAIT che va giù a puntate perché pure mal puntellato.

E se in paese è anche l’acqua dolce a toglierci le speranze, a Marina Serra fu l’acqua salata a spazzar via, e per ben due volte, le costose e improvvide passerelle in legno fronte-mare. A mezza strada fra costa e mare sono invece le acque reflue a farci tanto soffrire con la loro, ormai decennale, telenovela dalle tante puntate tecniche, economiche e giudiziarie. Per la triste telenovela ACAIT non possiamo non ricordare quella puntata a palazzo Gallone di circa sette anni fa.

Un bel progetto del GAL per trasferire i propri uffici con risanamento a proprie spese di parte dell’ACAIT e restituzione alla cittadinanza degli attuali pregevoli uffici in piazza Pisanelli. Nella sala del trono, rintronano ancora le sinistre e stridule voci di chi così vivacemente si oppose al progetto. Avrebbe consentito anche di trasferire a Palazzo Gallone la biblioteca comunale e non in una scuola più periferica, costosamente risanata ed ora meno frequentata. In piazza Pisanelli avrebbe rivitalizzato e acculturato il centro ed il salotto della città; lo avrebbe reso un elegante e più frequentato Centro Civico. Privato ora anche, con procedura quasi forzosa, delle Associazioni d’Arma, rimane sempre più deserto. E tornando verso il mare, alla sua economia e benessere per la prossima estate non potremo che avere un p

orto ancora mummificato nella sua difficile e pericolosa convivenza di nautica e balneazione e dal mancato potenziamento con nuove attività economiche e sociali (scuola di vela, supporto ai diversamente abili, sostegno ai nuovi corsi nautici presso l’Istituto professionale). I locali furono destinati ad altri scopi. Nel porticciolo di Marina Serra la nautica (come da Piano Coste) non sarà più consentita e trenta posti-barca verranno così soppressi. Eppure la stessa Commissione Europea, in un suo importantissimo e articolato “working document” del marzo 2017 non fa altro che riconoscere la grande importanza della nautica sotto gli aspetti economici, professionali e sociali, culturali ed ambientali e dunque anche per il lavoro dei nostri giovani neodiplomati. Si dice spesso che il futuro non può che derivare dalle scelte del nostro passato, come anche dalla consapevolezza del nostro presente e dall’avere visione di insieme, lungimiranza e capacità di realizzare.

Chissà se queste tre “magie” vorranno arrivare prima di Natale. Ecologia, ambientalismo e musei se degenerano in una cappa che tutto protegge, tutto conserva, tutto mummifica, di tutto si appropria, ostacolano altre economie e benessere. Il rischio è quello di diventare un periferico museo delle cere, che, senza una struttura economica propria o senza i soliti finanziamenti di uno Stato inefficiente e già in grave crisi, perde interesse e visitatori. Quello strano paese-museo chiude e poi la cera si squaglia.

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