di Alfredo Sanapo
 
Quest’anno ricorre il 50° Anniversario dalla Prima Maturità al Liceo Classico di Tricase (1974). Per l'occasione gli studenti di allora (classe 1955-56), d’intesa con il Preside del Liceo “Stampacchia”, prof. Mauro Polimeno, hanno voluto condividere con le nuove generazioni di discenti la loro esperienza in un incontro organizzato il 01 Giugno alle ore 10,30 presso i locali del Liceo Classico di Tricase in Via Lucugnano.
I protagonisti di questa celebrazione, ieri ragazzi, oggi affermati professionisti, non sono nuovi a manifestazioni di attaccamento alla Scuola che ha visto gli esordi della loro formazione. Gli stessi, infatti, in virtù del loro affiatamento, mantenutosi nel tempo e spesso sfociante in riunioni conviviali, si resero interpreti nel 2009, il 40° anno di Fondazione della scuola, di un evento simile: nella stessa sede, in presenza di quasi tutti gli insegnanti dell’epoca, gli ex studenti donarono una stele in marmo che ancora campeggia all'ingresso della scuola. In quella circostanza, la réunion si concluse con un pranzo.
L'avventura del Liceo Classico di Tricase ebbe inizio Il 1° ottobre 1969. Prima di quella data, le alternative per chi desiderava una formazione classico-umanistica erano il "Dante Alighieri" di Casarano (oggi "Montalcini") e il "Capece" di Maglie. La prima sede istituita a Tricase, nata come Sezione Distaccata del Liceo Classico di Casarano, venne assegnata laddove ora vi è l’Ufficio Tecnico del Comune: si trattava di un'unica classe di 18 studenti (il IV Ginnasio). Gli insegnanti erano il prof. Totò Panico, l’ing. Sodero, il  Baldassarre, (insegnante di Francese) ed il prof. Antonio Manni. Nel secondo anno (1970-71) le classi diventarono 3 e la sede fu spostata in via Vittorio Emanuele nei locali dove successivamente venne collocato il Biochimico (oggi Scuola di Formazione KHE), dove vi rimase per tre anni finché, nell’A.S. 1973-74 la sede venne trasferita nel locali dell' ex Liceo Scientifico (oggi Biblioteca Comunale). Proprio qui, nel 1974, si tennero i primi esami di Maturità Classica a Tricase, ragione del festeggiamenti odierni.
Il resto è storia recente. L'anno scolastico seguente il Liceo, intitolato a "G. Pisanelli", divenne autonomo con un proprio Preside e si sviluppò grazie agli apporti di nuovi studenti provenienti da Casarano e Maglie. In seguito, il Liceo venne ospitato prima in via Apulia (oggi I.I.S.S. "Don Tonino Bello") e poi in via Galileo Galilei (nei locali del Liceo Scientifico), per approdare, infine, all'attuale ubicazione.
Il programma della manifestazione di oggi ha previsto la consegna di una stele lignea, l'incontro con tutte le sezioni della classe III^ Liceo ed un piccolo buffet, alla presenza degli insegnanti superstiti dell'epoca, il prof. Romeo Erminio e il prof. Vito De Blasi.
"Noi studenti dell’epoca" - ha commentato uno dei 'pionieri' del Liceo - "non abbiamo mai dimenticato quel passato perché ci riporta al ricordo di una stagione irripetibile e di un rapporto umano, forse non unico, ma per noi certamente esclusivo: una piccola rimpatriata, magari nostalgica ma indubbiamente benevola per l'animo".
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4 luglio 2024 – Ore 20,30

Piazza don Tonino Bello - Tricase

PREMIATO PIERGIORGIO GIACOVAZZO

CHI E’ IL PREMIATO

Nato a Roma il 3 gennaio 1970, è entrato in RAI nel 1997 e nella Redazione del TG2 ha ricoperto il ruolo di telegiornalista nelle edizioni più centrali.

Di particolare importanza i suoi recenti servizi dall’Ucraina; dopo lo scoppio della guerra con la Russia, Giacovazzo è rimasto l’ultimo giornalista RAI sul fronte di guerra, benchè la RAI gli consigliasse di fare ritorno a Roma per evitare rischi.

La sua scelta, indubbiamente coraggiosa, è stata premiata dallo studio curato dal sito specializzato in comunicazione Spot and Web: Giacovazzo è risultato il telegiornalista più amato dagli italiani come indicato dal 18% delle preferenze ottenute su un campione di 560 italiani tra i 18 e i 65 anni.

Giacovazzo è redattore e spesso conduttore della rubrica settimanale “TG2 Motori” ma è un appassionato anche di biciclette e soprattutto di mountain bike.

E’ stato anche capo dell’Ufficio Stampa del campione die motociclismo Max Biagi.

Poco dopo l’invito da noi rivoltogli a venire a Tricase per ritirare il Premio è stato protagonista, mentre conduceva l’edizione del TG2, di un famoso “fuori onda” sulla figlia di Fiorello; un “incidente” che ha accresciuto la sua popolarità ed ha consentito al Nostro di esprimere “pubblicamente” quanto moltissimi spettatori pensavano.

 

 

di Carmine ZOCCO

Ogni scelta toponomastica rappresenta sempre un consapevole e delicato atto di politica della memoria scolpita nel marmo delle strade e nella storia di una città.

Queste scelte accompagnano i nostri percorsi quotidiani. Che siano i luoghi dei nostri giochi da bambini o degli incontri che scandiscono le tappe della vita, le denominazioni delle strade o piazze si imprimono nella nostra memoria. A volte si legano inscindibilmente a prodotti letterari(I ragazzi della via Pal, Quer pasticciaccio brutto de Via Merulana), musicali (Il ragazzo della via Gluck), generazioni di scienziati (i ragazzi di via Panisperna) o eventi drammatici che hanno segnato la storia recente(Piazza Fontana, Piazza della Loggia, Via Fani).

Alla domanda su quali opere, gesti o meriti abbiano espresso le personalità che popolano le targhe stradali delle nostre città, le risposte possono essere molteplici ma accomunate da un stesso criterio di valutazione: nel corso della loro esistenza si sono distinti per valori e virtù che sono da tramandare alle generazioni future. L'attribuzione del loro nome a un luogo pubblico è un riconoscimento al contributo che hanno dato all’evoluzione dell’umanità, nella dimensione economica, politica e culturale.

Occorre tener presente che questa operazione è talvolta ispirata dal clima politico-culturale del tempo in cui avviene. I modelli proposti saranno quelli che il potere e la cultura dominante vorranno far vivere e tramandare nell'immaginario collettivo.

Se questo è il criterio condiviso, come attivare la nostra sensibilità di contemporanei per ovviare all'assenza di intitolazione a persone che hanno segnato la storia recente per il valore delle loro azioni?

E come, invece, ovviare alla contraddizione lampante della persistenza nelle targhe delle ns strade di personaggi che non sono portatori delle virtù citate, che sono stati fautori di azioni e pensieri deprecabili o addirittura di crimini contro l’umanità?

È esemplare a tal proposito l'assenza di una strada/Piazza dedicata a G. Matteotti, di cui quest'anno ricorre il centenario del suo brutale assassinio per mano fascista, nonostante il Consiglio Comunale abbia già deliberato all’unanimità il 30 maggio 2023 per colmare questa mancanza.

Al contempo, è presente in Depressa una strada intitolata a Rodolfo Graziani. È stato un generale fascista e governatore nelle colonie africane di Etiopia e Libia, dove si è macchiato di crimini di guerra per l'uso del gas nervino e di rastrellamenti e uccisioni di civili inermi. Dal

1943 al 1945, a capo delle forze armate della Repubblica Sociale Italiana, è stato solerte per colmare questa mancanza collaboratore dell'esercito nazista nella lotta contro i partigiani, nelle deportazioni verso i campi di sterminio e nelle rappresaglie contro i civili italiani. I suoi misfatti sono stati riconosciuti dal Tribunale dell’ONU contri i crimini di guerra.

Che sia stata frutto di superficialità, ignoranza o, peggio, fatta a ragion veduta poco importa. Non è ammissibile, invece, che persista in una città che ha conferito la cittadinanza onoraria alla senatrice Liliana Segre.

E’ necessario, perciò, il duplice atto di ripristino dell'intitolazione a Matteotti e della rimozione di quella a Graziani.

L'opportunità è nel futuro immediato: il 10 giugno, data del delitto Matteotti.

Farlo non è solo un doveroso risarcimento civile, ma può aiutare anche a orientarsi tra le strade e i vicoli ciechi del nostro presente.

di Alfredo SANAPO

Nella società attuale c'è una deriva morale: é spesso considerato giusto tutto ciò che fa stare bene noi stessi presi come singoli. Non è questione di tanga o minigonne, né di esibizionismo o di boria, né di malaffare o degenerazioni varie.
La questione non è risolvibile con un anacronistico atteggiamento bacchettone o un falso moralismo nei riguardi verso tali tendenze. La questione purtroppo non è di forma, ma di sostanza.
Se dal punto di vista sociologico tali condotte sono dannose per la dinamica di una comunità, trasferite ad un ambito politico diventano deleterie. Persone proiettate esclusivamente al proprio benessere non fanno male fino al momento in cui ciò non venga fatto a danno altrui. In questi casi, esiste un limite morale, convenzionalmente stabilito tra uomini, chiamato Legge.
Essa stabilisce una volta per tutte cosa è oggettivamente giusto e oggettivamente errato.
In politica, questa volontaria confusione tra bene personale e bene comune da parte di chi si propone a gestire la cosa pubblica può causare guai incalcolabili. I partiti (o mostri simili), in primis, dovrebbero selezionare a monte le candidature sulla base dell'integrità morale sostanziale. In seconda battuta, gli elettori dovrebbero ulteriormente discernere i candidati in funzione della loro propensione al bene comune.
Il rischio sarebbe quello di commettere ciclicamente lo stesso errore. Ecco che spuntano fuori personalità che, credendosi onnipotenti arrivano all'abuso d'ufficio. Amministratori che scambiano l'efficienza con il consenso sfociando in reati come concussione, corruzione e turbativa d'asta.
Governanti che, democraticamente eletti, si autoproclamano principi o re assegnando alla propria "casata" posti chiave del potere. Insomma, pseudopolitici che, dietro la loro abilità di attori o frontman, nascondono i loro difetti di immoralità politica se non di inettitudine all'incarico.
Pertanto, in queste prossime Elezioni Europee partiti ed elettori dovranno scegliere con cura chi presentare e chi votare.
Un compito più arduo rispetto alle elezioni locali, nelle quali eletti ed elettori sono perlopiù noti, perché sovente alle Europee tra le preferenze si scrive il nome a naso, per sentito dire o su consiglio degli amici. La moralità, in questo senso, può essere la migliore bussola per scegliere con cura i nostri rappresentanti a Bruxelles. Non fatevi abbindolare soltanto da una bella retorica e da una bella presenza, ma vigilate e indagate attentamente il vissuto e la volontà dei candidati di esercitare il bene comune.
Buon voto!

a Silvana, cittadina esemplare

di Alessandro Distante

Il film più bello di quest’anno, a detta di tanti spettatori oltreché di buona parte della critica, è stato quello di Paola Cortellesi.

Le ultime scene di “C’è ancora domani” sono le file lunghissime e la “fatica” di tante donne che, tessera alla mano, si recavano, per la prima volta, ad esercitare il conquistato diritto di voto.

Era il riscatto della protagonista del film ed era la vittoria di tutte le donne e, in definitiva, la speranza che il diritto di voto poteva essere il modo e il mezzo per far valere il proprio pensiero e riscattare le quotidiane angherie.

Di acqua ne è passata sotto i ponti come pure sono passati i ricordi delle file davanti ai seggi.

E’ forte la paura che l’imminente appuntamento elettorale per il rinnovo del Parlamento europeo passi nella disattenzione dei più. Già la volta scorsa a votare si recò la metà degli aventi diritto. E sabato e domenica prossimi? Chi lo sa.

A giudicare da come ci stiamo preparando c’è da temere un flop. La scelta, fatta da molti leader nazionali, di candidarsi ammettendo esplicitamente che poi non andranno al Parlamento perché già impegnati in Italia, la dice lunga sulla “serietà” della richiesta di voto e lascia intravedere l’asservimento della elezione europea a logiche nazionali o, meglio, alla ricerca di affermazioni elettorali e personali, sganciando il voto dal fine del voto stesso.

Il vuoto degli spazi elettorali è emblematico e il vuoto registrato a Tricase in occasione dell’unico comizio svoltosi (sino ad ora) in Piazza Pisanelli è altrettanto significativo. Malgrado la celebrità dell’Oratore, a sentirlo solo in pochi.

Eppure l’Europa è il futuro; è il continente tradizionalmente inteso (forse a torto) come la culla della civiltà e del diritto che mai, come in questo momento di crisi e di guerre, potrebbe svolgere un ruolo di pacificatore.

Un Parlamento debole, perché poco rappresentativo, indebolirebbe qualsivoglia voce europea, ammesso che il rinnovato Parlamento riesca a dare peso al suo esistere e sappia porsi non solo come proiezione di forze ed interessi nazionali ma come luogo di crescita o, per dirla con la Cortellesi, come luogo che ci faccia credere che c’è ancora un domani.

 

 

 

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