di Munir,immigrato somalo
Mi chiamo Munir, vengo dalla Somalia, ho trent’anni, sono sposato e ho un figlio di un anno e mezzo. Sono arrivato in Italia nel giugno 2016 e dallo scorso aprile sono ospite del progetto SPRAR gestito da Arci Lecce qui a Tricase.
Quando la libertà di espressione diventa migrazione forzata. Nel mio Paese ero un giornalista. Nel mio paese ero un giornalista, e ho lavorato nella redazione di “Radio Marka”, un’emittente radiofonica che si trova nel sud della Somalia, molto ascoltata nella mia città di origine, e per la quale ho realizzato anche interviste a funzionari pubblici. Fare informazione nl mio paese è molto pericoloso. I gruppi criminali minacciano e a volte uccidono i giornalisti ritenuti colpevoli di schierarsi contro di loro. Uno di questi gruppi, tra i più pericolosi della Somalia, chiamato Al-Shabaab, ha iniziato a perseguitarmi a causa delle notizie che diffondevo. Al-Shabaab è un gruppo terroristico che da anni compie attentati e azioni violente che colpiscono soprattutto la popolazione civile.Sono sempre stato contro la violenza, perché credo che la pace sia la più grande aspirazione per ogni uomo e popolo di questo mondo. Gli uomini di Al-Shabaab hanno iniziato a perseguitarmi e a minacciare me e la mia famiglia. Sono stato costretto e portare mia moglie e mio figlio a Mogadiscio, mentre io ho deciso di scappare.
L’Italia e Arci. Dopo un viaggio molto complicato sono arrivato in Italia. Qui a Tricase mi sento al sicuro e ho trovato nuovi amici. Studio la lingua italiana, ho una professoressa che si chiama Isabella, che mi ha sempre aiutato ad apprendere meglio questa lingua per noi molto difficile, e frequento anche la scuola pomeridiana per prendere la licenza media. Grazie al supporto di Arci e della comunità che mi ospita ho avuto molte opportunità di integrazione e dialogo con i cittadini di Tricase, come per esempio durante le feste natalizie, quando ho partecipato come comparsa al Presepe vivente indossando i panni del soldato romano. Ho frequentato dei corsi di formazione professionale e spero di trovare presto un lavoro e la mia completa autonomia.
Raccontarsi a tavola. Il giorno di Santo Stefano sono stato a pranzo presso una famiglia a Tricase, che mi ha invitato grazie al progetto “A tavola con noi”. Sono stati molto gentili come me e mi hanno fatto sentire in famiglia. Ora siamo rimasti in contatto e questo è molto importante per me. Mi fa sperare in un futuro migliore. Il mio sogno è che mia moglie e i miei bambini possano, un giorno, passeggiare con me per le strade di Tricase, liberi dalla paura e dalle violenze.
di Caterina Scarascia
Il 3 novembre scorso decidemmo di richiedere l’allacciamento alla rete di distribuzione del gas metano per uso domestico e di procurarci quindi, da un’apposita agenzia, il relativo preventivo.
Nessuno di noi avrebbe mai potuto immaginare l’odissea che ci attendeva.
Abbiamo ottenuto il servizio (controllo tecnico definitivo e posizionamento del contatore) il 15 gennaio ultimo scorso, dopo ben 74 giorni, 7 ore e 10 minuti.
Ma l’aspetto paradossale (più di questo, se possibile….) è tutto ciò che abbiamo dovuto fare direttamente, da soli, per sbrogliare i vari impicci burocratici e capire dove era l’inghippo che ritardava, rallentava, intralciava (scegliete voi il verbo che più vi piace!) la nostra pratica.
Siamo passati dall’Ufficio Tecnico Comunale, dall’Ufficio dei Vigili, dai contatti con famigerati esperti del settore, dagli amici degli amici (avevamo dimenticato di essere in Italia!), per giungere alla fine a ben 30 telefonate e mezzo (è caduta la linea a metà conversazione…..) all’apposito numero verde che, finalmente, ci ha fatto capire qualcosa dell’iter procedurale.
Ci è pure venuto il dubbio che avessimo sbagliato ditta, non essendo quest’ultima di Tricase : si sa….i forestieri possono essere meno esperti di un territorio…..soprattutto se si tratta di allacci!
Intanto qualche buon samaritano ci ricordava che avremmo dovuto mantenere il vecchio impianto a gasolio (quindi ulteriori spese….), perché, come è noto, la burocrazia è burocrazia, mentre saccenti operatori del settore ci rimproveravano di esserci ricordati un po’ tardi (l’inverno è ormai alle porte!) facendo, in pratica, i conti in tasca agli altri.
Ma alla nostra domanda del perché di tanta burocrazia e conseguente lungaggine temporale, la risposta è stata unanime ed esauriente: “E’ il sistema!”
Abbiamo provato anche a cercarlo, questo Signor Sistema, per chiederglielo direttamente, ma è stato inutile: irreperibile, anzi introvabile, in quanto appartenente alla Famiglia degli Scaricabarili.
Dal faceto al serio: questa esperienza personale, probabilmente vissuta negli stessi termini da molti altri cittadini, è indicativa delle storture di un sistema (questo si!) che trasforma i bisogni reali delle persone in semplici occasioni di guadagno.
Ma i servizi non si pagano? Certo, purchè siano servizi efficienti, svolti con un unico, prevalente obiettivo: agevolare l’utente, ridurre gradualmente nel tempo gli ostacoli procedurali e gli impedimenti burocratici che, creando tutta una serie di intermediari, rischiano non solo di attivare tempi biblici, ma anche di aumentare i costi.
Non c’è niente da fare, siamo alle solite, in questa Italia in cui la stragrande maggioranza dei politici sa solo dire e fare fesserie, in cui “etica” è una parola del vocabolario catalogata alla voce “caduta in disuso”, in cui il Dio Denaro viene prima di tutto, anche, e soprattutto, del rispetto delle persone.
Un’Italia in cui noi cittadini, purtroppo, continuiamo ad essere i complici e i principali conniventi di un’organizzazione sociale ed economica che piega ogni cosa SOLO all’interesse personale, meglio se economico. Nel caso specifico, basterebbe muoversi compatti contro sistemi di questo genere, denunciandone le relative inefficienze.
Nulla è immutabile nelle organizzazioni e le conquiste per i diritti e i vantaggi di tutti sono state sempre il frutto di piccole o grandi rivoluzioni e riforme, partite dalle consapevolezze sviluppate nell’ordinaria quotidianità.
Poi possiamo anche fare grandi discorsi sulle culture, il post-capitalismo, le agenzie educative, la società liquida, la sostenibilità ambientale e quant’altro, ma, sia pure nella complessità di simili contesti, la sostanza è sempre e solo una: i valori che ognuno di noi ha interiorizzato e di cui dà esempio agli altri, quei valori che danno più importanza alle persone tutte e non solo a chi (o cosa!) ci conviene.
In conclusione, ‘sto metano….ti dà una mano?
Si, forse..... purchè ci sia qualcuno disposto ad attaccarlo!
di Ercole Morciano Da sabato 20 gennaio l’aula magna della Corte d’Appello di Lecce è intitolata a Vittorio Aymone. Scoperta dalla nipote Luciana Aymone, la targa dedicatoria, sobria come lo stile del grande uomo e grande avvocato nato a Tricase il 15 dicembre 1920, è un ulteriore segno di riconoscimento dei meriti acquisiti da uno dei figli più illustri della nostra città. L’iniziativa, sorta per unanime volontà dei due ordini legati all’amministrazione della giustizia – l’ordine giudiziario e quello forense – riveste un particolare significato perché l’aula magna è il luogo maggiormente deputato all’incontro e alla collaborazione tra magistrati e avvocati.
Un auspicio-impegno che ha visto costantemente in prima linea l’avvocato Vittorio Aymone nello svolgimento dei vari ruoli rivestiti: difensore penale, consulente giuridico di ministri della giustizia, presidente o componente di commissioni ministeriali per le riforme giudiziarie, docente universitario di etica professionale, presidente dell’ordine forense.
Ruoli vissuti con la massima autorevolezza, tanto da renderlo indiscusso “principe del Foro”, titolo che tutti gli riconoscevano per la profondità della scienza giuridica, per la probità professionale, per il nuovo stile oratorio ispirato ai grandi classici nella struttura, ma lineare e stringente nella forma, per la cultura umanistica, sulla quale fondava la certezza che al centro del processo penale c’è l’uomo concreto, con tutte le sue peculiarità, i drammi, gli abissi delle debolezze e le vette delle nobili aspirazioni.
La città di Lecce, dove Vittorio Aymone si era trasferito da Tricase nei primi anni ’50 per motivi professionali, gli ha intestato la piazza di fronte alla sua abitazione, vicino a Porta Napoli; da lui prende il nome la Scuola di specializzazione delle professioni istituita presso la facoltà di giurisprudenza dell’Università di Lecce; a Vittorio Aymone è intitolata la Fondazione voluta dal Consiglio dell’Ordine, e sostenuta dalla famiglia, per la formazione dei giovani avvocati, realizzando così un desiderio del grande penalista.
Vittorio Aymone mantenne con Tricase un rapporto filiale; con la moglie Dora Raeli sposata nel 1952, anch’essa tricasina, trascorreva buona parte delle ferie estive nella villa che si affaccia sul porto; durante la sua breve esperienza politica nel P.L.I. rappresentò Tricase alla Provincia, dove svolse l’incarico di assessore alla cultura nei primi anni ’50, organizzando tra l’altro manifestazioni che dovevano preludere alla nascita dell’università; donò al paese natale il terreno per la costruzione del campo sportivo in via Matine; grazie alla sua autorevolezza salvò più volte la Pretura di Tricase dalla soppressione; non girò mai le spalle ai tricasini che gli chiedevano aiuto e meritavano di averlo. Io lo conobbi mentre ero studente a Lecce nei primi anni ‘60: quando per sciopero o altri motivi uscivo prima da scuola, con altri compagni - in attesa dell’orario del treno - ci recavamo in tribunale per assistere alle cause penali che si tenevano al vecchio palazzo di giustizia, in piazza S. Oronzo.
Lì noi tricasini ci sentivamo quasi a casa perché alla fine della grande scalinata d’accesso ci accoglieva il busto marmoreo di Giuseppe Pisanelli, in verità un po’ accigliato, con la solenne epigrafe retrostante. Poi, con circospezione e senza fare chiasso, circolavamo nell’ampio, alto corridoio dell’ex convento dei gesuiti e ci affacciavamo alla soglia delle aule d’udienza compiendo le nostre scelte; il più gradito per l’ascolto era il giovane avv. Vittorio Aymone, poi venivano gli altri più anziani come Massari, De Pietro ecc.
Da allora l’ho ascoltato in altre occasioni, anche a Tricase, e come altri rimanevo incantato dal suo eloquio col quale ogni orazione diventava un capolavoro per l’armonia tra struttura, forma, registro, contenuti, voce, declamazione.Con me fu disponibilissimo quando nel 1995 gli chiesi l’intervista da pubblicare su “Nuove Opinioni” per il 50° di Toga: m’invitò a casa sua a Lecce e da allora iniziò un rapporto più confidenziale che si ravvivava d’estate, quando andavo a trovarlo a Tricase-Porto e si parlava di storia locale; consuetudine che è rimasta fino agli ultimi anni della sua vita.
A Tricase ha continuato a voler bene fino alla fine mantenendo intatte le sue radici di cui andava fiero; pertanto auspico che la città natale gli dimostri un segno di affetto e riconoscenza a futura memoria per indicarlo con sano orgoglio alle future generazioni.
TACCUINO ELETTORALE
di Alessandro Distante
Anche i muri della Città cominciano a respirare l’aria elettorale. Encomiabili alcuni manifesti che fanno veramente la differenza. Mentre tutti gli altri pubblicizzano prodotti, saldi, scuole e viaggi, quei manifesti chiamano a raccolta tutto il Salento per fare la differenza e contengono tanti importanti principi e valori: la sana politica, la famiglia, lo sport, il lavoro.
Sembrano istruzioni e raccomandazioni utili alla prossima battaglia elettorale; una sorta di consigli per scegliere bene, perché il voto sia utile non solo a chi si candida ma soprattutto al territorio e, in una parola, al Salento.
Certo, verrebbe da pensare: bastasse un manifesto!
Quei suggerimenti e quegli spunti rischiano tuttavia di essere equivocati, perché i soliti maligni potrebbero avere il sospetto che non siano fini a se stessi ma che siano l’annuncio di una auto presentazione elettorale.
Che peccato! Fossero stati proposti non a ridosso delle politiche avrebbero avuto certo un’altra risonanza. Il lavoro, la famiglia, lo sport, la politica: tutti temi di grande attualità soprattutto in un anno nel quale la Costituzione Italiana compie settanta anni.
Di quei manifesti affissi a Tricase mi piace riportare alcune frasi, vere pillole di saggezza: “Credo nella politica. Quella utile. Quella che crea valore partendo dai bisogni dei cittadini”. E come dargli torto! Chi ha mai creduto nella politica inutile? O in quella che non tiene conto dei bisogni dei cittadini?
E poi, pensando alla famiglia, leggo: “E’ quello che impariamo dalle nostre mogli, dai nostri mariti, dai nostri genitori e anche dai nostri figli, che ci guida nelle scelte quotidiane. La famiglia è, e deve essere, il centro della nostra comunità”.
Una famiglia tradizionale, nella quale, giacchè che c’era, doveva trovare spazio anche l’insegnamento dei nostri nonni, dei nostri suoceri e, soprattutto, delle nostre suocere!
E’ proprio vero, anche nei migliori messaggi, si dimentica sempre qualcuno o qualcosa come si dimentica spesso che in politica non ci si propone ma sono gli altri a proporci.
Gentile direttore,
Approfittiamo del vostro giornale, per rendere noto che nella frazione di Depressa,
ci sentiamo a dir poco dimenticati
Per cominciare non si vedono vigili urbani da chissà quanto tempo, tanto che gli automobilisti interpretano ognuno a modo proprio il codice della strada, le vie dell’abitato sono sempre sporche e piene di cartacce, i cestini vengono svuotati solo dopo che gli stessi sono stracolmi da giorni, in giro si possono trovare numerose buche, per non parlare poi delle luminarie di natale che ad oggi 23-01-18 sono ancora accese.
Caro direttore ,
i “ cambiamenti ” per il momento a Depressa ci sono stati si,
ma decisamente in peggio, sembra che i detti di una volta non si sbagliano,
pare che uno reciti “quanti più sacrestani ci sono ….. ”
a buon intenditor poche parole…
Un gruppo di amici