di Pino GRECO
Si è inaugurata lo scorso 8 novembre, e resterà aperta fino a l'8 aprile 2025, la mostra di Puccetto al Museo Storico di Lecce, idea nata dall' arch. Claudia Branca Direttrice del Museo con la collaborazione della figlia Annalisa, di Loredana Moretti autrice del volume fotografico dal titolo "Una storia di colori e libertà" dedicato all'artista e curata dai critici Toti Carpentieri e Massimo Guastella.
In una retrospettiva di 41 opere su supporti diversi, l'imbrattatore di pezze come lui amava definirsi, racconta l'espansione di una creatività nata libera, senza regole, solitaria, sfuggente dai parametri dell'arte con cui egli stesso non ha mai cercato nè un confronto nè un dialogo.
Tra cassetti, tele, tovaglie, cartoncini, fogli di compensato, emerge il linguaggio istintivo di Puccetto che fece del Casello di Tricase dove svolgeva l'attività di umile casellante il suo laboratorio d'arte. Puccetto era un personaggio diffidente, particolare, singolare per questo a volte discriminato, e senza nessuna competenza è stato in grado di crearsi da solo. Nella sua "sfera magica" così definita dalla figlia non ci si entrava facilmente.
In tantissimi hanno presenziato all'inaugurazione della mostra , il Sindaco della Città di Lecce Adriana Poli Bortone nel suo intervento ha dichiarato" Dobbiamo essere fieri dei Puccetto che ci sono nel Salento". A distanza di un anno e mezzo dalla scomparsa di Antonio, i colori delle opere sembrano essere ancora freschi, vivi e il MUST rappresenta un punto di partenza che rende possibile l'accesso a tutti alla famosa "Sfera Magica" del nostro concittadino
di Giuseppe R.PANICO
Il recente gravissimo incidente stradale che ha coinvolto due ragazzi stranieri, porta, ancora una volta, all’attenzione su come la strada sia ormai una delle maggiori fonti di pericolo, in particolare, per tanti nostri giovani e non solo in auto. Al moltiplicarsi di auto, moto e movimentazione, non sembra aver fatto seguito né una maggiore civiltà nella guida e cura dei mezzi né un maggiore sviluppo e manutenzione della viabilità.
Gli incidenti sono spesso causa di un insieme di fattori, alcuni riconducibili ai singoli alla guida, quali uso di alcool e droga, mancato rispetto del codice della strada (eccesso di velocità, omesso uso delle frecce e degli stop agli incroci, uso telefonino etc.) peraltro su mezzi non di rado sprovvisti di assicurazione e collaudo, come, di recente, già evidenziato sul Volantino.
Altri fattori sono invece riconducibili alle amministrazioni che, responsabili dei singoli tratti di strada e della gestione del traffico, ormai troppo spesso, non curano abbastanza la segnaletica, l’illuminazione, la manutenzione del manto stradale né, ove occorra, le dovute sanzioni/repressioni. Ne deriva una “civiltà” automobilistica, come anche motociclistica, ciclistica e pedonale alquanto carente che non può che portare, in particolare nel nostro Salento, al ripetersi di ben tristi eventi.
La strada è ormai il luogo ove i nostri giovani, che già son pochi, più frequentemente ci lasciano in lacrime, ove più spesso corre il pensiero di insonni genitori e congiunti ed ove più spesso il futuro delle famiglie subisce una dolorosa svolta.
Se in alcuni paesi come negli USA (patente a 16 anni) il “defense of driving” (difendersi dai pericoli della guida) viene insegnato nelle scuole e la patente viene concessa dalla Polizia Stradale, in Italia è anche troppo frequente la guida senza patente o con patente sospesa, o patente fasulla o il pirata della strada.
Fra i fattori a carico delle amministrazioni vi è anche la pulizia/manutenzione delle banchine a lato delle strade. Attività di decisiva importanza su strade strette e curvilinee, spesso con il susseguirsi di accessi laterali a campagne e villette non di rado oscurati da alta e incolta vegetazione, con assenza di specchi parabolici e spesso frequentate da troppo rombanti e troppo veloci centauri.
Un esempio rilevante sono le nostre strade che portano al mare e, in particolare, la stessa litoranea. Una superficialità che rende sovente perplessi e preoccupati i tanti turisti, spesso anziani, che a piedi o in bici la percorrono. Già rinunciano al panorama verso il mare per i tanti alti canneti, ma rinunciare anche a una maggiore sicurezza per gli incolti e ingombranti oleandri che, in più tratti, invadono la strada, riducendone ampiezza e visibilità, non è altro che un invito a recarsi altrove.
Noi tutti pare che ci siamo invece…” assuefatti” a tale pericolo a tali incurie e a tali concorsi di colpa. Almeno fino al prossimo incidente, alle prossime lacrime e nella colpevolezza del proprio silenzio verso le istituzioni.
Come anche fino a quando pedoni e ciclisti che frequentano simili strade, per salutari corse o passeggiate. non si convincano che indossare un vestiario bel più visibile, in particolare al tramonto o di sera, ne va della loro sicurezza o non del loro concorso di colpa in caso di incidente e di tante altre tardive lacrime.
E’ stato un piccolo grande capolavoro utile per l’intera comunità.
di Pino GRECO
Sabato, 9 novembre 2024 - Ci siamo immersi in un'atmosfera di condivisione e allegria, Tricase Vintage non è stato solo questo, ma è stato un bellissimo viaggio tra ieri e oggi, il passato e il presente, i ricordi e la nostalgia delle antiche puteche e la loro animazione, è stato un piccolo grande capolavoro utile per l’intera comunità.
Numeri importanti per l’evento di piazza Pisanelli con 𝐛𝐞𝐧 𝟐𝟐 𝐜𝐚𝐧𝐭𝐢𝐧𝐞 𝐯𝐢𝐧𝐢𝐜𝐨𝐥𝐞 presenti , 8 aziende di ristorazione che hanno servito con grande professionalità pasti di varia natura e ben 9 mercatini con prodotti di artigianato locale .
Francesca Longo, vicesindaco: “Tricase Vintage, alla sua seconda edizione, ha già raggiunto numeri incredibili. La forza di questo evento è data dall’unità, dal coinvolgimento di numerose componenti sociali, dell’apporto prezioso dei nostri istituti scolastici, degli storici locali, dei volontari e di chi ancora crede nelle enormi potenzialità di questa Città. Tutti insieme verso un obiettivo comune, uniti dall’entusiasmo e dall’orgoglio di appartenere a questa meravigliosa comunità. Perché è di questo che ha bisogno Tricase, di unità, di amore e di una ventata di freschezza, non solo nelle occasioni di festa”.
L’associazione Tricasèmia: “ Abbiamo partecipato con entusiasmo alla seconda edizione di "Tricase Vintage", cercando di dare il nostro contributo ad un evento fortemente voluto dall'amministrazione comunale. Abbiamo condotto una ricerca sulle puteche dei borghi e rioni della Città, intervistando alcune memorie storiche di Tricase e racchiudendo il nostro lavoro lungo un percorso artistico in via Cittadella e all'interno di un documentario. La stretta e proficua collaborazione tra le associazioni, la Pro Loco e l'amministrazione comunale ha dato vita ad un evento indimenticabile e con una partecipazione della cittadinanza oltre le attese ”. Insomma, le storie belle non si dimenticano mai… diventano emozioni che rimangono nel tempo
Dopo le recenti vittime della strada, attraverso il Coordinamento MARE APERTO è stata lanciata l’idea di una distribuzione gratuita dei gilet catarifrangenti, base minimale per percorrere le nostre strade in sicurezza. Pubblichiamo qui di seguito il testo dell’appello:
Buongiorno a tutti
Che ne dite se ci facciamo promotori dell’acquisto di almeno 100 “GILET ALTA SICUREZZA CON STRISCE CATARIFRANGENTI” da distribuire ai ragazzi che viaggiano in bici o monopattino nelle nostre contrade ? Con circa 500 € possiamo farcela. Poi decideremo se distribuirli direttamente ai singoli o alle Comunità dove risiedono.
Se siete d’accordo potremmo effettuare un libero versamento a mezzo bonifico con la causale “CONTRIBUTO VOLONTARIO GILET X LA VITA” all’Iban IT75L3609201600846015479186 intestato a LAAD Associazione - Tricase che essendo una APS è tenuta a presentare regolare bilancio annuale.
Ci sembra una buona idea per iniziare a parlare dei problemi concreti che attanagliano i ragazzi dei tanti centri d’accoglienza distribuiti nel territorio. La Redazione de “il Volantino” si unisce volentieri all’iniziativa.
di Alessandro DISTANTE
E’ il secondo immigrato che, quest’anno, ha trovato la morte a Tricase. Dopo l’annegamento ad Aprile di Abdoulay, il quindicenne della Costa d’Avorio morto a Punta Cannone, nella serata tra sabato e domenica scorsi è toccato ad un altro immigrato, Uddin, questa volta proveniente dal Bangladesh.
Se per il giovane ivoriano sono state fatali le acque del mare, per il giovane bengalese è stata fatale la strada.
Due episodi che, al di là delle colpe e delle responsabilità che dovessero essere accertate, hanno a che fare, drammaticamente, con la questione attualissima e drammaticamente centrale, sia a livello nazionale che mondiale: l’immigrazione.
Negli Stati Uniti d’America -secondo tutti gli analisti- la vittoria di Trump è stata favorita dal fallimento della politica di Biden sugli immigrati e dalle promesse, molto discutibili, di Trump, fino a quella di deportare i 12 milioni di immigrati irregolari. Gli Stati più ai confini con il Messico, questa volta, hanno votato repubblicano a conferma della centralità della questione; e fa riflettere che, ad esprimersi per la chiusura delle frontiere, siano gli immigrati già regolarizzati.
In Italia non mancano dichiarazioni, anche da parte di autorevoli esponenti del Governo, di chiaro stampo xenofobo, per cui, dietro al dibattito sulla regolamentazione dei flussi di stranieri, prende corpo una spesso mal celata “caccia allo straniero”, colpito da una presunzione di criminalità, visto come potenziale spacciatore, stupratore, violento, e, insieme ai suoi compagni, vero e proprio invasore.
Scorrono in televisione le significative immagini che giungono dall’Albania dove pochi immigrati vengono scortati da un dispiegamento di forze e di militari degno, appunto, dei peggiori gangster.
Gli episodi luttuosi accaduti a Tricase, a casa nostra, hanno suscitato grande dolore nell’intera comunità. Ed è questo l’aspetto positivo che deve essere valorizzato. Sono prova di una cultura che vede nell’accoglienza un valore, come le nostre popolazioni dimostrarono in occasione degli sbarchi dall’Albania nei primi anni Novanta.
La questione posta dalla morte dei due giovani non è quella di regolamentare i flussi, ma di interrogarsi sulla “qualità” dell’accoglienza.
Non basta dare cibo e un alloggio, ma occorre porsi la domanda su quale integrazione e su quale inclusione.
Il giovane ivoriano non conosceva le insidie del mare ed è annegato; il giovane bengalese, da poco giunto in Italia, non conosceva i pericoli della strada ed è stato travolto da un’auto.
Certo, il mare nasconde insidie e richiede esperienza e viaggiare in bici o su un monopattino di sera su una strada non illuminata è quanto mai inopportuno in mancanza di illuminazione, ma la questione è un’altra: quali nozioni e quali informazioni abbiamo trasferito a chi arriva da noi?
La domanda -mi rendo conto- pretende troppo, eppure non possiamo evitarla.
Se è da apprezzare e ringraziare chi accoglie, si impone una attenzione diversa se si vuole fare integrazione e se si vuole evitare di dover rattristarsi per la fine tragica di due giovani che, dopo aver superato imprese disumane per giungere in Italia e fuggire da prospettive di morte, poi, la morte la trovano qui, da noi, nella “terra sognata”.