di Nunzio Dell'Abate
Una borsa di studio, anche se di poche centinaia di euro, da assegnare agli alunni più meritevoli e bisognosi che frequentano la scuola primaria e secondaria di primo grado.
E’ la nostra proposta avanzata all’Amministrazione Comunale che voglia contraddistinguersi nel welfare studentesco.
Un modo per premiare l’impegno nello studio e per sensibilizzare i nostri giovani scolari a dare il meglio di sé, anche in situazioni di evidente disagio economico.
Ma altresì un significativo investimento in cultura, volano della crescita di una comunità e dello sviluppo del territorio in cui vive.
Saperi e talenti che abbiamo dunque il dovere di coltivare e di raccoglierne il frutto in loco.
Una iniziativa che recherà tanto beneficio, in termini di risorse umane, quanto più sarà stretta e sincronizzata la collaborazione fra rappresentanti istituzionali, personale docente e famiglie.
Il Governo cittadino non abbia timore di sprecare soldi nell’istituire tale tipologia di premialità.
E’ questo un modo esemplare per costruire cultura.
di Giuseppe R. Panico
Il solstizio d’estate con la pioggia ci ha portato anche la Waterloo di una classe politica che, troppo dedita ai propri virtuosismi intellettuali, aveva trascurato le reali pubbliche esigenze. Pure Napoleone perse la sua ultima battaglia anche per colpa della pioggia e poi del fango che frenava le sue palle di cannone sparate contro i nemici. In attesa del suo ultimo 5 maggio, poi così ben celebrato dal Manzoni con una splendida poesia, fu inviato, con biglietto di sola andata, sulla lontana isola di Sant’Elena a meditare, osservando il mare, su luci ed ombre del suo passato. Forse politici e politicanti della recente Waterloo politica verranno anche loro inviati su qualche isola sperduta, in forzata vacanza a cantarsi da soli e inascoltati le loro gesta.
Il nuovo corso della politica intanto rapido avanza pur, fra bordate social, balle di fango e stelle cadenti in cerca di una perduta via lattea. Per la deriva immigratoria, che dall’Africa vien dal mare, si è messa così in luce la tanta ipocrisia politica, l’ affarismo privato ed un’Europa che, sui troppi migranti senza diritto di asilo, sembra proprio voler dire “che si aiutino da soli in casa loro e chi tanti ne ha accolti (come l’Italia), tutti se li tenga”. Ma è ormai estate con parenti e conoscenti in arrivo, pure loro un tempo emigrati altrove, e turisti già in viaggio. Ne trarrà beneficio la nostra povera economia, in una Tricase ove però poco si fa per essere più attraenti e competitivi.
E se in città vale il “ricomincio da zero”, per le due marine, sembra dover ripartire se non da “sottozero” almeno da “sott’acqua”. Non solo per i “grandi temi” attinenti al mare, come il solito depuratore (oltre alla grave carenza di parcheggi), ora pure in ampliamento per depurare le acque pluviali. Spesso ci inquina le narici, ci schiuma la vista sul mare e, quando usciamo dall’acqua, altro che quel romantico “sapore di sale… sapore di mare” sulla pelle.
Complice pure l’assenza di tratti fognari urbani, anche nelle marine (la priorità è ora ripulire le acque che vengono dal cielo e non quelle dal cesso!), ci ritroviamo, diluito in mare e sovra-pelle, quanto rimesso dal sottopancia. Speriamo almeno che la pioggia, prima di essere depurata, non indebolisca le fondamenta della Chiesa-Madre, lasciate da tanti mesi, per scavi archeologici a rilento, alla penetrante mercé della nostra natura. Di storici crolli, se Porta-Terra regge e l’arcata della piscina a Marina Serra pure, ci basta l’ACAIT.
Con l’estate ci si aspettava di vedere, a seguito del Piano Coste, tratti di scogliera coperti di sdraie, ombrelloni, gazebo, docce etc. per chi volesse, pagando, dare più confort alle proprie parti molli, fino ad ora in gran parte rosolate, fra mischie di barche e bagnanti, sul cemento della banchina del porto, o sulla solita impervia e vietata scogliera. Divieti di balneazione”, poco credibili, mai rispettati e mai fatti rispettare, ancora impazzano sotto il sole e sotto gli occhi di perplessi turisti.
Altro che una nuova estate da Rimini Rimini, pur in embrione, con soft drink sulle arse labbra, occhiali da sole e penetranti sguardi sulle altrui parti molli o sode. Ci ritroviamo nella solita Tricase ad osservare pure il muraglione del porto con la sua testata smozzicata, transennata e pericolante da lungo tempo e che impedisce il collegamento fra i due lati, se non con una lunga circumnavigazione. Malgrado lo scarso “appeal” dei previsti “stabilimenti balneari” e “spiagge libere con servizi”, sono state avanzate diverse domande di concessione, ma con esito negativo (per eccesso di burocrazia? e dunque mancato benessere paesano e servizi turistici.
E’ venuta a mancare pure la regata velica Coppa Magna Grecia che ogni anno dava lustro e notorietà alla nostra Tricase. E’ un po’ anche il risultato di un carente sostegno istituzionale alla Lega Navale, soprattutto in termini di locali da risanare a proprie spese, per i corsi di vela, per avvicinare al mare le persone diversamente abili e per supportare i corsi professionali a carattere nautico recentemente istituiti nella scuola. Tricase si è negato così un progetto che tanto successo ha avuto altrove. Il Mare è Vita, lo si dice spesso ma, per essere tale, bisogna farlo vivere, non solo da pesci, molluschi e ingiallite memorie storico-marinare, ma anche con una moderna e libera economia turistica e pluriservizi. Lungo la litoranea si avventurano intanto molti ciclisti stranieri.
Ma a loro (e a noi stessi) non offriamo altro che una viabilità ristretta e pericolosa per gli incolti oleandri bordo-strada, e un panorama costiero impedito da selve di canne. E se per un attimo, all’altezza del Rio, pongono lo sguardo verso terra, scoprono che, a differenza del resto del mondo, l’energia elettrica viaggia con una fila di pali rotti e cadenti retti dai fili e non attraverso fili retti da solidi pali. Se poi arrivano al belvedere del Calino non possono che rimanere stupefatti, non solo dal bel panorama, ma dal degrado del luogo.
Sulla via del mare, la grande quercia dei cento cavalieri vivacchia fra sterpaglie, incuria e sarcasmi. Pare non sia rimasto nessun ardimentoso cavaliere, armato di durlindana e con pulzella dal cuore infranto, che si degni di bonificare e valorizzare quell’area. Lo stesso dicasi per la “via del sole” (verso Marina Serra), oggetto di tante passeggiate. Senza un Napoleone locale, è difficile parlare di una Waterloo del nostro sviluppo turistico.
Ma, avendo non un’isola in mezzo all’oceano come S. Elena, ma solo una isoletta senza storia e senza nome, con acque da ripopolare d’urgenza con squali-tigre affamati, si potrebbero lì incatenare a meditare, gli artefici della nostra stagnazione che, troppo avvezzi ai grandi inutili temi e alle loro utopie, ci lasciano in brache di tela a meditare…sugli squali. Ma meritevoli di qualche mordace e sdentato squaletto lo siamo forse un po’tutti.
" È inutile negare che la situazione societaria sta vivendo un momento delicato.
Abbiamo ricevuto le dimissioni dell'ex presidente Antonio Raone
e del vice presidente dott. Francesco Cito.
La società, ringraziandoli per il notevole contributo economico profuso, al contempo auspica già nei prossimi giorni un ripensamento convinta che vi siano ancora ampi margini per lavorare insieme per il bene del Tricase e di Tricase. Se ciò non dovesse avvenire vedremo nei prossimi giorni come poter garantire un futuro a questa società.
A questo proposito mi sento di dire che stiamo parlando di una società finanziariamente sana grazie ad una gestione attenta ed oculata e grazie al continuo apporto economico dell'ex Presidente Antonio Raone.
Detto questo faccio un invito a tutte le forze imprenditoriali locali e non locali.
Chi vuole contribuire a portare in alto i colori del Tricase si faccia avanti, troverà porte aperte ed orecchie pronte ad ascoltare. Spero che già nel corso dei prossimi giorni questa situazione di stallo possa essere superata."
Avv. Andrea Piscopiello
Momo dal Senegal per sognare nuovi traguardi
Momo ha 22 anni, viene dal Gambia ed è ospite di un progetto SPRAR a Tricase gestito da Arci Lecce. La sua è una storia di integrazione riuscita grazie anche all’atletica, sport che Momo pratica fin da quando era ancora bambino e viveva nel suo villaggio situato a poca distanza dalla capitale Banjul.
Il Gambia è una striscia di terra che si incunea nel più grande e popoloso Senegal, che ha da poco imboccato la strada verso la democratizzazione del suo sistema politico, dopo oltre venti anni di tirannia durante i quali la popolazione ha dovuto assistere a massacri e violenze di ogni tipo, costringendo alla fuga migliaia di persone.
Anche se lentamente la situazione va migliorando, le ferite inferte al paese dagli anni di dittatura rimangono ancora aperte. Il quadro economico-finanziario rimane drammatico, altissimi rimangono i livelli di povertà e di disoccupazione (specie giovanile), mentre l’enorme debito pubblico riduce al minimo i margini di manovra del governo.
Momo segue con grande interesse le vicende del suo paese di origine e sente spesso i suoi familiari rimasti in patria, condividendo con loro speranze e preoccupazioni.
A Tricase ha trovato una nuova famiglia. Grazie al suo impegno e a quello degli operatori di Arci Lecce ha potuto riprendere in mano la sua vita, migliorando il suo livello di conoscenza della lingua italiana (ha preso da tempo la licenza media) e trovando una società sportiva che gli permette di gareggiare e prendersi delle grandi soddisfazioni in pista.
Rocco De Giorgi, il suo allenatore, se lo coccola e lo stimola a fare sempre meglio. Momo è un ragazzo ambizioso, ma anche molto responsabile: non dimentica che oltre alla passione dello sport deve garantirsi un futuro nel nostro paese. Sta cercando di prendere la patente (fa sempre meno errori ai quiz ed è quasi pronto per fare l’esame!) e prova a mettere a frutto le sue capacità nel mondo del lavoro.
Le strade di Tricase sono il suo campo di allenamento: mentre corre e suda, Momo sogna nuovi e più grandi traguardi. Dopo essere riuscito a vincere gare importanti negli 800 metri, vuole diventare competitivo anche sulle lunghe distanze. Correre i 10.000 m e stare davanti a tutti è il suo obiettivo.
Grazie allo sport Momo ha imparato a battere non solo gli avversari, ma anche la timidezza, che resta comunque il tratto distintivo del suo carattere. Da pochissimo ha ricevuto una proposta di lavoro molto interessante, che potrebbe cambiargli la vita e dargli l’opportunità di uscire dal progetto SPRAR, trovare una casa e riprendersi la sua autonomia e indipendenza. Gli operatori di Arci Lecce e i tricasini che lo conoscono fanno il tifo per lui, come se fosse in una gara.
Come ha detto il grande Nelson Mandela “lo sport ha il potere di unire le persone come poco altro può”. Per Momo lo sport è stato ed è molto di più. Lo sport, in questo caso, ha unito le speranze di persone che vivono a migliaia di chilometri di distanza: ogni volta che Momo gareggia, corre su un filo immaginario che lega Nema Kunku a Tricase, il lontano Gambia alla sua nuova patria.
di Alessandro Distante
E’ questo il nome che si è dato il Coordinamento nato a Tricase contro ogni forma di razzismo.
Da questo numero il nostro Giornale darà spazio alla voce di coloro che, venendo dal mare, hanno trovato ospitalità in Tricase.
Riteniamo che la conoscenza sia la fondamentale premessa per ogni utile forma di integrazione e che navigare in Mare aperto, senza limiti e confini, possa essere un luogo di incontro.
Se il mare, per noi salentini, diventerà l’appuntamento di un’Estate ormai iniziata, luogo di svago, di incontri e di piacere è bene pure ricordarsi di come il mare sia un luogo di speranza ma anche di disperazione per tante persone che lo affrontano per scappare da guerre o dalla miseria e sperano in una terra e in una vita migliore.
Non è giusto far finta di niente, quando a morire sono essere umani.
Come possiamo godere del mare se per altri il mare diviene sofferenza e morte? Neppure è possibile chiudere mari e frontiere, come se ci dovessimo difendere da altri essere umani, umani come noi, che cercano unicamente di trovare qui da noi quello che per secoli abbiano rubato loro.
Perciò come Giornale offriamo, a partire da questo numero, una pagina a chi, attraversato il mare, vive a Tricase.
Potranno scrivere di loro e di noi e così aiutarci a capire, a capirli e a capirci.