E’ tutta colpa mia....
Un silenzio irreale irrompe nella stanza... i sensi si acuiscono, in attesa... Anna vorrebbe fermare il respiro, farsi invisibile, non farsi trovare. E’ l’attimo prima e lo percepisce con tutta la frustrazione che dà l’impotenza.
L’attimo dopo è la mano che si abbatte violenta, pesante, sul suo capo, poi sul viso, sul tronco, sulle braccia. Soprattutto, con lucidità, sulle parti meno esposte.
Spinta contro il muro, ridotta all’angolo.
Zero possibilità di fuga, zero possibilità di competere con una forza brutale e incontrollata.
La primitiva e magnificata superiorità dell’uomo sulla donna raggiunge la sua espressione più tangibile.
Ha tempo e modo, Anna, di realizzare questo concetto, mentre paura e stupore le inondano anima, cuore, cervello.
Un fiume caldo e melmoso, una piena scomposta di sentimenti e sensazioni scorre alla rinfusa nei tracciati venosi del suo corpo umiliato. Quegli istanti sono come gli istanti prima della morte, perché in quei momenti Anna vede sé stessa e tutta la sua giovane vita passarle davanti.
Cosa ho fatto di male? si chiede. Lo sa che non ha fatto niente, ma che importa?
L’animale si ferma. Arretra soddisfatto. Si ritira.
Ora sembra calmo.
Ha dato la lezione, ha ristabilito le distanze, ha ristabilito l’equilibrio.
Ognuno deve avere il suo ruolo. Invalicabile.
Ci vogliono regole
– è solito dire, e se Anna ogni tanto lo dimentica, lui è costretto a ricordarglielo. Anche con le cattive.
Non è colpa sua se lei capisce solo quelle.
Anna si ricompone, senza fiatare. – Passa il polsino della maglia sul viso, umido di muco e di lacrime: poche, perché Anna da qualche tempo non riesce quasi più a piangere.
Ancora un po’ e poi riprenderà da dove aveva lasciato prima di quell’attimo e tutto ritornerà normale.
Adesso Anna è dolorante e ha pensieri confusi ma nelle prossime ore realizzerà, come sempre, di averle meritate.
Proverà compassione, non per sé, ma per l’animale.
Lo giustificherà e sempre più si adeguerà. Anna non sa ancora, però, che, poco per volta, lei cambierà. L’umiliazione, il dolore, la vergogna sempre più scaveranno nella sua anima solchi profondi, lacerazioni insanabili, sacche abissali di vuoto assoluto.Anna ha acceso la radio. Canticchia tra sé, un filo appena di voce, per non urtarlo, per non apparirgli sfrontata. Più tardi potrà cantare liberamente, a voce piena, e sa che a lui farà piacere sentirla. Non è successo niente , pensa Anna.
E’ tutta colpa mia... Ancora un po’ e tutto tornerà come prima...
Sabato 5 agosto, nei locali dei magazzini Pitton Cavalieri, in località “Campoverde”, si è tenuta una sobria cerimonia dedicata al centenario della nascita di Corrado Cavalieri, ideatore e cofondatore della ditta, deceduto il 3 dicembre 1984.
In sua memoria è stata scoperta una targa lapidea, a testimonianza dell’imprenditore commerciale a cui si deve quella struttura, ancor oggi attiva, che ha creato posti di lavoro e produttività nel settore per sette decenni.
Il figlio Franz Cavalieri lo ha ricordato in una commossa retrospettiva, sottolineando alcuni aspetti significativi che hanno caratterizzato tutta la sua esistenza: la gioventù trascorsa all’insegna della famiglia e del lavoro (sesto di nove figli, nati da Arnoldo ed Elisa Morciano, storica famiglia di imprenditori e commercianti tricasini), l’amor patrio (il servizio di leva nel 1937 dapprima a Trieste, poi a Pola, e la successiva permanenza sul fronte dopo lo scoppio della seconda guerra mondiale), la famiglia (il matrimonio nel 1947 con Alide Pitton e la nascita dei figli), il ritorno a Tricase e la fondazione della società insieme al suocero Giuseppe Pitton. Prima della successiva cerimonia religiosa presieduta da Don Flavio Ferraro, sono stati ricordati i numerosi dipendenti che hanno orgogliosamente prestato servizio nella ditta in questo lungo arco di tempo.
di Michele Sodero In una Tricase asfissiata dal caldo torrido di questa estate infinita, oltre a momenti di salutare refrigerio, sono mancati anche alcuni di quei bei appuntamenti con la cultura cui la città, il suo hinterland e i turisti che la frequentano si erano piacevolmente abituati. Uno, fra tutti, quello con “Corde Magiche”, una passerella musicale di grande rilevanza artistica, che ha sempre riscosso grande interesse e unanimi consensi. Da anni inserita in una ricca programmazione di cui faceva parte anche “Alba in Jazz” -
regolarmente tenutasi -, si è fatta inutilmente attendere. Non così “Ulivi in Concerto”, una bella e molto apprezzata iniziativa fatta di natura e cultura musicale, giunta alla sua terza edizione. Organizzata dalla associazione “Marina Serra”, su quel tratto di costone che, dominando il mare, da torre “Nasparo” scende verso la marina, anche quest’anno ha richiamato un numeroso pubblico. Qui, tra ulivi che sembrano strenuamente resistere agli attacchi di qualsivoglia agente patogeno, dopo un breve intervento introduttivo che tocca temi cari all’associazione, segue un momento artistico di forte impatto emotivo.
Sì che sentire parlare di “Ulivi in Concerto” provoca, ormai, una forte attrazione. È come ricevere un invito ad incontrarsi, con la certezza di lasciarsi, poi, sentendosi appagati da tutto ciò che ti circonda e che non scade mai in un “dèjà vu”. Nell’incanto di una location che riesce ad essere sempre attraente, anche quando la luna la priva della sua presenza, e con un pianoforte affidato alla bravura e al talento di Roberto Esposito, non sono mancate, neanche quest’anno, le forti emozioni e le piacevoli sensazioni che solo la natura e la buona musica sanno regalare.
Con al sax suo fratello Mauro, che non gli è stato da meno, Roberto ha letteralmente rapito i numerosi spettatori presenti eseguendo, con personalità e trasporto, alcuni classici della musica leggera internazionale da lui magistralmente rivisitati. Una eccellente performance la sua, una grande interpretazione jazzistica, fatta di briose accelerazioni e di dolci e melodiosi rientri nel testo, con cui ha dato prova di una ormai raggiunta maturità e completezza artistica. Notevole anche la performance del bravo tenore Antonio Pellegrino: accompagnato al piano da Roberto ha cantato, attingendo al vasto repertorio operistico, alcune note arie. Con la sua voce vibrante e stentorea ha pure fornito una apprezzata interpretazione di “Amapola” e “Granada”, due belle canzoni spagnole di un passato non proprio recente ma ancora capaci di deliziare e far sognare.
Da una location all’ altra, sempre alla ricerca di nuove suggestioni e di forti emozioni, e con dentro la certezza di non restare delusi. Sono sempre loro: l’Associazione Marina Serra e Roberto Esposito, un binomio che già sinonimo di garanzia, lo diventa ancor di più quando, avvalendosi dell’esperienza e delle capacità recitative di Pasquale Santoro, confeziona e propone un momento culturale che intitola “Poeti e Cantautori”. Con questa proposta che, al solo leggerla, intriga, hanno ancora una volta radunato quanti non tralasciano occasione per farsi cullare e trasportare dalla soavità della musica e della poesia.
Sono accorsi in tanti e si sono comodamente assiepati in un campo fresco di una recente mietitura testimoniata dalle bionde stoppie che lo invadevano. Su di esse, una pedana che sembrava pensata per non offendere la semplicità del luogo, fungeva da palco mentre, tutt’intorno, pensieri messi in libertà, quasi a volere ingannare l’attesa, occupavano la mente: frugavano qua e là alla ricerca di tracce di una vita e di una realtà contadina che non c’è più.
A ridestare dal torpore, la voce di Angelo che annuncia la serata e sul palco ecco gli artisti: sono in cinque.Con Roberto e Mauro, anche un bassista, che con una prestazione di grande spessore ha strappato applausi a scena aperta, ed ancora un batterista e una voce solista. Una breve presentazione della scaletta lungo la quale si dipanerà la serata e poi, di nuovo, tutti immersi nella dolcezza di note amiche melodiosamente riproposte da un gruppo di valenti artisti. Tutto, come preannunciato, parlava al femminile, dalle canzoni attinte dal ricco repertorio della grande Mina, alle poesie accuratamente selezionate e interpretate da Pasquale.
A lui, ancora una volta autore di una grande prova, è toccato il compito di inframmezzare i due momenti musicali affidati alla voce di Serena Serra. Una voce bella, interessante, aspra e fascinosa come quelle che caratterizzano il blues, ma che non era quella di Mina. E Serena, con grande umiltà e consapevolezza, non ha nemmeno tentato di imitarla. Ha, invece, fornito una apprezzabile interpretazione personale, sentita e carica di emotività, che ha finito per contagiare il pubblico presente.
Caricato di tante belle sensazioni l’ha spesso assecondata con un atteggiamento partecipe e sognante. Momenti di collettivo trasporto e di piacevoli emozioni, grande interesse artistico culturale e tanta entusiastica partecipazione. Viene subito da pensare che, per una Tricase che deve ricominciare a camminare, forse sarebbe utile ripartire da qui. Guardando alla grande operosità dell’associazionismo, alla bontà delle sue proposte culturali e al loro forte impatto sociale, potrebbero scaturire auspicabili scelte politiche più consone ad una armoniosa crescita collettiva.
di Davide Indino In quinta elementare erano di gran voga gli acronimi.
Se volevamo regalarne uno alla maestra Addolorata - e al Sud siamo abituati a questi nomi - bastavano il foglio a quadretti larghi e tre colori.
Si faceva in poco tempo. Bastava un quarto d’ora. Spesso sacrificavamo quello dei Valfrutta e delle canzoni. Aho, la ricreazione.
Completavamo prima le A.
A come Amore.
Quella ci stava facile. In un quarto d’ora non potevamo perderci in sillogismi.
Alla M partivano i “matta”, “mestola”, “mazza” o “mattarello”.
Poi ci fermavamo su “Mamma” e ci mettevamo prima un grande “SECONDA”.
Troppa confidenza? Non me ne pento.
La E era rapida. Cosa scrivevamo? Niente. Rimaneva la E.
Sì, la congiunzione. Vi ho fregati.
Il problema sorgeva alla doppia “D”.
A chi proponeva il “dono divino” rispondevamo con uno sguardo cattivo. Quello dei bambini.
Passati i “dinosauro” e “dannosa”, concludevamo con “diligente” e “dolce”.
Ogni tanto passava qualche curioso dell’altra sezione - che magari giocava al nascondino o che era semplicemente andato ad accattarsi l’acqua con i spicci di mamma al distributore.
E noi - con una serietà istituzionale - rispondevamo col piano d’attacco.
Io di solito scrivevo. Dunque mettevo la mano davanti e alzavo la testa con fare iniquo a quel cialtrone.
Le ragazze cercavano qualsiasi cattiveria per mandarlo via.
I ragazzi, invece, un po’ meno retorici, muovevano dapprima la testa con far minaccioso e poi alzavan le mani.
Tornati a noi e alla nostra missione super segreta, qualcuno disegnava qualche cuore, altre spruzzavano il campione di profumo - da uomo - di Hugo Boss dalla boccetta di plastica custodita nel cartoncino “all’acquisto di un profumo Novità” della mamma.
Allora restava ben poco da fare.
Avevo portato la busta da casa e, tolte le briciole de’ cracker Pavesi (i flauti sembravan di silicone e di briciole non ne facevano), chiudevamo.
Ci piaceva firmare sul retro della busta. Era una gara alla calligrafia migliore.
Le ragazze ci battevano quasi sempre.
E me li ricordo io i sorrisi bonari delle maestre (abituate) a ogni lettera e a ogni acronimo trovato sulla cattedra.
Ci ringraziavano.
Anzi. A volte, quando qualche figlio prendeva 30 e Lode all’Università, ci baciavano pure.
Adesso quando ci penso, vedo la pellicola del ricordo davanti agli occhi dei pensieri e a ogni dettaglio sorrido. Bonariamente. Come quelle maestre là.
Di tutto non saremo mai soddisfatti.
Scusate, mi chiama la campanella. È passato già un quarto d’ora? Pulite la lavagna.
Che aspettate?
PREMIO IL VOLANTINO A BARBARA STEFANELLI
Vice direttore del Corriere della Sera
Sabato 30 settembre 2017 ore 20 | Sala del Trono Tricase
Barbara Stefanelli è vice direttore vicario del Corriere della Sera.
Nata e vissuta a Milano ha origini salentine per via dei suoi genitori che sono di Botrugno.
Laureata in Germanistica, ha studiato ad Heidelberg e Vienna.
Dopo aver frequentato la Scuola di giornalismo di Milano è entrata nel 1990 al Corriere della Sera occupandosi di Esteri.
Già nel 2009 venne nominata Vice direttore ed è stata caporedattore centrale e caporedattore Esteri.
Nel 2015 è stata nominata, prima donna in assoluto, Vice direttore vicario, cioè il numero due del Corriere.
Ha curato il lancio dell’inserto culturale “La Lettura” ed ha progettato il Blog collettivo La 27esima Ora.
Con la 27esima Ora ha pubblicato con Marsilio il libro “Questo non è amore”, inchiesta sulla violenza contro le donne.
Sullo stesso modello ha progettato i blog “Solferino 28/anni”, dedicato ai ventenni d’Italia, e “Gli invisibili”, uno spazio sulla disabilità.
Nella serie Storie del Quotidiano, una collana di libri Bompiani dedicati ai ragazzi che vede impegnate alcune firme del Corriere, ha scritto “Piccole Coraggiose Donne” pubblicato nel 2013.
Ha vinto alcuni premi di livello nazionale: il premio “Marisa Belisario” edizione 2010 ed il premio “Matilde Serao” edizione 2013.
In questi giorni è impegnata nel Festival “Il Tempo delle Donne” da lei organizzato che si svolge a Milano ed ospita tantissimi personaggi del mondo della cultura e dello spettacolo in circa 90 eventi in tre giorni.