di Giuseppe R. Panico L' Europa che noi siamo, a proposito di migranti, sembra proprio dire alla nostra debole ed imprevidente politica, e dunque a noi tutti, “Li avete accolti? Noi non li vogliamo. Teneteveli tutti e... integrateveli”. Purtroppo, già di fatto incapaci di integrare i nostri giovani che, a milioni, né studiano né lavorano e con un debito pubblico spaventoso, non abbiamo certamente le risorse per integrare centinaia di migliaia di migranti (in gran parte solo economici) che ogni giorno accolti nei nostri porti, sono rifiutati in quelli di altri paesi.

A parte la nostra maggiore sensibilità per gli aspetti umanitari, non ci resta che vedere un'Italia sempre più povera, debole e decadente, che, già da tempo preda delle cosche o delle caste, è ora anche preda di nuovi condivisi interessi.  Non ha saputo affrontare, con adeguata strategia e lungimiranza, un fenomeno che ora quasi la travolge e che ci espone alle “porte in faccia” dei paesi confinanti ed ai loro irritanti consigli in merito. 

Molte periferie cittadine fra povertà, disoccupazione, emigrazione ed incuria sono ridotte ormai a ghetti incontrollabili ove la legalità è utopia, la droga “pane e vino quotidiano” e gli  squallidi edifici un rifugio per decine di migliaia di immigrati minorenni che,  scomparsi dalla '”anagrafe migranti”, vengono poi arruolati nella criminalità o nel moderno schiavismo. Tristi e dure realtà, anticamera di conflitti sociali di nuovo tipo, che una politica nutrita di amoralità e populismo, cerca di minimizzare, perché incapace di esprimere uno Stato con più adeguati ed efficienti poteri.

Il nostro Salento, testimone di tanti arrivi, con una economia reale da sottosviluppo, con l'anagrafe in negativo della maggior parte dei suoi Comuni, con un turismo di basso-medio profilo, che rifiuta o è incapace di attivare servizi  per un più ricco livello  di clientela e vittima di una crescente desertificazione delle campagne invase dalla xylella, sembra ormai il facile crocevia della tanta droga coltivata sulle opposte sponde dell’Adriatico e, non di rado, in “casa propria”, quale nuova fonte di reddito e “benessere”. Tempi per noi di vacche magre e di limitata considerazione nel contesto europeo.

Ma anche di mutazioni etnico-culturali che gli altri paesi europei cercano di contenere. Prevalgono i timori che, da una millenaria cultura greco-romana e cristiana, si passi in breve tempo ad una ben diversa, grazie alla “conquista” del territorio da parte di tanta immigrazione giovanile e maschile dovuta, oltre che alle guerre, all'altissimo tasso di natalità africana. Ne sono vittime i paesi più esposti, come il nostro o che, senza più adeguate nervature politiche, sono già, non di rado, considerati una mera espressione geografica ove quasi tutto è poi consentito o tollerato. Moltissimi comuni meridionali sono inoltre sull’orlo del fallimento economico, dovuto ad una cultura amministrativa se non da “mucca pazza”, da spese e decisioni folli.

Troppo spesso è prevalsa l”economia elettorale” ed illegale basata su populismo, voto di scambio, amici da accontentare e conti da farci poi risanare, compresi ora quelli per l'immigrazione, non di rado dovuti anche ai nuovi sodalizi criminal-politici. Nella nostra Tricase, abbiamo intanto una nuova amministrazione che dovrà destreggiarsi, oltre che fra problemi vecchi e nuovi, nel difficile mondo in cui viviamo e con una opposizione, sperabilmente animata da spirito costruttivo e non dalla ricerca di immagine e populismo. Servono buone nervature ed una buona etica amministrativa per una svolta sociale all'insegna di più diffusa legalità ed economica reale.

Ma con gli anticorpi necessari  per contrastare quella “sindrome di hubris”, così frequente  nei palazzi del potere  e che, con la sua arroganza, tracotanza e perdita di contatto con la realtà, porta ad azioni  imprudenti e impulsive . Una sindrome che, nei tempi antichi, veniva considerata come un crimine da punire subito e tollerare mai.

Erano i tempi di quando l'africano Annibale, con i suoi elefanti attraversava, da Nord, le Alpi disseminandole, nel difficile ambiente montano, di cadaveri dei suoi soldati per poi devastare anche il nostro meridione da Magna-Grecia, nell'intento di devastare ed occupare Roma.

Non ci riuscì per poco ma il Meridione non fu più lo stesso. Ora sono i tempi della tante sofferenza, dei barconi e dei gommoni africani senza un Annibale, dei cadaveri sparsi sul fondo del mare e di una Roma che già conquistata, come già diceva ai suoi tempi Sciascia, dalla “linea della palma” (della mafia), proveniente dalla Sicilia, rischia oggi di essere “conquistata” dalla ”linea della savana” che avanza da Sud verso le Alpi ed ivi da altri paesi fermata. Tornando nella nostra Tricase, non possiamo non tener conto di come il recente ricambio politico-amministrativo dovrà, prevedibilmente, tener conto nel suo nuovo inizio anche di un numero crescente di “adozioni” non richieste e venute da lontano. Una goccia d'acqua nel mare agitato di una umanità per sua natura senza pace, ma sempre in cerca di pace, e di una Italia che già in serie difficoltà, sembra in rotta verso nuovi turbamenti.

                                                                                        

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