di Alessandro Distante

I risultati delle elezioni politiche hanno visto a Tricase, come in tutta Italia, il trionfo del Movimento 5 Stelle. 

Al secondo posto, ma a debita distanza, il Partito Democratico e poi a seguire, poco dopo, Forza Italia, e, ancora più lontani, Lega e Noi con l’Italia, seguiti infine da Liberi ed Uguali.

Al di là dei numeri, alcune generali considerazioni:

1) La competizione elettorale ha messo in crisi il criterio della territorialità. Diversamente non si spiegherebbe la sostanziale omogeneità dei risultati registrati in tutta Italia e in maniera particolare nelle due aree del centro nord e del centro sud. In quest’ultima i numeri del successo dei 5 Stelle sono pressocchè identici, come grosso modo identici sono i risultati degli altri partiti.

Ciò vuol dire che il voto ed il consenso hanno viaggiato a prescindere dal candidato e dal territorio.

Se mancano i luoghi dell’ascolto, del dibattito e della elaborazione di un progetto oltreché di formazione di una classe dirigente, può accadere che il consenso si formi più su sensazioni e suggestioni senza che il candidato abbia un peso determinante e che si crei attraverso canali omogeneizzanti, quali sono soprattutto i social.

2) La mancanza dei luoghi del dibattito, della elaborazione e della formazione pone, in prospettiva, un altro problema: sarà in grado l’eletto, da solo, di rappresentare al meglio il suo Collegio e potrà essere protagonista di un progetto di sviluppo del territorio che nasca dal basso e, siccome partecipato, sia significativo e di vero cambiamento?

Tutti hanno sottolineato l’assenza, in campagna elettorale, di una proposta sul Mezzogiorno e, per noi, di una proposta per il Salento che non andasse oltre i soliti luoghi comuni.

3) Il risultato elettorale viene in questi giorni spiegato per il disagio o il rancore dei cittadini, i quali hanno espresso, con il voto, la loro protesta.

Candidati calati dall’alto che si pongono come potenti taumaturghi; candidati da decenni sulla breccia e che hanno percorso l’intero cursus honorum ed anche di più ma sempre pronti a ricandidarsi; candidati affamati di potere e che, pur di raggiungerlo, sono disposti a cambiare, non importa se alla vigilia, casacca ed ideali (ammesso che li abbiano mai avuti).

Gli elettori hanno punito questi giochi e giochetti. Ma ciò non supera il problema della insufficienza di un voto se fosse solo di protesta.

Il voto antisistema non può essere sufficiente se non si trasforma in un voto per un progetto di sviluppo del territorio.
Questo ad oggi risulta più difficile da immaginare se capita di vedere eletti ancora illustri sconosciuti oppure se gli eletti sono chiamati a rappresentare un collegio talmente ampio da non avere una sua identità.

4) Tricase ha seguito l’onda nazionale senza neppure dare un segnale di attenzione, se non molto flebile, al candidato locale, invero soffocato, oltreché da una candidatura apparsa innaturale, anche da un Capolista incapace di essere uno del popolo ed unicamente nostalgico di un lontano passato e di un gozzo che –bisognerà pure avere il coraggio di dirglielo- non era del “potente assessore regionale Cesare” ma di Paolo che, seppure non potente, era quello che glielo aveva prestato altrettanto generosamente.

La verità alla fine deve pure vincere!

 

 

 

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