la mia colonna 

di Alfredo De Giuseppe

Non ho mai creduto nei miracoli. Ma vivo nell’Italia che invece da sempre crede nelle disposizioni miracolistiche di questa o quell’entità superiore. Fino a qualche anno fa le genti del Sud e del Nord arretrato credevano ai miracoli di natura medica, non pensavano ad ospedali efficienti ma a preghiere più intense. Infatti i miracoli in genere avvenivano da Napoli in giù, con maggiore frequenza nelle contrade sperdute, nelle terre senza scuole e senza contatti con il mondo esterno. Il miracolo ha due aspetti preponderanti: in primis non c’è bisogno di studiare la realtà e poi risolve il problema nel tempo più breve che si possa immaginare (di fronte a una domanda ad uno studioso perché si dichiarasse certo dell’assenza delle guarigioni miracolistiche, egli rispose: quando il soldato a cui hanno amputato una gamba a causa di una bomba umana, la riavrà con una semplice preghiera, allora crederò anch’io nei miracoli).

Oggi invece le nostre genti i miracoli li vogliono di tipo economico e quindi votano con lo stesso atteggiamento fideistico con il quale chiedevano la grazia per guarire dalle malattie: si crede che votando le promesse impossibili avverrà il miracolo e finalmente ognuno di noi sarà più ricco e felice, più integrato nel sistema e possibilmente più lontano dalle tentazioni del male. Con queste premesse non c’è bisogno di conoscere i candidati, la loro storia, la loro professionalità, la loro passione: basta un leader che sappia ripetere con costanza, con temerarietà slogan preconfezionati, non rispondere nel merito alle eventuali (poche) domande e soprattutto presidiare senza sosta tutti i media, dalle tv ai social network. Non si capisce come si possano realizzare alcune riforme e nessuno ha interesse a spiegarlo, anche perché finita la campagna elettorale (che in Italia in genere dura almeno due anni) delle mirabolanti promesse rimane poco, a meno che non si decida davvero di uscire dall’Europa e dal sistema occidentale in genere. Abbiamo un enorme debito pubblico che, generato dagli anni ’70 in poi, ha favorito lobby, clientele e delinquenti, ma anche tanti cittadini onesti che hanno avuto quasi tutto dallo Stato. Dipendenti pubblici a go-go, imprese private finanziate da un sistema bancario infiltrato da mafie e politicanti, soldi a pioggia su lavori pubblici non controllati e baby-pensionati a 40 anni. C’è tutto nella nostra atavica inefficienza, dentro i nostri debiti.

Poi all’improvviso un popolo, una grande porzione di popolo, si è svegliata con le cartelle esattoriali in casa, con un fisco sempre più aggressivo, un lavoro sempre più instabile e una disoccupazione patologica. Aggiungi che nel frattempo le mutate condizioni del nostro pianeta portano masse di persone a continui spostamenti, che invece di essere studiati con attenzione, gestiti con umanità, vengono semplificati in modo disarmante. Insomma ci vuole un miracolo e infatti prontamente c’è chi lo offre su un piatto d’argento: una diminuzione immane delle tasse, una chiusura totale verso gli stranieri, un reddito a tutti, la rimozione dei problemi, un ambiente più pulito e una grande felicità collettiva. All’Italia non basta parlare di come migliorare l’efficienza (eliminando le Regioni e la burocrazia delle carte bollate, ad esempio), non basta modificare una legge stupida come la Bossi-Fini, non basta ridurre le disuguaglianze eliminando inaccettabili privilegi e super stipendi immeritati: no, noi abbiamo bisogno di un miracolo. E noi il miracolo l’abbiamo avuto: la Lega (fino a pochi mesi solo Nord) ha avuto il suo grande successo anche al Sud, ha stravinto, insieme ai 5 stelle.

Il mondo sta cambiando, il vento tira in direzioni opposte e contrarie, probabilmente il nuovo mondo sarà talmente diverso che non è possibile immaginarlo oggi, in queste quattro righe scritte la mattina del 5 marzo 2018. Probabilmente dobbiamo aspettare un altro miracolo, che, abbiate fede, prima o poi arriverà.

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