REDDITO DI CITTADINANZA: CI SIAMO. MA ATTENZIONE ALLE PENE!

di Carlo Errico

Con il Decreto Legge 28 gennaio 2019 n.4 il governo ha dato il via libera, d’urgenza, alle disposizioni in materia di Reddito di cittadinanza (abbreviato: Rdc).

E’ l’art. 1 a definirne le funzioni essenziali, non mancando di specificare che da Reddito di cittadinanza si trasforma in Pensione di cittadinanza per i nuclei familiari composti esclusivamente da uno o più componenti di età pari o superiore a 67 anni (adeguata agli incrementi di speranza di vita).

Tralasciando il funzionamento del nuovo istituto (che decorrerà in concreto dal mese di aprile 2019), desidero sollecitare una particolare attenzione al complesso sistema sanzionatorio delineato dall’art. 7 del D.L. n.4/2019, che punisce, sostanzialmente, tutta una serie di comportamenti (e sempre che il fatto non costituisca più grave reato) finalizzati ad ottenere indebitamente il beneficio del Rdc (o Pdc).

Ciò che balza evidente è la scelta del rigore estremo operata dal governo. La scelta tra sanzione amministrativa e sanzione penale si è concretizzata a favore di quest’ultima, e della specie più afflittiva (delitto, e non la meno grave contravvenzione), con pene che vanno da un minimo di 2 anni ad un massimo di 6 anni di reclusione per una serie di comportamenti in sede di domanda di Rdc che vanno dal rendere o utilizzare dichiarazioni o documenti falsi o attestanti cose non vere, alla semplice omissione di fornire informazioni dovute.

Leggermente inferiore la pena prevista (dal minimo di 1 al massimo di 3 anni di reclusione) per l’omessa comunicazione delle variazioni di reddito o del patrimonio o di qualunque informazione dovuta e rilevante ai fini della revoca o della riduzione del beneficio, con una totale parificazione, ai fini della consumazione del reato, tra l’omissione vera e propria e il semplice ritardo rispetto ai termini previsti dalla normativa.

Alla condanna in via definitiva per i reati suddetti consegue di diritto l’immediata revoca del Rdc, con efficacia retroattiva ed obbligo di restituzione di quanto indebitamente percepito. Accanto alle sanzioni penali ed alla revoca del beneficio, la norma prevede poi (comma 4. art. 1 D.L. n.4/2019) che alle dichiarazioni accertate come non vere e alla omessa (o ritardata) comunicazione di qualsiasi intervenuta variazione rilevante (reddito, patrimonio, composizione del nucleo familiare dell’istante), consegua allo stesso modo la revoca retroattiva del beneficio con obbligo di restituzione.

E non basta: è prevista la decadenza dal beneficio (quindi, non la revoca; non c’è obbligo di restituzione), totale o parziale per tutta una serie di comportamenti di uno qualsiasi dei componenti il nucleo familiare del beneficiario, sostanzialmente legati all’obbligo di mantenersi disponibili al lavoro e all’aggiornamento professionale, oppure allo svolgimento di lavoro in nero (sarà compito dell’INPS competente ad irrogare le sanzioni diverse da quelle penali e a recuperare l’indebito).

Insomma, ce n’è per tutti! Al di là di una palese foga sanzionatoria e della chiara sfiducia verso i tempi della giustizia penale (come si giustifica, altrimenti, che il comma 4 preveda l’immediata revoca in via amministrativa quando si accertano gli stessi comportamenti che costituiscono reato ai sensi dei commi 1 e 2?), emerge chiarissima la diffidenza verso i possibili beneficiari del Rdc, al punto da imbrigliarli in una rete di adempimenti prima e dopo l’ammissione al beneficio, con facilissime ricadute nell’area della sanzione penale.

La ratio di questa scelta è evidente: chiedere, ottenere e mantenere il Rdc non avendone diritto è comportamento riprovevole perché rischia di far cadere i delicati equilibri del sistema e sottrae fondi a persone (gli aventi diritto) che vivono sulla soglia della povertà. Da qui, dunque, l’anticipazione dei comportamenti penali rilevanti già al momento della domanda.

Con il primo dubbio di costituzionalità della norma che non distingue, appunto, tra chi ha chiesto e non ottenuto il Rdc, e chi lo ha ottenuto con l’inganno, soprattutto se si considera (i primi commentatori hanno sottolineato la differenza) che nel primo caso siamo il presenza solo del pericolo di un danno e nel secondo caso il danno è già concreto.

Il Parlamento sta approntando in questi giorni gli emendamenti al “decretone” approvato dalla commissione Lavoro del Senato volti ad aumentare i controlli per chi chiede il Rdc risultando separato o divorziato dopo il 2018 (è degli ultimi mesi la corsa alle separazioni ed ai cambi di residenza) e per gli immigrati che accedono al beneficio; come pure a prevedere nuove ipotesi di decadenza dalle agevolazioni e sanzioni ai datori di lavoro che non mantengono alle dipendenze persone beneficiarie del reddito.

Insomma, un sistema complesso che si complicherà ancora di più sulla linea di partenza!

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