di Michele Sodero

È una giornata diversa, oggi. O forse è solo una sensazione. Di certo sfugge alla routinarietà che, da un bel po’ di tempo, caratterizza il mio quotidiano privandolo di soste importanti, capaci di portare la mia mente oltre il dovuto e lo scontato. Sono seduto alla mia poltrona. Evidenzia anch’essa segni evidenti di cedimento strutturale ma riusciamo ad accontentarci uno dell’altra e continuiamo a stare bene insieme sopportandoci a vicenda. Con lei è facile mettersi d’accordo. Non così con Michele, con Carlo, con Luca e Martino i miei adorati nipoti che, occupando, ormai da tempo, spazi vitali della mia giornata, mettono spesso a dura prova il mio spirito di sopportazione e soffocano ogni mio interesse. Non un telegiornale, se non quello di prima serata: distrattamente ascoltato, sbocconcellato insieme alla frugalità di una cena caratterizzata dai commenti di una giornata non ancora finita, cui vengo sottoposto da chi non è più mia moglie, ma la nonnina accorta e premurosa dei miei nipotini. Queste care e simpatiche bestioline si materializzano anche alla fine di una lunga e laboriosa giornata, così come un coniglio dal cilindro di un prestidigitatore e riescono a spostare, di fatto, la mia attenzione. Ed è così che perdo anche l’ultima possibilità per non rimanere intrappolato tra la virtualità di un cartone animato e la lettura di un racconto da proporre, alle piccole e preziose presenze, per propiziare brevi pause ristoratrici, utili al loro crescere sereno ed armonioso. Così è tutti i giorni, ma oggi no! Oggi, per una pura casualità, sono solo in casa; solo e lontano da pianti, stridii, grida e ripicche di ogni genere. Almeno per qualche ora posso dedicarmi a me stesso, tentare di ritrovarmi. Cerco disperatamente il telecomando che si nasconde alla mia vista. Frugo dappertutto ma alla fine mi arrendo e non lo cerco più anche perché, nel frattempo, ho notato la presenza de “il volantino” con in prima pagina ,fra gli altri, un articolo di Giovanni Bongo dal titolo “Sinistra Addio, Addio Sinistra” che mi incuriosisce. Leggo volentieri i suoi scritti e mi faccio volentieri contaminare dalle sue dissertazioni, pregne di sincere tensioni a favore di una natura da salvaguardare, di una pace e di una giustizia sociale da ricercare; ammiro il suo sguardo sempre così amorevolmente rivolto ai più deboli, agli ultimi. La sua lotta all’indifferenza della politica verso le problematiche sociali. Lo leggo volentieri Giovanni e lo seguo con simpatia perché quei valori che lui così bene esprime sono, inequivocabilmente, patrimonio di una sinistra nella quale mi riconosco. E poi, quando lo leggo non mi sento solo, soprattutto mi sento più umano e portato a continuare a sperare. Mi affretto quindi a leggere il suo articolo e cerco di scacciare i fantasmi di una sua resa cui pure il titolo induce. Ma man mano che mi inoltro nella lettura, il suo diario di bordo, che racconta del suo impegno politico per la risoluzione di alcune problematiche sociali già dalla adolescenza, diventa sempre più un nostalgico ricordo dei tempi andati e una aperta denuncia di un presente privo di qualsiasi spinta verticale. Fino a dissociarsi completamente da quella parte politica scelta prima con l’entusiasmo giovanile di chi sogna un mondo migliore e, successivamente, con la convinzione di chi crede e si batte per l’affermazione di valori irrinunciabili e insegue le grandi utopie di cui,da sempre, si nutre la sinistra storica. Hai ragione Giovanni, mi sono sentito più volte tradito anche io. Ciononostante ho continuato a rinnovare la mia fiducia a quella parte politica. L’ho fatto perché non si disperdesse un patrimonio etico, morale e culturale e la visione di una società migliore dove tutti, dico tutti, hanno uguale diritto di cittadinanza. L’ho fatto nella segreta speranza che qualcuno, un giorno, per rispetto verso chi per l’affermazione di quei valori aveva sacrificato la vita, si accorgesse come te della deriva presa e tentasse il recupero di una identità figlia di idealità mai fatte pesare, anzi, più volte sacrificate sull’altare di una presenza senza significato. Ed allora Giovanni, pur condividendo le tue sante ragioni, ti prego di non gettare la spugna. Ritorna a lottare. Fallo per non lasciare campo libero a coloro che parlano bene e razzolano male; fallo per te, per quello in cui credi che ancora vive in te. Fallo perché l’ipocrisia, che tu giustamente denunci, non abbia a soffocare le speranze delle generazioni che verranno; quelle dei tuoi figli, dei miei nipoti e dei tanti altri ai quali non possiamo far mancare punti di riferimento certi e credibili. Fallo perché alla desertificazione ambientale già in atto non debba far seguito quella delle coscienze. Allora si che avremmo perduto definitivamente la nostra battaglia e affogato, nei miasmi di un progresso senza regole, ogni residua nostra speranza. Non arrenderti, continua a combattere la tua battaglia, riproponendo le tue idee all’interno dei luoghi deputati; fallo da par tuo, senza sottrarti al dialogo e al confronto, mettendo davanti a tutto quei valori riconosciuti universali che solo una sinistra finalmente resa credibile può proporre e perseguire. Fallo anche per me perché possa ancora trovare la forza di alzarmi dalla mia cara vecchia poltrona e guardare, per quel che mi resta, oltre, con rinnovata speranza. Ti ricambierò riconfermandoti la mia stima e la mia vicinanza ideale dal momento che le mie forze fisiche non mi permettono molto altro. E, già da adesso, grazie.

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