Il vento (di Sabina e Michele)

Mi domando perché si scriva, alle volte. Chiarisco: mi domando sia perché alle volte si scriva, sia perché si scriva solo certe volte. Nell’ambiguità della domanda non trova univoco ristoro la risposta. Dico così, allora: si scrive per cercare. Quindi alle volte si scrive per trovare. Per trovare un lettore, un interesse, una replica. Un motivo di speranza e una ragione di dialogo.

Ho molto apprezzato le risposte di Sabina Pizzileo e di Michele Sodero al mio recente articolo “Addio Sinistra, Sinistra Addio!”. Ho apprezzato il fatto ch’essi abbiano scritto ancor prima di aver letto quel che mi hanno scritto. Il mio articolo, del resto, è già remoto: come lo sono i saluti inattesi, non voluti, patiti; come lo sono gli addii forzati, subiti anche quando (apparentemente) procurati. Ogni addio, mi permetto di aggiungere, è una forzatura. Significa andare verso Dio, il che implica una fine, una sostanziale chiusura dei conti – tanto più dura per chi, come me, non ha un Dio verso il quale tendere e non aveva nessuna intenzione di chiudere alcunché.

Vengo a Sabina e a Michele, che chiamo per nome non solo perché a me cari; ma perché chiunque raccolga il nostro “lamento” ci si pone dinanzi come un amico, come un “tu” al quale appellarsi. Rispondo loro dicendo che sì, hanno colto l’essenza della mia lettera. Hanno capito che ho urlato un affetto smarrito. Hanno intuito che volevo scuotere e provocare. Non v’era resa, tuttavia (lo dico soprattutto a Michele), non v’era rinuncia, nelle mie parole. V’era solo una stanca e profonda delusione. Irreparabile, temo.

Mi è sempre piaciuto comprendere. Comprendere chi sta in fondo, chi non ha parola, chi non conosce (per forza) le sottigliezze di Marx, chi parla a fatica di sé, chi cerca di parlare di sé mentre tutti parlano del loro Ego. Ecco cosa avrebbe dovuto fare la Sinistra, a parer mio. Avrebbe dovuto comprendere, liberando spazio per tutti. Si è invece arresa, la Sinistra, all’unica ideologia imperante – ormai vecchia come il cucco ma vincente, sebbene nel senso di chi, per vincere, è disposto a distruggere l’oggetto della sua battaglia, come un Pirro qualsiasi, distruttore incauto della sua involuta conquista.

L’ideologia imperante, vecchia ma efficace (almeno entro i limiti del suo schema idiota) è quella che il Presidente del Consiglio, il “giovanissimo” Matteo Renzi, incarna e proclama a gran voce, sia che vada da Marchionne sia che vada tra i banchieri (del cibo) all’Expo. È il consumismo liberista, fatto di crescita illimitata, produttività fine a se stessa, economia senza comunità. La Sinistra ha perso non riuscendo a fare in un altro modo e credendo che questo sia l’unico (nonché il migliore) dei mondi possibili.

La Sinistra è sconfitta ad ogni consiglio per gli acquisti, ad ogni acquiescenza verso il Mercato Globale, ad ogni contratto interinale, ad ogni nuovo insediamento fotovoltaico fatto sulla pelle degli uliveti. La Sinistra è sconfitta quando non dice (perché non lo dice) che al posto dell’Ilva dovrebbero starci aranceti e vigneti; che al posto delle fabbriche per salari da fame dovrebbe rinascere un’economia fatta di agricoltura biologica, artigianato sapiente, parchi letterari, accoglienza di viaggiatori in cerca di bellezza, arti, filosofia.

La Sinistra è sconfitta quando parla della scuola come di un luogo in cui formattare secondo prove Invalsi e non di un giardino in cui formare secondo maieutica insegnando la critica, favorendo l’intelligenza divergente, promuovendo la capacità di farsi uno diverso dall’altro nell’errore e non tutti uguali nel conformismo sciocco da primi della classe. La Sinistra è sconfitta quando, col pretesto dell’uguaglianza, appiattisce; e quando, col pretesto dei nuovi diritti, dimentica i vecchi.

La Sinistra, cari Sabina e Michele, siamo noi nella misura della nostra capacità (parola che indica volume e metro) di abbracciare le contraddizioni del mondo, facendo di ogni piccola discarica un giardino. Io, però, non mi arrendo. Non l’ho scritto né pensato. È che, semplicemente, non darò più il mio voto e la mia complicità a questa Sinistra. Il voto è una nobile espressione di assenso, non una delega privata di responsabilità soggettiva.

Grazie a voi, intanto. Per vostro tramite so di non avere parlato al vento. Anche se è nel vento che troviamo, spesso, le risposte. Così diceva qualcuno cantando, anni fa; così cantavano quelli che ieri facevano i Che Guevara e oggi comandano - e del vento non conoscono neppure il recondito poema: perché intanto, pure da sinistra, se so’ magnati Roma, mezza Italia e tutto il cucuzzaro.

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