Non ho mai pensato di dovere qualcosa a qualcuno in ragione della sua autorità. Ho sempre ammirato, semmai, l’autorevolezza. Essere autori di qualcosa rimanda, etimologicamente e concettualmente, all’autenticità: l’individuo autentico è non solo onesto, ma è autore di sé e delle sue opere umane.
Che un pontefice parli agli uomini è cosa ovvia. Che lo faccia per persuaderli ad assumere comportamenti coerenti con la dottrina è cosa canonica. Non credo che quel che è noto agli uomini assuma maggior forza se a dichiararlo è un Papa. Tuttavia, se non è sempre nuovo quel che un Papa dice, può essere nuovo il fatto che un Papa lo dica a tutti; e per la prima volta, in veste di Papa.
Ecco dunque la mia ammirazione verso Papa Francesco, che ho già avuto modo di definire, da queste pagine, l’unico uomo politico mondiale dotato di lucidità e lungimiranza, al cospetto della sua ultima enciclica, in uscita giovedì (scrivo il giorno prima, ndr) e della quale ho letto qualche anticipazione.
Papa Francesco non si perde in sofismi. È profondo senza essere scolastico, sottile senza essere equivoco, semplice senza essere banale. È un Papa parabolico, nel senso che sa stare nel mondo tecnologico avanzato senza rinunciare alla forza maieutica delle parabole semplici, dei detti efficaci, dei racconti esemplari. Ne rido, se penso alle sottigliezze fumose di certi politici ancora capaci di sostenere una tesi “ma anche” quella opposta, così da risultare, nel contempo, di lotta e di governo, favorevoli ai parchi ma anche agli inceneritori, favorevoli alla difesa del territorio ma anche alla tutela delle multinazionali che devastano i territori. Non sono beati i politici ambigui, di essi è misero il potere che li sovrasta.
Scrive Papa Francesco, nella sua enciclica: “un crimine contro la natura è un crimine contro noi stessi e un peccato contro Dio”. È una affermazione senza pieghe, non contiene ambiguità interpretabili. E ancora, con chiaro acume teologico: “Noi non siamo Dio. La terra ci precede e ci è stata data. È importante leggere i testi biblici nel loro contesto, e ricordare che essi ci invitano a "coltivare e custodire" il giardino del mondo. Mentre "coltivare" significa arare o lavorare un terreno, "custodire" vuol dire proteggere, curare, preservare, conservare, vigilare. La tecnoscienza, ben orientata, è in grado non solo di produrre cose realmente preziose per migliorare la qualità della vita dell'essere umano, a partire dagli oggetti di uso domestico fino ai grandi mezzi di trasporto. Tuttavia non possiamo ignorare che l'energia nucleare, la biotecnologia, l'informatica, la conoscenza del nostro stesso Dna e altre potenzialità che abbiamo acquisito ci offrono un tremendo potere”.
Scrive, ancora, Papa Francesco: “È necessario curare gli spazi pubblici. La mancanza di alloggi è grave in molte parti del mondo. La qualità della vita nelle città è legata in larga parte ai trasporti, che sono spesso causa di grandi sofferenze per gli abitanti. Nelle città circolano molte automobili utilizzate da una o due persone, per cui il traffico diventa intenso, si alza il livello d'inquinamento, si consumano enormi quantità di energia non rinnovabile e diventa necessaria la costruzione di più strade e parcheggi, che danneggiano il tessuto urbano. Molti specialisti concordano sulla necessità di dare priorità ai trasporti pubblici. Le previsioni catastrofiche ormai non si possono più guardare con disprezzo”. E qui provo ironica soddisfazione, da ciclista urbano indefettibile, da militante ecologista a pedali, da strenuo oppositore del consumo di suolo. Non sono solo. So di non essere solo. C’è un Papa dalla mia parte.
Inoltre, le proposte pratiche, non le minutezze astute da salottino radical chic o da consiglio dei ministri per gli acquisti: “L'educazione alla responsabilità ambientale può incoraggiare vari comportamenti che hanno un'incidenza diretta e importante nella cura per l'ambiente, come evitare l'uso di materiale plastico o di carta, ridurre il consumo di acqua, differenziare i rifiuti, cucinare solo quanto ragionevolmente si potrà mangiare, trattare con cura gli altri esseri viventi, utilizzare il trasporto pubblico o condividere un medesimo veicolo tra varie persone, piantare alberi, spegnere le luci inutili. Non bisogna pensare che questi sforzi non cambieranno il mondo”. Ecco, finalmente, un Papa dalla dottrina pratica, capace di misurarsi con le “piccinerie” della vita quotidiana, con il gesto di ridurre il consumo di materiali, con quello di spegnere le luci non utilizzate, con quello di piantare alberi. Esulto di nuovo. Quante volte l’ho scritto, lo dico, lo predico, lo pratico, lo ribadisco – risultando insistente, fastidioso, noioso. Non sono un Papa, sono un uomo. Ma anche il Papa non è solo un Papa, è un uomo. Oggi, tutti gli uomini di buona volontà, abbiano fede o no, difendono la Terra. Perché non v’è altro a cui pensare se non si intende smettere di pensare ad altro. Perché se non salveremo la Terra non salveremo le nostre vite, le nostre anime, il senso della nostra presenza in questo o in qualsiasi altro mondo.
Laudato sii, recita il cantico di San Francesco. Dedicato alla Natura, osannando Dio. Dedicato a Dio, celebrando la Natura. Primo grande testo in lingua volgare. Un capolavoro espressivo per dire, con Spinoza: Deus sive Natura.

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