Nota dei consiglieri Carmine Zocco, Giacomo Elia e Gianluca Leone Errico sulla proposta di revoca della cittadinanza onoraria a Mussolini.

Allegata come dichiarazione di voto nel Consiglio Comunale del 2 marzo 2021

Non tutti gli eventi della storia cessano di produrre effetti nel tempo. Alcuni più di altri non affievoliscono il loro valore simbolico. Richiamano alla memoria i protagonisti, le cause e le intenzioni che li hanno prodotti. Inducono a prendere posizione, perché nel presente siano preservati e attualizzati gli insegnamenti più nobili e siano individuate le manifestazioni più regressive. Contestualizzare gli eventi produce maggiore consapevolezza e acutezza di analisi, permette di valutare le forze che entrano in conflitto e individuare i vizi e le virtù dei protagonisti più rappresentativi.

La Storia rimane, tuttavia, il teatro delle vicende umane in cui l’agire individuale e collettivo non può essere esente da una valutazione di merito, di “torto” o di “ragione”, sugli effetti prodotti.

Tutti questi elementi di valutazione sono presenti nella decisione se revocare o meno la cittadinanza onoraria a Mussolini, su cui siamo chiamati a esprimerci.

In premessa, ricordiamo che non sono in discussione gli effetti civili dell’atto amministrativo, bensì il suo valore simbolico.

Infatti, lo scopo del conferimento della cittadinanza onoraria, tutt’oggi, consiste nell’atto con cui l’Istituzione indica ai propri concittadini, presenti e futuri, gli uomini e le donne da assumere come modelli di riferimento per particolari valori civili, culturali e etici.

Oltre a quella a Mussolini del 1924, nell’ultimo secolo Tricase ha conferito la cittadinanza onoraria, tra gli altri, a Don Tonino Bello e nel 2019 a Liliana Segre, senatrice a vita e ex deportata ad Auschwitz per motivi razziali.

C’è chi afferma che il conferimento a Liliana Segre abbia di fatto schierato la città dalla parte dei “giusti”, confermando il giudizio storico sul fascismo e allineandosi ancor di più ai valori antifascisti sanciti dalla Costituzione.

C’è del vero in questa considerazione. Ma allora, perché astenersi dal rimuovere il paradosso di vedere formalmente vittima e carnefice accomunati dalla stessa onorificenza?

Secondo noi è stato giusto e opportuno rafforzare il valore simbolico del gesto nei confronti della Segre, vittima delle leggi razziali, rimuovendo dal suo fianco chi è stato l’autore di quelle leggi.

Questo non “cancella la storia”: l’atto del 1924 rimane a testimonianza di un potere totalitario e della capacità di generare sudditanza tra i nostri amministratori dell’epoca che furono tutti solerti- tranne un “eroico dissidente” di nome Salvatore Panarese- ad accogliere il consiglio che veniva dall’alto. Nonostante l’assassinio nell’anno precedente di Roberto Caputo, presidente dell’associazione ex combattenti e non allineato alle nascenti angherie dei gerarchi fascisti, per mano di Emanuele Adago iscritto alla locale sezione del Fascio. 

Contribuisce, invece, a armonizzare la nostra città con le radici profonde che hanno generato la nostra Costituzione Repubblicana e a rafforzare l’attenzione contro la “banalizzazione” del fascismo e dei suoi simboli.

Perché la questione della revoca della cittadinanza onoraria a Mussolini non sia sterilizzata e semplificata come fosse un referendum o solo un motivo di clamore mediatico, deve, perciò, diventare un’occasione di riflessione culturale e politica.

La debolezza della memoria storica comporta, infatti, delle conseguenze politiche immediate.  La memoria non è semplicemente il nostro rapporto con il passato, quello che noi pensiamo del passato orienta il modo in cui ci comportiamo oggi.

Un percorso aperto in questo senso è la raccolta di firme per una legge di iniziativa popolare, che metta al bando e punisca la propaganda e la diffusione dei simboli fascisti attraverso il web. Si può firmare in ogni Comune fino al 31 marzo. Noi siamo impegnati in questa raccolta, non solo per la bontà della proposta ma perché il nostro impegno civico è intriso nella pratica quotidiana dei valori del rispetto dell’ambiente e di tutti gli esseri viventi, dell’inclusione sociale e della lotta a ogni forma di discriminazione e di povertà.

Ma non solo. Restando sul tema dei simboli di alto valore civile che ispirano la denominazione delle strade e delle piazze della nostra città, vorremmo che si facesse attenzione a ripristinare la denominazione di una strada a Giacomo Matteotti, deputato socialista e prima vittima delle squadre fasciste, e cambiare quella intitolata al M.llo Rodolfo Graziani, autore riconosciuto del genocidio degli Abissini con il gas nervino durante l’occupazione fascista dell’Etiopia.

Pertanto, abbiamo aderito senza esitazioni alla mozione di revoca della cittadinanza onoraria a Benito Mussolini.

E questo senza distogliere neanche un attimo l’attenzione e l’impegno sull’ emergenza sanitaria, economica e sociale che stiamo vivendo.

Ecco alcune riflessioni sulla memoria storica che ho svolto in Consiglio Comunale in occasione del dibattito sulla revoca della cittadinanza onoraria a Mussolini

Ho riletto le parole di Italo Calvino, secondo cui la memoria "conta veramente solo se tiene insieme l'impronta del presente e il progetto del futuro; se permette di fare senza dimenticare quello che si voleva fare, di diventare senza smettere di essere, di essere senza smettere di diventare".

"Chi coltiva il passato, raccoglie il presente e nutre il futuro"

Insomma, ne sono uscito confermato in ciò che da tanto vado pensando:

la memoria come diritto, ben più e ben prima che un dovere;

la memoria ha essa stessa i suoi diritti;

la memoria ha a che vedere, più che con il passato, con il presente e con il futuro; la memoria è progetto, della e per la vita che ancora ci resta da vivere;

la memoria è un formidabile, fondativo "bene comune". 

La debolezza della memoria storica comporta infatti delle conseguenze politiche immediate, la memoria non è semplicemente il nostro rapporto con il passato, quello che noi pensiamo del passato orienta il modo in cui ci comportiamo oggi.

LAVORARE CRITICAMENTE SULLA MEMORIA

Al tempo stesso io credo che il lavoro sulla memoria non possa che essere un lavoro critico

Tra l’altro la memoria cambia.

Nel senso che se la memoria è un rapporto fra il presente e il passato, se il presente cambia, il nostro rapporto col passato cambia, allontanandosi e mostrando prospettive differenti.

Ci dobbiamo cioè domandare come funziona la memoria storica nel momento presente, come funziona in ogni momento il nostro rapporto col passato.

È la memoria come attributo del futuro. È l'invito che Nietzsche ci rivolge: la memoria non deve ridursi a essere il culto passivo del passato, non genera solo venerazione o orrore, busti e monumenti. Dovremmo invece imparare ad usarla per creare attivamente il nostro avvenire.

Il che significa farsi responsabili della memoria. La memoria non è un contenitore di ricordi, né il ritorno degli spettri provenienti dal passato

La memoria non deve semplicemente conservare quello che è già stato, ma deve servire la generatività della vita.

Non deve restare impigliata in una paralisi melanconica che non riesce a non guardare se non all'indietro, ma sapersi gettare in un movimento proteso in avanti.

Custodire questa memoria - la memoria come attributo del futuro -, evitando i danni della "memoria corta", significa farsi davvero responsabili del nostro passato

Carmine Zocco

 

 

 

 

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