Conoscevo don Gino Martella da sempre. Malgrado fosse raramente a Depressa, prima perché seminarista, poi perché impegnato con la Parrocchia a Castro e in Diocesi, poi perché insegnante al Liceo Capece di Maglie, poi perché professore al Seminario di Molfetta e poi perché Vescovo; sempre fuori, ma sempre a Depressa, nel cuore di tutti i suoi compaesani e di tutti quelli che lo avevano conosciuto. L’incontro con lui era sempre nel segno dell’accoglienza che veniva da quel sorriso che ti regalava senza che te lo meritassi; perdeva con te tanto del suo tempo a parlare di fede e di vita, di Dio e degli uomini, di bene e di male, di progetti e realtà. Quante volte mi ero ripromesso di andare a trovarlo a Molfetta; l’ho fatto solo una volta poco dopo la sua nomina a Vescovo. Eppure la lontananza non ha spento il legame di affetto e di profonda stima che ho sempre nutrito per lui. Parlando in queste ore con altre persone, tutte mi hanno detto le stesse cose. È la prova che Mons. Martella ha lasciato un segno e che quel segno durerà ben oltre la sua improvvisa morte.

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