Nulla si crea,
nulla si distrugge,
tutto si trasforma.
Antoine-Laurent de Lavoisier

 

L’agricoltura è vita. Nel senso pieno del termine. Permette, cioè, la riproduzione della vita sulla Terra – sia nel rinnovarsi delle varietà coltivate, tramandate e sapientemente conservate nei secoli, e da millenni, dalla nostra specie; sia nel dare cibo agli esseri umani, che fino a prova contraria non masticano banconote né bevono anticrittogamici. Dunque, se l’agricoltura è vita essa non può (contemporaneamente) diffondere malattia e morte, diventando cagione di distruzione della biodiversità. A rigore di logica, prima ancora che di etica (ammesso che l’etica guidi ancora le azioni dei più), occorre chiedersi cosa stiamo facendo all’agricoltura e alla Terra che sostiene il nostro vivere.

Si fa un gran parlare di disseccamento degli ulivi, da mesi, su tutte le maggiori testate salentine. Subiamo, anzi, una campagna di informazione martellante, e a tratti terroristica, sugli effetti del temibile assedio rappresentato da un batterio il cui nome, Xylella fastidiosa, non fosse per quell’aggettivo che ne determina il destino, parrebbe perfino innocuo: Xylella sa di diminutivo, non di patogeno. Facciamo, dunque, rapida e sintetica chiarezza. È dannoso, tale batterio? Sì, molto. È il batterio responsabile, da non pochi anni e non solo in Salento, dell’essiccamento rapido di svariate specie arboree: ulivi, mandorli, agrumi; ma anche viti e financo oleandri? Sì, è lui. Minaccia paesaggio, produttività agricola, economia rurale di gran parte del nostro delicatissimo territorio? Certo, Vostro Onore. Va combattuta? Vero, signore e signori. Con i pesticidi chimici? Non necessariamente, anzi no.

Immaginiamo una cittadina di medie dimensioni invasa dalle blatte. Sì, dagli scarafaggi. La bombardiamo con un F35? No. Facciamo fuori le blatte con i lanciafiamme e, visto che ci siamo, tiriamo giù i palazzi che le ospitano? No. Il paragone vi sembra eccessivo? Non lo è. Qualcuno sta pensando di bombardare una metaforica città per uccidere tutte le metaforiche blatte che essa contiene; sì, insomma, qualcuno per uccidere gli scarafaggi è disposto a radere al suolo i palazzi: insieme a umani, cani, gatti e pettirossi. Non è il caso, che ne dite?

Intanto, come recita un opuscolo a cura del Servizio Fitosanitario della Regione Lazio, la sottospecie del batterio Xylella responsabile del “complesso del disseccamento dell’olivo” non infetta vite e agrumi. Cosa che è già, in sé, una buona notizia. Non secondariamente, il batterio può essere contrastato con metodi biologici non dannosi alla salute dell’uomo, del suolo, dell’aria, delle acque.

Ci si chiede, allora, perché la Regione Puglia non si limiti ad autorizzare, ma addirittura renda obbligatori trattamenti fitosanitari violentemente tossici e assolutamente incompatibili con la salute dell’uomo e con pratiche agricole ormai qualitativamente consolidate sul nostro territorio: apicultura, agricoltura biologica e biodinamica, presenza di parchi e aree naturalistiche pregevoli e protette; vita umana. Infatti, se con una determina del 6 febbraio scorso la Regione Puglia obbliga gli agricoltori a realizzare una serie di ragionevoli interventi preventivi, quali potature, trinciatura delle erbe e aratura (aerazione del terreno); per un altro verso obbliga a praticare non meno di due trattamenti chimici su “tutte le piante di olivo, fruttifere e ornamentali” oltre che “interventi con prodotti insetticidi a spot su macchia mediterranea residuale, muretti a secco, superfici abbandonate purché verdi e quindi attrattive per i vettori”. Una devastazione totale.

La Lega Tumori di Lecce è lapidaria: “Le disposizioni della Regione non tengono conto degli studi relativi agli impatti sanitari e ambientali. Ignorato il rapporto dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare, per cui i trattamenti su larga scala rappresentano anche rischi per la salute umana e animale”.

Frattanto, non si tiene nella debita considerazione un altro dato. Ci sono alternative biologiche, non dannose per la salute di umani e ambienti, nella lotta contro questo parassita. Come spiega il prof. Norberto Roveri, docente di chimica all’Università di Bologna, un concime a base di selenio potrebbe salvare gli ulivi salentini: “si tratta di un concime che può curare e prevenire la malattia degli ulivi. È tutto biologico, senza sostanze tossiche. Si tratta di capire, attraverso i test, quali siano le dosi giuste. Siamo riusciti a salvare le coltivazioni di kiwi (a Roma, ndr) che avevano subito danni grossissimi. La sperimentazione sarà a nostre spese e dei nostri partner”.

Tema caldo, quello delle spese. Quanto costano, e a chi davvero giovano, gli apparentemente più rapidi ed efficaci bombardamenti chimici previsti dalle normative d’urgenza della Regione, non a caso fortemente sostenuti dalle industrie del comparto agro-chimico? Siamo alle solite; un altro esempio (forse rude) ci aiuterà a comprendere la questione. Poniamo che io, medico, debba indurre l’abbassamento della pressione arteriosa in un mio paziente, un uomo di mezza età leggermente sovrappeso e con abitudini di vita scorrette (alimentazione eccessivamente salata e grassa, sedentarietà, fumo). Gli prescrivo camminate, pedalate, sport, una alimentazione povera di sodio e grassi animali, l’abbandono del fumo? Macché, gli prescrivo delle pillole (due al giorno, per tutta la vita) e frattanto lascio che continui pazientemente a fare vita sregolata, tenendosi il peso e le patatine fritte piene di sale. A vantaggio di chi? Non ci vuole fantasia in esubero per immaginarlo.

La Xylella fastidiosa, guarda caso, induce uno sbilanciamento nella nutrizione delle piante d’ulivo. Paradossalmente, una buona dieta delle piante, oltre ad abitudini igieniche necessarie e fondamentali per la loro salute anche in assenza di patogeni in agguato (vale a dire potature, cura del suolo, controllo dell’habitat circostante) potrebbe, da sola, garantire la risoluzione di un problema ingigantito da specifiche campagne di disinformazione pubblicitaria. Pardon, l’ho detto. Non fosse che in Natura tutto accade e tutto cessa, indipendentemente dai nostri smodati traffici, affanni e interventi, lungo periodi di tempo lunghissimi per noi ma irrisori per la vita nel suo complesso.

Frattanto, gli agricoltori biologici salentini (certificati e non) sono pronti ad intraprendere una class action contro i provvedimenti assunti dalla Regione Puglia. In particolare, ritengono di procedere con un ricorso al Tar, dichiarando di voler impugnare le “direttive della Regione Puglia pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale il 15 febbraio 2015” sulla cui base “alla lettera a) comma 4 dell’articolo 36 del Regolamento (CE) n. 889/2008” anche gli agricoltori biologici sarebbero obbligati “a trattamenti chimici insetticidi” perdendo “a causa di tali trattamenti la certificazione di biologico per i 10 anni successivi all’ultimo trattamento effettuato”. Follia, obbligare uno a drogarsi salvo poi sanzionarlo. Inoltre, gli agricoltori biologici salentini annunciano che “un pool di avvocati ha già esaminato le carte e ritiene che ci siano alte possibilità di ottenere un’immediata sospensiva di tali direttive regionali almeno per i produttori biologici che ricorrono al TAR”.

Il punto è: della salute dei cittadini si devono occupare solo i contadini (anche quelli della domenica come me); o è lecito che si occupino gli amministratori locali? Fastidiosa è l’azione di chi fa quel che non giova per realizzare quel che è utile; dimenticando che quel che è utile non può mai, nel contempo, far del male: si chiama democrazia, se siete ancora democratici.

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