di Pino Greco Roberto Sodero, è nato a Tricase il 3 Aprile 1981.
Quella del centrocampista azzurro è una storia tutta da raccontare. Un campione della nostra Città, di cui siamo orgogliosi e fieri,c’è. Un centrocampista della Nazionale Italiana Calcio Amputati che ci regalerà emozioni azzurre, c’è. Si chiama Roberto Sodero. Anima e cuore Mondiale
Sin da piccolo cerca di dribblare un avversario molto più ostico di quelli che si trovano oggi sul rettangolo verde di calcio: la Sindrome di Klippel Trenaunay. L’avversario intacca la gamba destra di Roberto. La malattia con il passare degli anni diventa molto asfissiante, tanto da portare i medici all’amputazione dell’arto all’età di 22 anni. L’amputazione gli porta via una parte del corpo, ma non la forza di ripartire con maggiori stimoli. Il centrocampista della Nazionale italiana amputati, trova una vera e propria liberazione. Roberto diventa un concentrato di volontà dove niente è impossibile, un esempio per chi si vergogna della propria disabilità. Infatti, il futuro mediano azzurro completa gli studi universitari con una laurea in ingegneria informatica, trova subito lavoro e si sposa. Inizia anche la sua vita sportiva. Fatta per un breve periodo da nuoto e tennis, fino al calcio. La preferita di tutte le discipline. E ,di certo,quella che più lo ha reso più celebre.
Il tutto inizia a 31anni,racconta Roberto,quando guardando un servizio al TG sono venuto a conoscenza di un gruppo di ragazzi amputati, che rispondendo all’appello di Francesco Messori, stavano formando la Nazionale Calcio Amputati Italiana. Non ci ho pensato su due volte, li ho subito contattati ed ho iniziato con loro a praticare uno sport che avevo sempre amato, ma avevo solo potuto guardare da spettatore. Sono felicissimo di essermi unito a questo gruppo di ragazzi fantastici, con cui sto condividendo questo percorso.
Oggi Roberto ha 36 anni , è il mediano della Nazionale Italiana Calcio Amputati, uno nato senza un arto, lavorare sui polmoni con dei compiti precisi. L’unico centrocampista pugliese e salentino presente nella rosa che canterà l’inno di Mameli, uno dei venti che con le sue stampelle sarà sempre lì
lì nel mezzo del gioco con la maglia azzurra dove sfiderà i suoi pari grado nel Mondiale del 2018 in Messico. Uno dei tanti ragazzi che all’apparenza hanno qualcosa in meno, ma in realtà hanno molte cose in più: carattere, cuore, anima e grinta.
IL SALENTO ASPETTA LA NAZIONALE. E’ ormai fatta per la visita della Nazionale Calcio Amputati, che il prossimo week end farà visita sui campi di Lecce, per allenarsi a porte aperte e portare sui campi una testimonianza di sport ed entusiasmo, per la vita. L’evento è stato realizzato grazie all’impegno del comitato provinciale del CSI di Lecce e del suo presidente, nonché vice presidente CSI a livello nazionale, Marco Calogiuri. Primo appuntamento alle 9 di sabato, presso il Campo Oratorio “Don Pasquale” via M. Buonarroti di Lecce, dove è fissato il ritrovo per il primo allenamento del collegiale che servirà ai tecnici azzurri, i due emiliani Renzo Vergnani e Paolo Zarzana per testare il momento di forma dei ragazzi in vista dei prossimi appuntamenti ufficiali. Sabato pomeriggio, la Nazionale Amputati sarà in campo alle ore 14.30 presso lo stesso campo per allenarsi con ragazzi amputati che vogliono avvicinarsi a questo sport, per poi concludere una bellissima giornata con una partitella con ex glorie dell’US LECCE. Infine domenica 2 dicembre ore 9 sempre nello stesso campo ultimo allenamento in terra salentina. Ad incoraggiare le “stampelle azzurre” le parole del numero uno del CSI, Vittorio Bosio: “Questa squadra rappresenta un fiore all’occhiello per la nostra associazione, quanto ad inclusione, integrazione ed appartenenza. Ai ragazzi, ai tecnici e a tutti gli atleti con disabilità va il nostro aiuto e sostegno, augurandoci sempre nuovi innesti in rosa”.
Un’emozione particolare sarà per il giocatore salentino Roberto Sodero, che ospita nella sua bellissima città i propri compagni di squadra: “Portare i miei compagni in Salento è per me una grande emozione e motivo di orgoglio. Il nostro obiettivo è quello di far crescere il movimento del calcio per amputati, coinvolgendo nuovi atleti soprattutto a sud di Roma, dove ci sono pochissimi ragazzi che praticano questo sport. Speriamo in una grande risposta della Città di Lecce”.
TRICASE, STADIO COMUNALE SAN VITO
E PALAZZETTO DELLO SPORT :
MANCANO I PARCHEGGI RISERVATI AI PORTATORI DI HANDICAP
Un disabile tricasino che ama lo sport e spera di trovare parcheggio
Caro direttore, grazie per il vostro impegno ventennale a tutta la Città di Tricase e ai tricasini.
Tante grazie per lo spazio e l’attenzione che ci riservate a noi disabili.
Questi quattro righi sono indirizzati a chi amministra la Città di Tricase.
Non voglio prolungarmi nelle solite nostre tristi storie, voglio solo segnalare per quelli come me che amano lo sport, l’assenza dei parcheggi riservati ai portatori di handicap, nello spazio dove sostano le auto, nelle vicinanze dello stadio San Vito e del palazzetto dello sport di Tricase.
Pensando di fare cosa gradita. Ringrazio tutti anticipatamente.
Allego una foto dell’area riservata ad un parcheggio delle auto del palazzetto dello sport di Tricase, dove si documenta l’assenza di spazio riservato ai portatori di handicap
di Carlo A. Cerfeda
Ospedale “Cardinale Panico”: “VISIONE E SPERANZA”
Concrete solo con i fatti, gli atti ed i comportamenti
Preg/mo Direttore, chiedo gentilmente ospitalità, per la pubblicazione di questo intervento (il terzo sul periodico,avendo oramai deciso, da diversi anni, di “appendere la penna al chiodo”!...), per la quale ti sono grato.
Sono stato spinto dai contenuti dell’ultimo premiato lavoro, storico e letterario, del dottor Rodolfo Fracasso “LA VISIONE E LA SPERANZA – IL CARDINALE GIOVANNI PANICO E L’ATTUALITA’ DELLE MAGNICHE OPERE DELLE SUORE MARCELLINE A TRICASE”(cfr. “Il Volantino”,n.38,11 novembre 2017, pag.4). Al dottor Rodolfo Fracasso, con l’occasione, i miei, certamente modesti, auguri di ulteriori successi e non solo in questo settore! E ritornando al tema: una precisazione, se mi è permessa.
Per arrivare ad una “VISIONE” e a una “SPERANZA” concrete e realizzabili bisogna dare ad esse “mani e piedi” come hanno fatto le Rev.de Suore Marcelline per il reparto di chirurgia generale, perchè “Le idee hanno mani e piedi”(Karl Marx) solo se diventano atti e fatti reali: altrimenti non sono neanche idee!
Parlo per esperienza personale e diretta dell’intero 2^ piano e del collegamento, essenziale tra altre specializzazioni in caso di necessità, dove si tocca con mano una eccellenza sotto ogni aspetto (che dovrebbe essere la “normalità” di una struttura efficiente):nessuno escluso! Potrei parlare anche di altri reparti per diretta esperienza personale ma, per il momento, non voglio dilungarmi!...
Ma il massimo della efficienza sta nella dinamicità in ogni senso del giovanissimo primario e della sua equipe (se ancora è possibile usare la lingua ITALIANA: GRUPPO). 42 anni e non li dimostra neanche: beato Lui! Sposato con quattro bellissimi “marmocchi” e, certamente, pur non conoscendola, con una donna eccezionale visto il gravame familiare ( a mò di battuta, ci si è posto il problema dell’invecchiamento dellapopolazione italiana? Meritorio interrogativo!)Efficientissimo e disponibilissimo anche nei momenti apparentemente inattivi del blocco operatorio: giorni festivi compresi!.... Niente di più sideralmente lontano dal comportamento, non del tutto scomparso anche all’interno della stessa struttura, del classico Direttore Primario (professore ma quasi sempre sedicente tale): dalla testa eretta, il torace impettito (tipo il nostro “Buonanima” del ventennio!...), le mani incrociate sul deretano e lo sguardo rivolto verso un ipotetico orizzonte: invisibile ai “poveri” pazienti e familiari in attesa di una risposta consolante o diversa! Sembrano gli sciamani della nostra età della scienza e della tecnica!
“Carneade! Chi è costui?”: potrebbe chiedersi l’eventuale moderno “don Abbondio” di Manzoniana memoria!
E’ il dottor Massimo Viola e tutto il suo reparto, nessun operatore escluso: sapientemente coordinato ed organizzato da suor Filomena (inossidabile ed anche lei instancabile: anche se un po’… “rumorosa” ma solo se necessario e per quanto basta!)
Per chi ha mantenuto l’abitudine ad osservare , per lavoro e per circa quarant’anni, visi, sguardi ed espressioni, Il dottor Viola, oltre alle più aggiornate competenze del settore, alla incomprensibile resistenza fisica sua e dell’intera equipe, dimostra la capacità di usare anche i suoi occhi per interrogare, ricevere e rispondere a domande! Una persona certamente, diciamo, particolare sotto ogni aspetto nel settore medico-chirurgico. Una specie di “Mario Capanna” uscito da un corteo del “sessantotto” per dimostrare con i fatti che, in concreto, si possono cercare quanti hanno “mani e piedi”, ma soprattutto voglia, per innovare anche e non solo nella chirurgia e nella sanità.
Il nostro ospedale – dicevo al direttore sanitario, dottor Pierangelo Errico- rispetto ad altri ospedali, policlinici, strutture di “Eccellenza” risulta essere, in quasi tutti i reparti, un albergo a 5 stelle in ogni senso: non italiano ma degli Emirati Arabi, come Dubay! E di altri ospedali, anche all’estero, ne ho conosciuti purtroppo! E non hanno proprio nulla da insegnare al nostro, ma molto da apprendere: al di là della pubblicità nazionale attraverso cui promettono il “fumo” di eccellenti Professori televisivi, ma pochissimo “arrosto” nella sostanza: soprattutto e prima di tutto a livello di rapporti e di disponibilità umane! Certamente, soprattutto per i molti “Soloni” tricasini, abituati a trinciar giudizi senza sperimentazione diretta ma solo per “sentito dire”, farà “più rumore un albero che cade piuttosto che una foresta che cresce”!...
In conclusione, “VISIONE E SPERANZA” tendono a diventare concrete realtà solo, se e per quanti sono convinti di VOLERE ESSERE I MAGGIORI ATTORI DI OGNI SETTORE! Senza escludere che l’errore umano è sempre dietro l’angolo, senza farsi prendere dall’idea di essere onniscienti nel proprio campo ma profondamente convinti, in coscienza e professionalità, che l’essere negligenti e scarsamente capaci produce danni agli altri: danni a volte, purtroppo, non più recuperabili!...
Senza persone che, al di là del “CAMICE BIANCO”, credono in ciò per cui operano, la “VISIONE” rimane inutile “utopia” e, di conseguenza, la “SPERANZA” diventa vana, pericolosa, deprimente e lesiva in ogni senso ed a volte in maniera irreparabile! Purtroppo!!...
A rileggerci forse in futuro.
Il sud del sud
di Giancarlo Piccinni, presidente della Fondazione don Tonino Bello
Era un’ espressione che spesso mi ripeteva in macchina , quando ci si spostava da un paesino all’altro: il sud del sud.
Non coglievo però nessuna tristezza nei suoi occhi: e mentre io, ancora adolescente, sognavo un riscatto della nostra terra attraverso nuovi modelli di sviluppo sulla scia delle ricche regioni del nord, lui rimaneva disincantato dinanzi a tale prospettiva e il suo sguardo era ancorato alla sua terra, ai suoi colori, alla sua nudità, alla sua povertà.
Don Tonino aveva già intuito che quella povertà, quella essenzialità era per tutti noi un privilegio e che forse, ben presto anche il suo Salento sarebbe diventato ostaggio di quella “ ricchezza vampira “ che giorno dopo giorno sottrae dignità e identità.
In questo sud, periferia della storia e della geografia, ad Alessano, all’epoca uno dei paesi più importanti del Capo di Leuca, il 18 marzo del 1935 nasce Tonino Bello, da Maria Imperato e da Bello Tommaso. Il padre, maresciallo dei carabinieri, rimasto vedovo, si era risposato e con sé aveva portato Vittorio e Giacinto Carmine, i due figli che aveva avuto con la sua prima moglie, affidandoli alle premure e all’affetto della sua nuova sposa che presto darà alla luce altre due creature, Trifone e Marcello.
Il 29 gennaio del 1942 muore per morte improvvisa Tommaso. La madre, rimasta vedova, presto conoscerà la tristezza di altri due lutti: il secondo conflitto mondiale coinvolgerà nella sua tragedia anche questa povera famiglia. Il 9 settembre del 1943 Vittorio perde la vita nell’affondamento della corazzata Roma. E il 3 ottobre 1944 Carmine Giacinto, radiotelegrafista sui Mas, muore improvvisamente come il padre, probabilmente a causa di un infarto cardiaco.
In poco più di due anni il destino e la follia della guerra si abbattono su questa famiglia portando il freddo della solitudine e della incertezza del domani. Il piccolo Tonino non aveva compiuto ancora dieci anni e già era il fratello maggiore. Da adulto ricorderà: “ Mio padre non lo ricordo. So che piangevo in segreto quando vedevo i miei compagni delle elementari accompagnati a scuola dai loro papà “.
Ma già da bambino, a causa della scomparsa dei due fratelli maggiori, il tarlo della follia della guerra entrerà nelle sue ossa e lo accompagnerà sino alla fine dei suoi giorni: da vescovo conosce Ciccillo, un pescatore molfettese, anche lui era a bordo della corazzata Roma al momento del naufragio . Ciccillo riesce a salvarsi. Don Tonino più volte si fermerà con lui a rivivere il dolore di quei tragici momenti, quasi a voler donare al fratello una sua vicinanza e ad offrire a lui una promessa, la promessa di essere per sempre un uomo di pace.
Un tributo che sente di dover vivere anche per la sua gente alla quale dedicherà parole bellissime: “ Una gente – quella degli anni della sua infanzia – povera di denaro, ma ricca di sapienza. Dimessa nel comportamento, ma aristocratica nell’anima. Rude nel volto contadino , ma ospitale e generosa. Con le mani sudate di fatica e di terra, ma linda nella casa e nel cuore. Forse anche analfabeta, ma conoscitrice dei linguaggi arcani dello spirito “.
(continua )
LIBELLULA FULGOR TRICASE Tutti a rapporto dal presidente. Il patron parla a tutta la squadra: patti chiari, amicizia lunga... Dopo la sconfitta di Marigliano, rosso blu a rapporto dal presidente Cassiano.
Stavolta il patron non si è limitato a salutare la squadra al completo dispensando sorrisi e pacche sulle spalle. Stavolta no! Il presidente della Fulgor (punti 6 in classifica), con toni molto pacati, guarda tutti negli occhi, uno ad uno. Si sa, Francesco Cassiano non ha peli sulla lingua, è un realista: per un’amicizia lunga, ci vogliono patti chiari. Questa la sua dichiarazione a tutta la squadra. Domenica, ore 18:00 arriva il Cerignola (punti 9 in classifica) al Palasport di Tricase.
ATLETICO TRICASE: RITORNANO MAURIZIO RUBERTO E GIOVANNI CITTO? Lo scriviamo già da tempo, che il presidente Raone sta pianificando e sta cercando di portare in alto il calcio a Tricase, dove merita.
Ne è prova l’ultimo acquisto del forte centrocampista Francesco Giorgetti (provenienza Novoli), sarà in campo domenica 3 dicembre. Antonio Raone non si ferma più, il patron ha già dato mandato ad una ditta specializzata di rifare il manto erboso del San Vito.
Inoltre, alcune voci di corridoio riportano Maurizio Ruberto e Giovanni Citto ad indossare la maglia rossoblu?
Domenica, il Tricase sfida la società Deghi Lecce. Stadio San Vito ore 14:30.