di Giuseppe R. Panico Dei tre casali che hanno dato il nome a Tricase non è rimasta traccia; delle tre torricostiere di guardia alle nostre marine sembra quasi che non si voglia lasciare traccia.  Della torre di Punta Cannone che “comunicava” verso Nord con quella del Sasso e verso Sud con quella di Palane non è rimasto nulla. Né una targa o un cartello a ricordarci il punto ove, per secoli, si è guardato il mare e l’orizzonte e qualche volta urlato… “mamma li turchi”. A distruggerla ci pensarono, bombardandola nel 1806, i marinai della “perfida Albione”(così Mussolini chiamava l’Inghilterra). Non fu più ricostruita e di quel tempo e quella torre ci è rimasto solo un nome: “Punta Cannone. La punta (rocciosa) c’è ancora ma del cannone nemmeno l’ombra. Né l’affusto, né la canna e nemmeno le palle. Oggi lo storico sito si vanta di dare estiva ospitalità non più a militari di guardia ma a pingui natiche e corpi de snudi.Della torre del Sasso è rimasto in piedi solo il suo misero rudere. Turisti ed escursionisti della domenica ivi sostano al fresco della sua ombra e, fra verdi sterpi e verdognole lucertole, non disdegnano un panoramico selfie vista mare. Gli antichi “piezzi” e pietre si chiedono fino a quando potranno ancora resistere l’un sull’altro incollati. Non ancor per molto sembrano dirsi, mentre l’antica malta che ancora li unisce si sgretola erosa dal vento, dal sole e dalla pioggia. Per finire nella polvere e fra gli sterpi, le vestigia della nostra storia costiera non hanno bisogno della Perfida Albione, basta la perfidia della nostra inciviltà.L’ultima torre si regge ancora maestosa sulla scura roccia di Marina Serra. Alta circa 15 metri(quasi 30 sul mare), sembra un possente guerriero antico a difesa della memoria del nostro passato. D’estate la flagella il sole con i suoi dardi infuocati; d’inverno il mare con i suoi frangenti che si inerpicano sulle rocce, come a ghermire i “piezzi” più esposti o, con cupi e violenti ruggiti, invadono i vicini anfratti, grotte, caverne e cunicoli, quasi a minarne le fondamenta. Il “guerriero” ha l’aria stanca, la pelle cadente, il fiato corto ma vigila ancora, pur senz’armi,sul lontano orizzonte e sulla costa che va dalla punta del Calino fino a Capo d’Otranto. Costruita con solidi “piezzi”di arenaria cavati dalla vicina scogliera, la torre ha resistito per secoli a…“mamma li turchi”, forse respinti o scoraggiati anche grazie a quella sua caditoia che,protesa a ponente, ne difende ancora la sottostante porta di ingresso.(ora è una finestra, a metà altezza; si saliva con una scaletta che poi veniva ritirata).La torre non è stata colpita dalla Perfida Albione o da altre straniere perfidie, né danneggiata da qualche “ragazzaccio” che a Marina Serra usava un tempo arrampicarsi fino a quell’ apertura e poi, attraverso la scala interna, arrivare fin sul tetto e lì sognare con lo sguardo verso il lontano orizzonte. Sognava anche di tuffarsi da lassù (30 m); mai lo fece, ma si diceva che qualcun’altro lo avesse fatto. Si immerse invece sovente in quelle rocciose cavità, alla ricerca più   che qualche sarago o cernia (allora numerosi), di qualche “piratesco”tesoro nascosto o perduto. Finalmente si accorse che il tesoro era proprio lì, su quella scura roccia. Era la torre fatta di “piezzi” intrisi del sale del suo mare e del sudore dei suoi avi. Quei tufacei lingotti, illuminati dal sole calante, sembrano ancora d’oro puro. Cavati dalla scogliera, fecero spazio alle tante “tagliate”che oggi orlano la stupenda piscina di Marina Serra. Poi, uno sull’altro, formarono la torre e, da lassù, i nostri avi permisero a noi tutti di essere liberi come noi siamo e di avere quello che noi oggi abbiamo. Liberi di avere un“tesoro” chiamato Marina Serra ove un racconto narra anche del dio del mare Poseidone che, in viaggio lungo la nostra costa, trovò riposo nella grotta Matrona. Era il solstizio d’estate e ogni anno in quel giorno, dice il racconto, il dio torna va per dare ai naviganti del “mare nostrum” i sui favorevoli oracoli. Ma i nostri avi e…Poseidone non immaginavano di lasciare favole, oracoli e tesoria eredi insensibili e incapaci di valorizzarli. Poseidone non tornò più e l’antico “guerriero” venne ben presto trascurato. Ora nessuno lo accudisce, gli intorni sono incolti, impervi, sconnessi. Nulla delimita il suo spazio vitale, né un po’ di terriccio ne spiana i dintorni, né una targa, un ceppo un segnale, un cartello o una badante ad indicare, almeno il suo nome, la sua storia e la sua età. Povera torre, povero “guerriero”. Ha tenuto a bada per secoli i turchi che venivano dal mare, ma non può badare ai tanti“turchi” paesani che,armati di trascuratezza e sciatteria, lo colpiscono alle spalle. Ma… “valorizziamo le Marine” già si grida, come da decenni, per la nuova campagna elettorale. Forse Poseidone, dio del mare, vorrà tornare fra noi il prossimo solstizio d’estate e darci qualche buon consiglio, oltre che per un Piano Coste da rivedere, perun Piano Urbanistico, avviato in questi giorni nella nostra Sala del Trono, in cui tutti ora credere e collaborare. Ma anche per questa nostra ultima torre, quale antico vessillo di una moderna Tricase da estendere verso la sua costa e il suo mare. Quale forte stimolo e nuovo slancio verso il futuro.

P.S. Ad articolo già inviato, è giunta la buona notizia che il Comune ha riacquisito la gestione diretta della torre di Palane. Non possiamo che rallegrarci ed apprezzare tale iniziativa,nella speranza che si provveda con urgenza al suo risanamento e riutilizzo.

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