di Francesca Longo

In merito alla chiusura della scuola materna di Depressa sarebbe opportuno proporre alcune riflessioni, onde evitare di scadere nel solito qualunquismo che di questi tempi va di moda nella politica, locale e nazionale.

Purtroppo non c’è giorno in cui le scuole non si trovino ad affrontare problematiche sul piano delle risorse e dell’organizzazione, in conseguenza dei tagli che assillano tutto il comparto dell’istruzione.

Se volessimo fare una semplice riflessione, basterebbe dare un’occhiata alla previsione di bilancio 2018-2020, dove sono stati tagliati circa 160 milioni di euro, quanto basta per determinare inevitabili ripercussioni, soprattutto a livello locale.

Vi assicuro che è straziante vedere morire i luoghi che hanno contraddistinto la nostra infanzia,

è come se fosse stato cancellato un pezzo di storia.

Le nascite sono in forte calo e da anni questo paese ha visto un continuo trasferimento dei bambini nei plessi centrali. Questo fenomeno ha giocato un ruolo determinante per la chiusura della materna ed i motivi che hanno spinto i trasferimenti nel capoluogo sono i più disparati,tuttavia non è mia intenzione entrare in merito a queste scelte.

Certamente questa vicenda rappresenta una brutta sconfitta per tutti, ma è anche un po’ colpa nostra, perché siamo sempre attratti da ciò che ci appare migliore, dalla presunta  efficienza del plesso centrale.

Io credo che questo sia un concetto opinabile, infatti, molti esperti ritengono superiore l’offerta didattica dei plessi più piccoli. Da circa dieci anni a questa parte, questo fenomeno è cresciuto vertiginosamente, senza però pensare che, prima o poi, avrebbe portato alla scomparsa definitiva degli istituti.

Purtroppo, se dovessimo ragionare nell’ottica dell’ottimizzazione dei costi, sarebbe uno spreco avere un istituto ed un docente per una classe di ci circa dieci alunni. Un logica che non condivido ma che rappresenta il motore dell’organizzazione scolastica.

Negli ultimi dieci anni la definizione degli organici delle scuole risponde ai criteri di contenimento della spesa pubblica previsti dall’art. 64 della Legge 133/2008 e regolamentati dal DPR 81/2009 in vista di un razionale ed efficace utilizzo delle risorse umane.

Ogni anno a ciascuna istituzione scolastica viene assegnata una dotazione organica, che  rappresenta l’insieme dei posti necessari per il corretto avvio dell’anno scolastico.

L’Ufficio Scolastico Regionale stabilisce l’organico di ciascuna provincia, lasciando agli Uffici Scolastici Provinciali il compito di definire la distribuzione dei posti a ciascuna Istituzione scolastica, si tratta del cosiddetto organico di diritto.

Nel primo ciclo, si dovrà procedere ad una equa distribuzione delle iscrizioni tra le sedi della medesima istituzione scolastica situate nello stesso comune, evitando di autorizzare classi con un numero ridotto di iscritti o di procedere allo sdoppiamento di quelle già autorizzate. Generalmente non è possibile

far aumentare il numero delle classi con l’organico di fatto, se non in casi eccezionali che si rivelino indispensabili per assicurare il regolare funzionamento delle istituzioni scolastiche.

Sperando nella riorganizzazione delle classi e nell’assegnazione di quell’unità di insegnamento che ci era stata sottratta, abbiamo incontrato i genitori e lottato fino all’ultimo giorno, presentando il problema alle istituzioni provinciali e regionali e facendo leva sulla componente sociale che sarebbe venuta a mancare nella nostra comunità.

Ora, non lasciamoci travolgere dalle sterili critiche di chi è contro questa Amministrazione. Purtroppo, e lo dico con amarezza, sarà questo il destino di tutte le piccole realtà, in questo mondo, ormai cinico, in cui prevale, sempre più,la logica globale ed economico-razionale.

Nella tristezza complessiva, l’auspicio è che quest’edificio diventi un luogo di aggregazione sociale, a disposizione degli stessi bambini.

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