di Alessandro DISTANTE
Estate nuova, vecchi problemi. Su questo numero ben due pagine parlano di un vecchio problema: gli incendi estivi. Al di là, per un momento, dalle responsabilità dei singoli che devono essere individuati e severamente puniti, vi è un problema più generale: l’abbandono delle campagne.
Dopo la batosta della xylella, della quale qualcuno dovrà pur rispondere, è proseguito il progressivo abbandono dei campi. Tante le ragioni: da una proprietà fin troppo parcellizzata alla crisi dei mercati; dalla sempre più grave siccità alla mancanza di manodopera; dalla politica di disincentivazione comunitaria per alcune coltivazioni alla mancanza di reti cooperativistiche; dagli ingiusti ed ingiustificati balzelli dei consorzi di bonifica alle limitazioni a qualsivoglia intervento di recupero funzionale delle costruzioni agricole. L’elenco potrebbe continuare ma, certo, il risultato è quello che è davanti agli occhi di tutto. Gli ulivi, intanto, mostrano segni di rinascita e, malgrado le autorevoli voci che spengono ogni possibilità, la speranza è l’ultima a morire!
Estate nuova, vecchi problemi. Immancabile la questione delle infrastrutture. Il traffico, cresciuto a dismisura, pone problemi di viabilità e di parcheggi. La poca propensione a parcheggiare lontano, magari in parcheggi di scambio e da lì prendere la navetta, porta a congestionare le marine. E’ un fenomeno che riguarda molte marine e i centri storici di molti paesi. La questione è rilevante per un Comune, come Tricase, dove da decenni manca una programmazione e pianificazione urbanistica con conseguenti limiti e divieti. Lo sforzo dell’Amministrazione De Donno di reperire, con la collaborazione (interessata) dei privati, aree da destinare a parcheggi, non si è tradotta, al momento, in nulla di concreto. La speranza è che qualcosa nel frattempo avvenga, nella speranza che non si debba vivere di speranza perché “la speranza è l’ultima a morire”, ma è altrettanto vero che “chi di speranza vive di speranza muore”!
di Alessandro DISTANTE
Scrivo questo editoriale con grande difficoltà. Come si fa a scrivere in un giornale locale quando il mondo è sconvolto da tante assurde guerre; quando troppi bambini muoiono uccisi da missili e da droni? Come si fa a scrivere e cercare di animare il dibattito cittadino, se poi, un po’ più in là, ci sono ben altri problemi e ben altri drammi?
Eppure mi hanno insegnato che la lotta per un mondo migliore e la battaglia per la giustizia e quindi per la pace passa attraverso ognuno di noi. Mi hanno insegnato che la pace si costruisce ogni giorno e in ogni luogo. A partire dal nostro territorio e dal nostro quotidiano.
Ed allora: da noi a che punto siamo con la costruzione della pace o, almeno, della pace sociale e dello stare bene insieme?
Le cronache ci parlano di un’Italia dove un brigadiere dei Carabinieri, alla vigilia del collocamento a riposo, perde la vita per inseguire due suoi coetanei; oppure ci tocca sentire che, a pochi chilometri da Tricase, un giovanissimo figlio prende un’ascia -che da piccolo gli era servita per stare in gruppo con gli amici e per educarsi alle regole- ed ammazza la madre; ci fa arrabbiare una Regione Puglia che, per beghe interne alla stessa maggioranza, non riesce ad approvare una Legge sul Terzo Settore da tutti attesa; e ci viene da gridare all’assurdo e al paradossale di un nuovo consigliere regionale eletto nelle file di una lista di maggioranza ma che entra in Consiglio sedendosi all’opposizione. Il pensiero va, infine, al perverso intreccio tra affari e politica che, al di là delle eventuali responsabilità penali, mette in luce lo scambio di favori e di voti, alla faccia della politica disinteressata e al servizio del bene comune.
Nella carrellata che stiamo facendo con interviste a Partiti e Movimenti tricasini la denuncia di fondo è di mancanza di una progettualità e di una visione su dove si voglia andare: molti a ripetere che si fanno interventi spot senza una idea generale e senza idee per il futuro.
Certo, di questi tempi, può sembrare difficile se non addirittura inutile avere una visione del futuro quando, intorno, la forza delle armi sembra l’unica protagonista, quando un popolo intero viene sterminato o quando uno squilibrato presidente gioca a minacciare e ad ammanettare e incarcerare immigrati; saranno forse irregolari ma sono sempre persone!
Eppure non è possibile arrendersi; la pace si costruisce dal basso, anche a Tricase. Magari a partire dall’Estate che comincia oggi (almeno come stagione del calendario): saremo arricchiti da quelli che verranno a trovarci, saranno figli, amici, parenti e tanti altri che, magari presentando un libro, ci faranno trascorrere belle serate e ci riporteranno all’idea, che è alla base di ogni altra idea, che tra persone si dialoga, ci si confronta, si riflette e ci si conosce e che nel mondo c’è spazio per la forza del pensiero e non per la forza delle armi, a partire, perché no, da casa nostra, da Tricase.
Risultato: Il deserto democratico
di Alessandro DISTANTE
Come fare a non mettere in collegamento il flop referendario con le cronache delle inchieste giudiziarie di questi giorni che hanno interessato la Puglia?
La disaffezione alle urne non è un fatto nuovo, ma una pericolosa tendenza che tende, purtroppo, ad allargarsi. Colpa dei cittadini? Certamente, ma non solo e non principalmente. I cittadini, infatti, non sono persone alle quali si può chiedere di rimanere indifferenti di fronte ad una politica che è sempre più lontana dai lavoratori veri e sempre più vicina agli speculatori, sotto veste di faccendieri, pronti a sostenere un cavallo su cui puntare, poco importa l’appartenenza allo schieramento, per poi presentare il conto.
Sarà colpa del venir meno del finanziamento pubblico dei partiti, sarà il venir meno proprio dei partiti, sarà il crescere e l’affermarsi di una cultura del tornaconto o, per andare ancora più a fondo, il venir meno del senso della comunità, ma certamente non si possono fare appelli al voto se gli appelli non vengono accompagnati da condotte esemplari di servizio al bene comune.
Referendum promossi pur sapendo che il rischio di insuccesso è elevatissimo, con il risultato di radicalizzare posizioni non condivisibili ma che, ora, sulla scorta dei risultati, appaiono più forti e pienamente legittimate dalla volontà (o non volontà) popolare.
Tanto per non andare lontano, non è di poco conto osservare che la campagna referendaria non ha visto a Tricase nessuna iniziativa pubblica o, per dirla con parole ormai fuori moda, neanche un comizio. Che tristezza quel palco montato in Piazza Pisanelli e rimasto vuoto per l’intero periodo!
Ma la colpa di chi è? Dove sono i partiti e dove sono i nostri parlamentari (ma chi sono?) che sui temi referendari avevano –almeno si spera- un’idea? Perché non sono venuti a spiegare i contenuti del referendum, la loro posizione, perché votare SI’ oppure perché votare NO oppure –al limite- perché non andare a votare?
Niente e nessuno. Partiti scomparsi, politici assenti ed alcuni addirittura impegnati non nelle Piazze ma a concludere accordi di convenienza con chi, in cambio di propri tornaconti privati, è in grado di garantire appoggi elettorali e finanziamenti diretti o indiretti.
In tutto questo –per non cadere in un comodo e pericoloso qualunquismo- la risposta è una sola: uno sforzo maggiore di eroismo civico. Malgrado tutto, occorre più partecipazione, che non è soltanto andare a votare, ma seguire con attenzione e intelligenza quello che accade ed avere il coraggio di prendere posizione.
Non c’è alternativa per non finire come negli Stati Uniti, da sempre modello di democrazia, dove i legami e condizionamenti (o ricatti) tra politici ed imprenditori sono ormai penosa cronaca di tutti i giorni.
di Alfredo De Giuseppe
Un giovedì normale, il 4 giugno del 2025, Gigi De Francesco decide di chiudere la storica edicola di Piazza Pisanelli a Tricase. Avviata dal padre Vito, appena finita la seconda guerra mondiale, è rimasta ininterrottamente aperta per 80 anni, sempre nello stesso luogo, un sottoscala del campanile del Convento di Domenicani. Uno spazio angusto, piccolo, sempre strabordante di riviste, giornali e ora anche di giocattolini.
La sua chiusura va ben oltre la fine di un’epoca, detta asetticamente come si potrebbe dissertare di un qualcosa fuori moda, della fine della carta stampata, dell’inizio ufficiale dell’era dell’Intelligenza Artificiale. No, va alla radice di un modus vivendi, di una socialità, di una gentilezza dell’essere che ci appaiono lontani, sfumati nel tempo, come gocce disperse nell’aria.
Nel 2000, un’epoca che ci appare già remota, sul libro “Ore 8, sotto l’orologio” così scrivevo in premessa:
“Da una seria ricerca socio/linguistica si è scoperto che l’aggettivo più usato a Tricase è “normale”. Sul concetto di normalità potremmo scrivere a lungo: non giungeremmo, probabilmente, ad una conclusione accomodante. O forse si, basta accettare il tutto come banale, come consuetudine e l’atteggiamento più controverso, diventa normale.
Per questo ho eletto un unico luogo come il crogiolo della normalità tricasina. Alle otto di ogni mattina un caffè veloce, veloce come si prende solo in certi paesi del Sud Italia. (In piedi, come necessità, senza tavolini, senza colazione. Anni fa i proprietari dei due bar del centro pensarono bene di mettere delle sedie e dei tavoli e si adeguarono a quella cosa chiamata servizio: gli incassi non aumentarono di una lira)... C’è un convento dei domenicani e un campanile, sul quale circa un secolo fa misero un bell’orologio, segno della meccanica che avanzava. L’orologio funziona ad intermittenza, anni si e anni no. Di fronte c’è un’unica torre, annessa al castello dei Gallone. Il torrione è oggi sede della Pro-Loco e il castello del Municipio. Alle otto, dicevo, caffè e giornale, commenti su tutto, grida e cattiverie, notizie sempre fresche. L’incontro è sotto l’orologio: deve essere sembrato, nell’ultimo secolo, un buon sistema per darsi un appuntamento, neutro e preciso, maschilista. Senza donne, impegno e ostentazione.
(…) Da allora ho sempre pensato che per fare il regista, il pittore o lo scrittore, si dovesse avere una quotidianità come la mia. La bella quotidianità, quella che oggi osservo negli inconsapevoli personaggi delle otto, sotto l'orologio. Gente che ogni mattina si sveglia con l'unico obiettivo di andare nello stesso posto in cui ci va da decenni, va ad incontrare le stesse persone, con le quali non è legato da un vincolo di amicizia: al massimo ci si può offrire un caffè e commentare in piedi i fatti del giorno. Se un avvenimento è davvero importante o divertente va di voce in voce, e, senza che si sappia chi l'abbia detto, è già a conoscenza di tutti. Comincia così il giorno per chi si è costruito, per necessità o virtù, un mondo preciso, scandito da orari e persone, arricchito dalle novità che difficilmente riescono a scalfirlo.
Il giornalaio
La prima foto spetta di diritto a Gigi De Francesco e al suo collaboratore Amadeo, carabiniere in pensione. Gigi ha ereditato l’edicola dal padre, il mitico Vituccio De Francesco. Se “sotto l’orologio” esiste è anche per merito suo. Un’edicola che più piccola non si può, ricavata in un buco del convento, largo non più di un metro per due. L’edicola per eccellenza, l’edicola pura, dove non si vende neanche una matita, solo giornali e allegati (appesi dove capita e spesso nascosti sotto le macerie). Gigi ha, ogni mattina, la classica attenzione dell’edicolante sotto casa, da commedia anni sessanta, commenti bonari e saluti cordialissimi. Ben alzato, Gigi.
E io davvero ho inseguito per anni quella quotidianità: volevo un giornale, quattro chiacchere con i soliti noti, un caffè veloce, un pasticciotto artigianale, le zeppole a marzo e il gelato ad agosto, due politiche diverse e i soldi per non strafare. L’ho cercata e trovata per brevi periodi, poi sempre sopraffatto da altri impegni, altri progetti, altre persone, altre vite.
Ora Gigi chiude davvero. Ha 75 anni e qualche acciacco di troppo. Ci incontreremo al bar, forse, o una volta con i suoi amici in pizzeria a sfotterci ancora un po’, ma l’impressione, mia e sua, che sia tutto alquanto triste, non più rivedibile, rivisitabile, ricominciabile.
di Alessandro DISTANTE
Il 2 giugno si celebra la Festa della Repubblica e, per tradizione, a Roma, su via dei Fori Imperiali, si svolge la parata con le Forze armate che sfilano al cospetto dei vertici dello Stato.
Per questo, il 2 giugno passa anche come Festa delle Forze Armate. Eppure, sarebbe bello che da quest’anno la parata fosse (anche) delle Forze Disarmate. Troppo forte è il dolore per quello che di orribile sta accadendo a Gaza e per quello che di crudele sta accadendo ormai da troppo anni in Ucraina.
E’ vero: le nostre Forze Armate sono a presidio dello Stato e vengono impiegate solo per interventi di difesa e non certo di aggressione e questo è garantito dalla nostra Costituzione, ma è altrettanto vero che, nel giorno della Festa della Repubblica, dovrebbero trovare spazio anche Forze che, pur esse, difendono lo Stato dai conflitti interni. Per dirla con il nuovo Papa, le forze che favoriscono una pace disarmata e disarmante.
Sarebbe veramente disarmante se a Roma sfilasse l’esercito dei volontari, quelli che, senza colpo ferire, leniscono le ferite delle tante povertà, vecchie e nuove, che sono alla base di tante conflittualità quotidiane che, talvolta, si traducono in tragedie.
Sarebbe una bella dimostrazione che la difesa della Patria, come ha detto la Corte Costituzionale, è “ben suscettibile di adempimento attraverso la prestazione di adeguati comportamenti di impegno sociale non armato”.
La sfilata delle Forze Disarmate sarebbe disarmante perché ci costringerebbe a considerare che la Repubblica non si difende solo da nemici esterni ma anche dai “nemici” interni, da quei nemici creati dall’ingiustizia sociale ed economica, da quegli ostacoli che lo Stato repubblicano è chiamato a rimuovere e a sconfiggere con la forza disarmata della solidarietà. Viva il 2 giugno; viva la Repubblica disarmata e disarmante!
Dal 15 maggio al 15 giugno di ogni anno Tiggiano diventa centro internazionale della musica grazie alla realizzazione di MUSICARTE Festival & Competition. L’organizzazione è dell’Associazione di Alta Cultura Musicale “W. A. Mozart” – APS diretta dal M° Giovanni Calabrese.
Musicarte sta acquisendo negli anni una valenza internazionale di tutto rispetto. Ogni anno giungono a Tiggiano musicisti da diverse parti del mondo per partecipare alla competizione che distribuisce decine di concerti in svariate sale in Europa e negli USA. Ciò dà la possibilità a moltissimi giovani di avere delle opportunità lavorative importanti ed al contempo un’ampia visibilità internazionale.
Il concorso è aperto a musicisti frequentanti le scuole private e le scuole pubbliche. Tra queste ultime è importante segnalare il Liceo musicale “N. Colajanni” di Enna i cui alunni negli anni passati si sono distinti per particolari meriti artistici ed hanno ricevuto importanti riconoscimenti da parte delle giurie tra cui la possibilità di realizzare un tour di concerti nel Sud Salento. Detto tour sarà realizzato tra il 26 e il 28 maggio 2025 dall’orchestra e dal coro della scuola oltre che dai solisti che rappresentano le eccellenze dell’Istituto: Luigi Costa (chitarra), Marilena Di Vincenzo (canto), Francesco Marotta (clarinetto) e Mastrosimone Salvatore (pianoforte).
La realizzazione del tour è stata possibile grazie alla caparbietà ed all’insostituibile lavoro di coordinamento della referente Prof.ssa Giovanna Fussone e dei docenti Luigi Botte, Gianmario Baleno, Katia Giuffrida. Il primo concerto sarà il 26.05 presso l’auditorium dell’IISS “G. Salvemini” di Alessano. Un grazie particolare alla DS prof.ssa Chiara Vantaggiato che ha accolto con grande entusiasmo e disponibilità la possibilità di ospitare un’ importante tappa di Musicarte Festival & Competion 2025.
Il tour del “Colajanni” si dipanerà nei più bei castelli del Salento e prevede anche uno scambio musicale con la locale orchestra di fiati ARTISTICA INCLUSIONE di Tiggiano.
Info: 3478022725
di Alessandro DISTANTE
Meritano di essere portate all’attenzione dell’opinione pubblica tre deliberazioni della Giunta Municipale.
La prima (n. 104 del 17 aprile) ha ad oggetto il restauro e la valorizzazione della statua e colonna di Sant’Andrea a Caprarica. L’intervento è a spese di privati.
Il gesto è di pura liberalità e la statua rimarrà di uso pubblico. L’iniziativa si configura come intervento su un’opera pubblica ma, questa volta, per iniziativa e a spese del privato. Non è questa una bella notizia? Il merito è della associazione Anny De Francesco unitamente alla Famiglia Longo/Pispero che presenterà un progetto allo Sportello Unico Edilizia e, rispettando i principi dell’appalto pubblico, affiderà i lavori attraverso un procedimento concorrenziale. L’intervento verrà effettuato dopo aver acquisito il parere della Soprintendenza Al termine dei lavori verrà collocata una targa in memoria di Giuseppe Longo e questo per espressa volontà di chi restaurerà la statua.
La seconda deliberazione (n. 117 del 9 maggio) riguarda una iniziativa di orientamento dei giovani alla scelta del dopo diploma. L’obiettivo è di aiutare i giovani a fare scelte consapevoli tra percorsi di formazione universitaria e inserimento nella vita produttiva e sociale. Da qui l’idea di organizzare un incontro, individuando una sala, attrezzata allo scopo, idonea ad accogliere tutti gli studenti maturandi. Una bella iniziativa anche questa.
L’ultima deliberazione (n. 115 del 30 aprile) è quella relativa alla cerimonia di intitolazione della Biblioteca comunale a Giuseppe Codacci Pisanelli, “uno dei padri della Costituzione italiana che si battè per l’istituzione dell’Università di Lecce”.
La Giunta ricorda che l’on.le Codacci Pisanelli riuscì a far rientrare la Biblioteca di Tricase nel piano sperimentale c.d. “Piano di Lettura” promosso nel 1962 dal Ministero della Pubblica Istruzione. In quel modo i “posti di prestito” vennero trasformati in biblioteche autonome allo scopo di promuovere la lettura e la diffusione del libro.
Sono tre deliberazioni che sono accomunate dall’occuparsi di cultura, sia essa relativa alla tradizione religiosa, oppure alle scelte di studio o di lavoro oppure, ancora, alla lettura; tutte hanno in verità un altro filo comune che è lo scambio tra pubblico e privato, una indicazione quanto mai necessaria e coerente con il fondamentale principio di partecipazione che è alla base di ogni vita democratica.
di Alessandro DISTANTE
Si accavallano le notizie sulle prossime amministrative. Manca ancora un anno ed è giusto e da salutare con favore che si cominci a lavorare e a parlare di possibili candidature.
Un requisito fondamentale è che i candidati, tutti, nessuno escluso, siano appassionati della Città e del bene comune. Anche a livello della politica nazionale è emerso, con evidenza, che un “politico” incarna meglio il rapporto con i cittadini, riuscendo ad entrare maggiormente in sintonia.
Nel corso degli ultimi anni era invalsa, stanti le difficili maggioranze parlamentari, l’abitudine di affidarsi ad un esterno, a personalità di grande spessore culturale e, soprattutto, economico-finanziarie (basti pensare a Monti e a Draghi) e, tuttavia, nel corso del loro mandato e neppure dopo, hanno saputo creare quella empatia che costituisce un ingrediente importante di ogni attività politica.
Da qui la necessità di recuperare una presenza di persone con la passione politica.
Ciò vale anche per i giovani che pure partecipano, anche a Tricase, alle competizioni elettorali e giungono a ricoprire posizioni all’interno dell’esecutivo oppure del consiglio comunale. Ottima realtà. Ma, anche qui, è necessario che non siano “improvvisati” e ciò sia nel senso –come si è detto sopra- che abbiano dimostrato una certa passione per la politica che, poi, è passione per il bene comune, sia che siano stati in qualche modo introdotti alle “questioni” del funzionamento del Palazzo. Peccato che non si sia dato corso a quell’iniziativa lanciata dal Sindaco De Donno in campagna elettorale con il coinvolgimento di docenti dell’Università del Salento di formazione civica e politica. Vi è stata un’iniziativa simile, promossa da una Associazione giovanile, ma è mancata una iniziativa di soggetti istituzionali aperta a tutti i giovani.
Di tempo, per fortuna, ce ne è davanti. E pertanto è necessario allargare il dibattito, andando anche oltre ai nomi dei candidati a sindaco, per interrogare la Città e per fare in modo che i cittadini conoscano progetti e magari suggeriscano anche soluzioni.
Il Volantino cercherà di fare la sua parte.
In questo senso abbiamo deciso di fare delle interviste a chi si propone oppure a chi rappresenta partiti, gruppi e movimenti che stanno elaborando programmi e candidature per le prossime elezioni.
Sarà un modo per allargare la partecipazione e contribuire alla crescita della democrazia.
Vi pare poco?
di Alessandro DISTANTE
La tempesta d’acqua e di terra che ha trasformato il mare nostro in mare rosso ha dato i suoi frutti: finalmente una comunicazione, sul social targato Città di Tricase, da parte del sindaco De Donno.
Persona certamente dotata di innate capacità comunicative, ha deciso di rompere gli indugi e di parlare ai suoi cittadini che, sconvolti se non inviperiti, non avevano mancato di far girare immagini ed esprimere netti giudizi di condanna per le opere che stanno interessando le Marine.
De Donno ha così spiegato quanto accaduto a Tricase Porto e, soprattutto, illustrato le ragioni e le finalità degli interventi, assicurando, in aggiunta, alcune varianti resesi necessarie per evitare il ripetersi di episodi che hanno fatto arrossare le acque ed arrossire…
La comunicazione è il primo passo, assolutamente necessario, in ogni sistema democratico, ed è tanto più utile quanto più è aderente ai fatti, senza infingimenti. Riconoscere che vi erano dubbi e timori sulla bontà della soluzione tecnica approvata dallo stesso Comune, è segnale di onestà intellettuale prima che politica. Il deficit di comunicazione/informazione ha caratterizzato la vita amministrativa, tanto è vero che anche per altri interventi (viabilità, lavori del basolato, piazze ecc.) non poche sono state le critiche di cittadini e gruppi, più o meno organizzati, che hanno denunciato un agire non preceduto da adeguata informazione.
L’informazione è essenziale ma non basta; la democrazia ha bisogno, per essere tale, della partecipazione e del confronto, anche conflittuale, per giungere, consapevolmente, alla adozione delle migliori scelte per il bene comune. Su questo rimane un grosso deficit.
Le promesse della campagna elettorale di forme nuove, ma regolamentate, di partecipazione, sono rimaste solo promesse. I famosi Tavoli della partecipazione non sono mai stati apparecchiati.
Ma il defit del confronto non può essere ascritto al solo Sindaco e alla sua compagine governativa, quanto anche a soggetti, istituzionali e non, che in una società con tanti corpi intermedi, ben possono o, meglio, devono svolgere questo compito.
Tanto per essere chiari: le associazioni sembrano ormai soltanto impegnate a gestire propri progetti e, possibilmente, a conseguire miseri finanziamenti; i partiti e movimenti, più o meno elitari se non addirittura personali, si risvegliano in occasione degli appuntamenti elettorali. La democrazia, in questo modo, si riduce al solo voto, peraltro sempre meno partecipato, e chi viene eletto finisce per ritenere che, siccome eletto, ha carta bianca, dovendo dar conto ai cittadini soltanto alla scadenza del mandato in occasione della propria ricandidatura.
Ma un sistema del genere non è certo un sistema democratico.
Ed allora ben venga la comunicazione e l’informazione, ma non basta. Occorre un passaggio ulteriore e necessario: la partecipazione, se si vuole che alle urne si vada con scienza e coscienza e non in sempre di meno e sempre guidati da personali conoscenze e/o convenienze
di Alessandro DISTANTE
La morte di Papa Francesco lascia un vuoto profondo e crea un’incertezza su quello che sarà.
Sono sentimenti avvertiti sia dai credenti che dai non credenti, perchè Francesco ha rappresentato un punto di riferimento per l’intera umanità.
Chi non ricorda la sua venuta ad Alessano sulla tomba di don Tonino Bello? E come non pensare alla “strana” coincidenza di una morte avvenuta il girono dopo quello nel quale molti anni prima era morto don Tonino?
Come non ricordare la premura di Francesco su tutti i temi universali, dalla pace all’ambiente, dalla globalizzazione ai temi del “vicino di casa”, fino a prendere egli stesso iniziative di aiuto diretto, per esempio con il punto ristoro per i senza tetto di Piazza San Pietro.
Un Papa che ha unito gli insegnamenti alla pratica quotidiana, con tanti segnali concreti, come la scelta di vivere in un appartamento e di utilizzare una utilitaria per i suoi spostamenti.
Una Chiesa che ha messo al primo posto l’attenzione per i poveri, divenuti non più oggetto di carità, ma soggetto intorno al quale ruota l’intera azione della Chiesa. Il richiamo ad una fede coerente con alla base un atteggiamento di fondo di speranza nella vita e nella storia.
E’ quello che vogliamo leggere in alcuni episodi di cronaca cittadina di questi giorni.
E’ bello, ad esempio, far sapere di chi offe gratuitamente i suoi limoni oppure del giovane che, vincendo la troppo rappresentata indifferenza, interviene salvando una anziana in difficoltà.
Segnali, magari piccoli, ma utili a ricordare che c’è anche un mondo buono che forse non viene mai rappresentato nelle cronache quotidiane. Esempi che lasciano ben sperare e la speranza è stato l’ultimo appello del Papa, venuto a mancare proprio nell’anno del Giubileo della speranza.
La speranza è anche quella che si ricorda in questi giorni; speranza nella Liberazione da ogni guerra perché nella guerra -come diceva papa Francesco- non ci sono vincenti e vinci ma a perdere sono proprio tutti.
di Alessandro DISTANTE
Ovviamente, a nome mio e di tutta la Redazione, gli Auguri per le prossime festività pasquali.
Eppure, specialmente quest’anno, nel farci gli auguri, non possiamo non pensare a come siamo lontani da quella pace che, legata al mistero cristiano della Resurrezione di Cristo, è divenuta valore assoluto ed indistinto per tutti gli uomini.
Le guerre in atto e l’affievolimento del processo di pace nello scontro Russia-Ucraina, da un lato, l’insorgere di guerre economico-finanziarie scatenate da quell’imprevedibile (eufemismo dovuto all’essere nella Settimana Santa) di Trump, dall’altro, non lasciano ben sperare ed al contrario fanno emergere una logica opposta a quella della pace, e cioè la logica del più forte e dell’uso della violenza come mezzo per affermare il proprio interesse a discapito di quello dell’altro.
Per non dire, poi, di quanti episodi di cronaca nera si stanno accavallando, con omicidi e femminicidi.
Anche da noi emergono situazioni di poca pace sociale se si considerano i tenti furti degli ultimi tempi oppure alcuni casi di solitudine e abbandono, oppure ancora, in campo economico, alle paure per un turismo che incontra sempre maggiore concorrenza nelle sponde frontistanti l’Adriatico, per non parlare del profilarsi di una crisi idrica che potrebbe dare il colpo di grazia ad una agricoltura già colpita pesantemente negli anni scorsi dalla xylella.
Alla speranza cristiana, al centro del Giubileo, si deve accompagnare una speranza politica che non può che sostanziarsi in una chiara prospettiva di cura del bene comune.
In questo senso è da salutare con favore che si sia dato il via ad un dibattito cittadino a distanza di un anno dalle elezioni amministrative.
Un bene, se si darà corpo ad un progetto di crescita e di coinvolgimento della popolazione e soprattutto dei giovani, chiamati ad affezionarsi al loro territorio ed a costruire percorsi di pace personale e collettiva.