di Alessandro DISTANTE
Nel numero di questa settimana un po’ di tutto: dalla notizie sulla rampa del pronto Soccorso dell’Ospedale Panico ad una ampia analisi sulla storia e le prospettive del Nosocomio; da alcune considerazioni sulle iniziative natalizie ai progetti di opere pubbliche comunali; dai severi giudizi sul commissario Fitto ai volti nuovi e noti per le prossime amministrative; dall’antico mestiere del ferracavaddhi alla concessione in uso del caicco Portus Veneris, senza trascurare lo sport, il cinema e le iniziative di solidarietà proprie del Natale. Insomma di tutto e di più.
Se si volesse cogliere un filo comune -ed è doveroso per un direttore editoriale che si rispetti- si potrebbe dire che accadono tante cose ma c’è molto poco dibattito.
Emblematica la vicenda della rampa del Pronto Soccorso dell’Ospedale (Greco a pag. 2). Un progetto che avrebbe cambiato l’assetto urbanistico di una parte della Città ma che non ha avuto l’onore di un pubblico dibattito. Bene ha fatto l’Azienda Ospedaliera a parlarne nel corso di un importante convegno tenutosi a Tricase (Ricchiuto a pag. 5).
Molto male ha fatto il Comune a non parlare alla Città del “merito” di quel progetto, fermandosi alle schermaglie politiche. Si è arrivati al poco comprensibile rinvio della seduta consiliare, che era stata appositamente convocata per approvare il progetto in variante allo strumento urbanistico, salvo poi constatare che a quel rinvio non ha fatto seguito alcuna successiva seduta consiliare, insomma un rinvio sine die. Colpa delle minoranze? Colpa della maggioranza? Quel che è certo è che il massimo organo di rappresentanza della popolazione non ha neppure affrontato l’argomento.
Tanto meno la questione ha avuto la dignità di essere trattata in qualche incontro organizzato dai così detti corpi intermedi, quali sono i partiti e movimenti. Nessuno, ufficialmente, ha preso posizione, se non per dare la colpa all’avversario di turno.
Eppure c’era tanta materia di discussione, come dimostrato proprio da questo giornale che pubblicò, due volte, un progetto alterativo con rampa all’interno dell’area già di pertinenza dell’Ospedale. Una soluzione che oggi sembrerebbe essere quella per la quale ha optato l’Azienda Ospedaliera Panico e che quindi ben poteva essere la base per un confronto, per verificare se fosse (ed oggi se sia) la soluzione migliore oppure se quella originaria dell’Ospedale non fosse da preferirsi.
Ed invece: silenzio, fino al punto che tutti ne escono sconfitti. L’Ospedale che non ha visto neppure discussa e votata la sua proposta; il Consiglio comunale che non è riuscito a discutere sulla prima o su altre proposte; la Città che ha perso un’occasione per dibattere sul suo futuro che, come il presente, ha nell’Ospedale Panico il suo fiore all’occhiello per le cure e perché fonte di reddito per tante famiglie.
C’è da chiedersi: e la tanto sbandierata politica della partecipazione? O, meglio, c’è da chiedersi: e la politica?
di Vincenzo ERRICO
Negli ultimi anni, in seguito a numerosi provvedimenti, riforme e decreti, la competenza sanitaria del sindaco, quale massima autorità a livello territoriale, si è notevolmente ridotta. Pur tuttavia rimane ancora una figura apicale cui far riferimento per la protezione sociale dei cittadini. Compito di un Sindaco sarebbe agire, controllare, e soprattutto “rivendicare” la presenza di servizi sul territorio. Presenza resa ancor più indispensabile dall’applicazione rigida del modello aziendalista alla sanità pubblica, che ha portato ad un accentramento dei servizi in poche strutture, spesso difficilmente raggiungibili da persone anziane, non automunite o non autosufficienti. Partendo dal presupposto che l’ospedale, laddove si ha la fortuna di averne uno nella propria città, non è e non dovrebbe essere l’unica sede in cui si tutela la salute del cittadino, e riflettendo sull’attuale situazione sanitaria, con lunghissime liste di attesa e conseguente affidamento alla sanità privata, emerge chiaramente l’importanza di una forte interazione tra Sindaco e Asl.
Un primo passo di una Amministrazione efficiente, secondo noi di Tricase Insieme, potrebbe essere la consultazione periodica delle rilevazioni del OIS (Osservatorio sulle buone pratiche di Integrazione Sociosanitaria) per identificare e focalizzare quelle forme di integrazione tra Asl e territorio che possano essere più idonee per la nostra città.
Il passo successivo, come già avviene per molti comuni limitrofi, sarebbe un impegno amministrativo/politico finalizzato al coinvolgimento dell’Asl nella realizzazione di CASE DI COMUNITA pilastri fondamentali, previsti dal PNRR.
Cosa sono le CASE DI COMUNITÀ?
Sono il luogo fisico, di facile individuazione, al quale i cittadini possono accedere per bisogni di assistenza sanitaria e socio-sanitaria, come le cure primarie, l’assistenza domiciliare, la specialistica ambulatoriale, i servizi infermieristici e di prenotazione, l’integrazione con i servizi sociali, la partecipazione della comunità.
Se poi, alle case di comunità si affiancasse la realizzazione della città di prossimità, (un esempio per tutti è Milano 15 minuti) un modello ad esse strettamente correlato che mira a migliorare la qualità della vita dei cittadini attraverso una forma di sviluppo urbano e sociale più sostenibile e inclusivo, si potrebbero assicurare ai cittadini tutta una serie di servizi sanitari, sociosanitari e sociali, facilmente accessibili a tutti.
A chi potrebbe replicare sostenendo la mancanza di fondi, rispondiamo che se le istituzioni fossero in grado di gestire correttamente i processi di transizione, finanziati dal PNRR, vi sarebbe la possibilità di realizzare anche a Tricase “comunità curanti”, attraverso un lavoro sinergico tra servizi sociali e sanitari, tra soggetti pubblici e del privato sociale, tra le istituzioni del territorio e le differenti professioni. Tramite l’attivazione di questi processi partecipativi, costruiti anche intorno alla co-progettazione dei cittadini- si potrebbe innalzare il livello di qualità della vita delle persone e il benessere delle comunità.
di Giovanni CARITÀ (Capogruppo Consiliare “Tricase, che fare?”)
L’attuale Amministrazione comunale della nostra città, guidata dal sindaco De Donno e dalla sua Giunta, e sostenuta da alcuni consiglieri comunali, può essere rappresentata iconograficamente con una foto dei lavori in via San Demetrio.
Pensati con una progettualità che voleva farne della strada in questione l’emblema della rinascita del centro storico, i lavori in via San Demetrio e dintorni, con il passare del tempo, si stanno rilevando sempre più un disastro, da molteplici punti di vista. Progettata, finanziata e cantierizzata ormai da diversi mesi, una tra le strade più importanti del centro storico è oggi oggetto di valutazioni più o meno condivisibili. Presenta, infatti, palesi e inopinabili criticità: lampioni non consoni con il contesto, marciapiedi inguardabili, avvallamenti più o meno visibili, un enorme dislivello nel bel mezzo della stessa e uno scivolo lungo circa venti metri impraticabile e pericoloso per i pedoni, soprattutto disabili, anziani e bambini (forse un maldestro tentativo di stalli improvvisati per automobili e/o per carico e scarico merci).
La strada, ancora chiusa con ordinanza sindacale, è finita negli ultimi giorni tra i tanti post di alcuni esponenti di maggioranza che, come nulla fosse, ne praticavano il transito pur essendo ancora area di cantiere.
Perché è accaduto tutto questo? La risposta è semplice: per la fretta di fare, di dimostrare di aver fatto, di essere vincenti.
Stessa fretta di fare e, soprattutto, di vincere le elezioni che portò nel luglio del 2020 espressioni politiche eterogenee a mettere in piedi un cartello elettorale con un unico obiettivo: vincere. Operazione riuscita sul piano del risultato, non vi è dubbio, ma rivelatasi già dopo pochi mesi un sciagura per la governabilità della città.
Nonostante gli errori, gli inciampi, più o meno prevedibili, il sindaco, con ciò che resta di quella compagine elettorale, sta procedendo verso l’ambìto traguardo, che consiste nella conclusione del mandato e nella conseguente ricandidatura alla prossima tornata elettorale. Forse avrebbe fatto bene a fermarsi prima, un anno e mezzo fa, quando il Partito Democratico, unica forza politica a sostenerlo, ha abbandonato la maggioranza per approdare, di fatto, fuori dalle istituzioni. Invece no! Il sindaco è andato avanti per la sua strada, un po' come sono andati avanti i lavori in via San Demetrio, nonostante tutto.
La caparbietà pare averlo premiato, almeno per ora. Superate le festività natalizie, foto e video auto celebrativi compresi, l’amministrazione De Donno si avvierà verso la scadenza di fine mandato, presumibilmente ottobre 2025.
Quello che accadrà nel prossimo autunno, tuttavia, non dipenderà esclusivamente dalle scelte di De Donno. Tante sono le variabili che potranno determinare il futuro della nostra città. Una di queste variabili, per esempio, potrebbe essere la compagine tutta salentina denominata CON, che governa la Regione Puglia assieme al PD, e che ha nella figura di De Donno il massimo esponente nel sud Salento. Che farà CON? Lo scopriremo vivendo. Altre variabili potrebbero segnare il domani prossimo venturo di Tricase. Tutte variabile che incideranno pesantemente sulle scelte da compiere, soprattutto se la politica cederà nuovamente il passo alla fretta e, peggio ancora, all’inseguimento della vittoria elettorale ad ogni costo.
C’è una strada diversa da praticare? Certamente! È una strada in salita, che richiede fatica, ascolto, condivisione, tempo. Ecco, questa strada è quella che una possibile coalizione alternativa a De Donno ha l’obbligo di intraprendere, facendo attenzione alle uniche vere variabili che in politica fanno da sempre la differenza: la tempistica e la credibilità.
di Pino GRECO
A proposito di Tricase al buio…
Alcuni cittadini ci segnalano una cena a luci soffuse o spente…in mezzo al parco di via Pirandello: “ Le luci soffuse sono un ingrediente fondamentale di una cena romantica. L’effetto “ lume di candela” crea senza dubbio l’atmosfera giusta…”.
Che dire una serata intensa ed emozionante…
di Giuseppe R. PANICO
Fra guerre che già insanguinano l’Europa, altre guerre che avanzano in Medio Oriente, (ora anche in Siria), altre ancora che si temono nel Pacifico (USA-Cina), nuove crisi coreane, clandestini che preferiscono integrarci e non farsi integrare, sindacati che intendono rivoltare i ‘Italia e fabbriche di auto che chiudono, sembra che pace e tranquillità, ricercate da tutti, almeno a parole e soprattutto a Natale, continuino a stare ben lontane. In paese, dovremmo essere comunque un po’ contenti nel sapere che la nostra linea ferroviaria, in aggiunta all’allargamento della SS 275, verrà elettrificata e la stazione ammodernata.
Ma con fondi PNRR, presi a prestito dall’Europa per fini produttivi e, dunque, da restituire con i dovuti interessi. Contenti lo saremmo ben di più se qualche esperto in materia ci illustrasse, con evidenti dati e concrete analisi, a quanti potrà servire tale ammodernamento, visto, peraltro, che la popolazione si riduce e invecchia, pendola molto meno verso Lecce e viaggia su gomma.
Si va, dunque, nel mantenere nel Sud Salento, carrozze e stazioni deserte, enormi vincoli territoriali ed urbanistici ed ingenti sprechi. Da noi, poi, l’alta massicciata ferroviaria è come una muraglia cinese che tiene ben separate le frazioni di Tutino e S. Eufemia. Separazione mai mitigata, in tanti decenni, né da un passaggio a livello meno duraturo, né da un ampliamento della prospicente viabilità, (ristretta, subito dopo il passaggio a livello, verso S. Eufemia e assenza di marciapiedi).
Lo stretto varco sotto il ponte di Tutino ci immette poi in una urbanistica da tempo antico e con difficile transito. Due scarni e ben lontani accessi, dunque, da/per due antiche comunità ed una vastissima, inutilizzata e recintata area ferroviaria che quasi nessuno frequenta. Per cultura diffusa o interessi, pare che non siamo molto portati a dibattere sul futuro, come anche sull’uso del nostro pubblico denaro e pubbliche risorse. E così quei pochi ragazzi che facciamo venire al mondo, da sempre meno coppie e matrimoni, e che spesso poco educhiamo e formiamo, in gran parte ci abbandonano diretti altrove.
Luoghi e città ove dinamismo e lungimiranza hanno già fatto buon uso anche delle aree ferroviarie in eccesso, come l’area di Porta Romana a Milano. Del PUG si parla tanto, quasi come della pace e, come questa, tutti lo vogliono ma in tanti lo ostacolano o ritardano. E così, nemmeno quest’anno, né i Re Magi né Babbo Natale, ci porteranno in dono pace e PUG. Forse la Befana che, con più tempo, più anziana, più povera e più avveduta e arrivando su una scopa, sarà più lesta a spazzar via cattivi e cattiverie, spreconi e ciarlatani. Intanto, alzando gli occhi al cielo, vediamo che ci crollano addosso i Cinque Stelle, con i loro “Vaffa” e le loro comiche, come pure, ben più disastrosamente, gli “Stellantis” con le loro auto.
Sperando, almeno a Natale in quel mondo migliore che nessuno pare capace o ben deciso creare, non ci resta che Palazzo Gallone. Per un mondo almeno in effige, grazie a nuovi Michelangiolo, Raffaello, Caravaggio od altri che in erba, con nostri mille euro per l’acquisto di qualche centinaio di bombolette a colori, avranno come tela, un bel muro in paese da trasformare in opera d’arte.
Speriamo che attiri più turisti, ora avvantaggiati, sempre a nostre spese, anche da un bel pullmino elettrico. Intanto, se i binari morti o moribondi dovranno sopravvivere, anche a ricordo degli scandali FSE del passato e della moderna lungimiranza, potremmo, almeno, provare a… “rivitalizzarci”, se non verso l’agognato mare, almeno verso Tutino e S. Eufemia.
Con un sottopassaggio carrabile a doppia corsia e marciapiede, a prosecuzione del Viale della Stazione, Faciliterebbe il collegamento con le due frazioni ed oltre, l’ingresso in paese e verso piazza Cappuccini e snellirebbe via Roma.