di Alessandro Distante
Questa volta si voterà di sabato pomeriggio e di domenica; è una conquista democratica pure questa, perché il calendario della politica prende atto del calendario dei nostri tempi. Ormai il sabato è più che festivo ed anzi - per dirla con il Poeta- questo di sette è il più gradito giorno.
Il leopardiano “sabato del villaggio” trova dignità politica e chissà se questa novità e questa riconosciuta bellezza della vigilia del dì di festa servirà ad aumentare la partecipazione al voto.
La campagna elettorale, anche a Tricase, non ha visto particolare fermento. Pochissimi gli incontri pubblici in Piazza (i tradizionali comizi) ed ancor più assenti i momenti di confronto sui temi europei.
Eppure mai come in questo momento l’appuntamento elettorale potrebbe dare una indicazione forte e irrobustire una Istituzione nata dopo due gravi conflitti mondiali e che è stata la risposta, sino ad ora vincente, pacifica e non violenta alla forza delle armi come modalità di soluzione dei conflitti.
Una Europa forte, legittimata dal voto, che contagi della sua idea primigenia il … resto del mondo. La convinzione che lo stare insieme serva non per difendersi ma per eliminare alla radice le ragioni del confliggere; l’idea che, sedersi in un Parlamento, sia l’unica strada per risolvere beghe nazionalistiche, che il conoscersi, il parlarsi, il discutere sia la vera alternativa all’uso della forza e delle armi.
Un’Europa che non si appiattisca sulle ben diverse logiche della NATO, un’alleanza militare difensiva dove la difesa, quando scoppia un conflitto armato, ha difficoltà a definirsi e limitarsi.
L’Europa è poi la principale “cassaforte” di ogni finanziamento e quindi di ogni politica di sviluppo. Andiamo a votare dopo il Covid, causa di un’epidemia che ci ha fatti sentire “tutti sulla stessa barca” e che poi ha generato il PNRR, strumento di finanziamento per il futuro delle prossime generazioni e per lo sviluppo di alcune aree depresse come il nostro Sud.
Come è possibile che si vada al voto senza riflettere e senza discutere sulle logiche di sviluppo, sugli strumenti di finanziamento, quando l’Europa è l’ossigeno per immaginare investimenti e delineare scenari di crescita?
La questione ecologica trova in Bruxelles il principale luogo di dibattito e di scelte; e si tratta di provvedimenti che condizioneranno il nostro futuro e le nostre vite quotidiane: basti pensare all’auto ed ai mezzi di trasporto, alla casa e alla classe energetica, alle coltivazioni nei campi alle tecniche di allevamento, il cibo e i rifiuti.
Di tutto questo avremmo voluto sentir parlare e magari avremmo voluto discutere in questa campagna elettorale.
Un’occasione persa dunque? Non è detto, se si andrà numerosi alle urne e se, oltre a crociare un simbolo ed esprimere una o, meglio, tre preferenze, si rifletterà e si farà riflettere sul nostro futuro; sarà il segnale, se non la prova, che il voto è la vera arma per decidere della nostra vita e per evitare –sempre per dirla con il Poeta e parafrasandolo- che diman tristezza (e noia) rechino l’ore.
4 luglio 2024 – Ore 20,30
Piazza don Tonino Bello - Tricase
PREMIATO PIERGIORGIO GIACOVAZZO
CHI E’ IL PREMIATO
Nato a Roma il 3 gennaio 1970, è entrato in RAI nel 1997 e nella Redazione del TG2 ha ricoperto il ruolo di telegiornalista nelle edizioni più centrali.
Di particolare importanza i suoi recenti servizi dall’Ucraina; dopo lo scoppio della guerra con la Russia, Giacovazzo è rimasto l’ultimo giornalista RAI sul fronte di guerra, benchè la RAI gli consigliasse di fare ritorno a Roma per evitare rischi.
La sua scelta, indubbiamente coraggiosa, è stata premiata dallo studio curato dal sito specializzato in comunicazione Spot and Web: Giacovazzo è risultato il telegiornalista più amato dagli italiani come indicato dal 18% delle preferenze ottenute su un campione di 560 italiani tra i 18 e i 65 anni.
Giacovazzo è redattore e spesso conduttore della rubrica settimanale “TG2 Motori” ma è un appassionato anche di biciclette e soprattutto di mountain bike.
E’ stato anche capo dell’Ufficio Stampa del campione die motociclismo Max Biagi.
Poco dopo l’invito da noi rivoltogli a venire a Tricase per ritirare il Premio è stato protagonista, mentre conduceva l’edizione del TG2, di un famoso “fuori onda” sulla figlia di Fiorello; un “incidente” che ha accresciuto la sua popolarità ed ha consentito al Nostro di esprimere “pubblicamente” quanto moltissimi spettatori pensavano.
di Carmine ZOCCO
Ogni scelta toponomastica rappresenta sempre un consapevole e delicato atto di politica della memoria scolpita nel marmo delle strade e nella storia di una città.
Queste scelte accompagnano i nostri percorsi quotidiani. Che siano i luoghi dei nostri giochi da bambini o degli incontri che scandiscono le tappe della vita, le denominazioni delle strade o piazze si imprimono nella nostra memoria. A volte si legano inscindibilmente a prodotti letterari(I ragazzi della via Pal, Quer pasticciaccio brutto de Via Merulana), musicali (Il ragazzo della via Gluck), generazioni di scienziati (i ragazzi di via Panisperna) o eventi drammatici che hanno segnato la storia recente(Piazza Fontana, Piazza della Loggia, Via Fani).
Alla domanda su quali opere, gesti o meriti abbiano espresso le personalità che popolano le targhe stradali delle nostre città, le risposte possono essere molteplici ma accomunate da un stesso criterio di valutazione: nel corso della loro esistenza si sono distinti per valori e virtù che sono da tramandare alle generazioni future. L'attribuzione del loro nome a un luogo pubblico è un riconoscimento al contributo che hanno dato all’evoluzione dell’umanità, nella dimensione economica, politica e culturale.
Occorre tener presente che questa operazione è talvolta ispirata dal clima politico-culturale del tempo in cui avviene. I modelli proposti saranno quelli che il potere e la cultura dominante vorranno far vivere e tramandare nell'immaginario collettivo.
Se questo è il criterio condiviso, come attivare la nostra sensibilità di contemporanei per ovviare all'assenza di intitolazione a persone che hanno segnato la storia recente per il valore delle loro azioni?
E come, invece, ovviare alla contraddizione lampante della persistenza nelle targhe delle ns strade di personaggi che non sono portatori delle virtù citate, che sono stati fautori di azioni e pensieri deprecabili o addirittura di crimini contro l’umanità?
È esemplare a tal proposito l'assenza di una strada/Piazza dedicata a G. Matteotti, di cui quest'anno ricorre il centenario del suo brutale assassinio per mano fascista, nonostante il Consiglio Comunale abbia già deliberato all’unanimità il 30 maggio 2023 per colmare questa mancanza.
Al contempo, è presente in Depressa una strada intitolata a Rodolfo Graziani. È stato un generale fascista e governatore nelle colonie africane di Etiopia e Libia, dove si è macchiato di crimini di guerra per l'uso del gas nervino e di rastrellamenti e uccisioni di civili inermi. Dal
1943 al 1945, a capo delle forze armate della Repubblica Sociale Italiana, è stato solerte per colmare questa mancanza collaboratore dell'esercito nazista nella lotta contro i partigiani, nelle deportazioni verso i campi di sterminio e nelle rappresaglie contro i civili italiani. I suoi misfatti sono stati riconosciuti dal Tribunale dell’ONU contri i crimini di guerra.
Che sia stata frutto di superficialità, ignoranza o, peggio, fatta a ragion veduta poco importa. Non è ammissibile, invece, che persista in una città che ha conferito la cittadinanza onoraria alla senatrice Liliana Segre.
E’ necessario, perciò, il duplice atto di ripristino dell'intitolazione a Matteotti e della rimozione di quella a Graziani.
L'opportunità è nel futuro immediato: il 10 giugno, data del delitto Matteotti.
Farlo non è solo un doveroso risarcimento civile, ma può aiutare anche a orientarsi tra le strade e i vicoli ciechi del nostro presente.