di Giuseppe R. Panico

Nella storia e nelle campagne di Tricase vi sono (o vi erano ben più numerosi) tre arborei protagonisti che, ben più di altri, hanno inciso sulla nostra economia ed immagine.

Nel lontano passato, erano le querce vallonee.

Di quella dei “cento cavalieri”, spesso simbolo pubblico e privato della nostra incuria e disattenzione, si è spesso parlato, come anche della nostra “vocazione turistica” nel valorizzare ricchezze storiche e naturali.

Chissà se Palazzo Gallone vorrà accordarsi con i proprietari per ripulire quegli spazi, completare le opere interrotte e predisporre idonei servizi. O magari sarà qualche scuola, ove tanto si parla di ambiente e natura, a voler adottare quella quercia. Sulla costa vi erano tanti ulivi, anche secolari, ove la xylella fastidiosa sembrava lenta a diffondersi e progredire.

Forse il sapore di sale e quello di mare, così gradito a turisti e paesani, lo è meno per l’aggressivo batterio che sembra preferire l’entroterra.

Il crescente abbandono delle campagne ha reso poi gli ulivi facile preda degli incendi boschivi e l’importazione di enormi quantità di olio di oliva, un tempo la nostra ricchezza, ha reso meno competitivo l’olio nostrano.

Gli eccessivi vincoli ambientali, la burocrazia, le indecisioni politiche e la scarsa capacità di utilizzare proficuamente i fondi europei, continuano inoltre ad osteggiare un più ricco e moderno sviluppo turistico e nuovi insediamenti costieri. Confindustria Turismo aggiunge pure che, per investire in Puglia e dunque anche da noi, ci vuole proprio coraggio.

Il nostro tricasino modello di sviluppo poi, ancora privo di un credibile piano urbanistico-costiero e portuale, come anche di chiare e motivate intenzioni su quello che si vorrebbe fare, di certo non aiuta; se non per creare lavoro, almeno per darci speranze.

Ci mancava il tornado a buttare giù anche tanti ulivi e la propensione a piantarne di nuovi non sembra affatto diffusa, né molto incentivata. Il terzo protagonista è il pino marittimo che campeggia sullo stemma cittadino.

Di pini ne era piena la costa e la loro ombra attenuava l’estiva calura. Dal mare, al largo, era bello volgere lo sguardo verso terra e accarezzare con gli occhi quel vellutato manto verde, retto da alti fusti elevati al cielo ed ove lo starnazzare delle “ciole” dava voce al silenzio della natura.

Ma questa ha saputo dare una forza possente alla sua occasionale violenza, quasi a ricordarci che, pur vivendo noi in un territorio baciato dalla sorte, perché esente (o quasi) da terremoti, tsunami, alluvioni o altri disastri, che nella vita nulla è scontato.

Oggi le nostre due marine prive quasi di querce, con tanti ulivi abbattuti e moltissimi pini strappati alla terra ed alle rocce e rovinosamente caduti, sembrano come due affrante ragazze, un tempo belle, leggiadre e ben vestite di verde.

Quegli abiti sono stati loro strappati, poi denudate, ferite e violentate. Necessitano di tempo ed aiuto per riprendersi dai danni al corpo ed alla mente e non sempre si riesce. L’erba della ormai prossima primavera coprirà di verde le loro escoriazioni, ferite e antiche vergogne (edilizie). Alcune rimarranno aperte, con il rischio di infettarsi e infettare il territorio se proprietari e istituzioni saranno ancora inerti e demotivati.

Il tornado potrebbe invece dare stimolo e sprone verso un auspicabile “rinascimento”, all’insegna un nuovo “brand”, quello di una Tricase sulla costa e sul mare che sa reagire e ben curarsi per una estate in arrivo, pur con un sole poco ombreggiato per meno alberi, e con un mare che da sempre invita a “fare futuro”.

Ma l’idea del “rinascimento” in fondo non ci appartiene, come anche, da molti decenni, la voglia o capacità di sviluppo.

Chissà se il tornado, oltre a scompigliarci i capelli, ci ha rinnovato il pensiero.

Ma non solo quello dei rimborsi con bigliettoni mitici e milionari per coprire ferite vere o presunte e vergogne certe. Senza questi, senza gli alberi di fico, ormai radi pure loro e d’inverno senza foglie, senza le palme distrutte dal punteruolo rosso, non rimare che coprirle o strofinarle con i tanti fichi d’india.

Forse è il deserto che avanza, ma più quello umano che, senza concreti e rapidamente eseguibili piani per il “rinascimento” costiero e turistico, non può che riservarci un futuro da cactus.

“L’Italia deve correre” diceva in questi giorni il nostro premier Conte.

Ma per correre e non arrivare sempre ultimi, bisogna affidarsi a gambe allenate, teste sane e in grado di dar loro la giusta direzione e, soprattutto, avere meno spine politiche nei fianchi.

20 ottobre 2018      

“ Voglio scrivere lettere a mano ai miei pochi amici , a chi avrebbe piacere a riceverle. Non voglio morire tecnologico, non mi interessa. Le lettere scritte a mano sono i sorrisi delle belle persone. Ho solo bisogno di reperti archeologici:indirizzo, codice di avviamento postale,etc...capisco la difficoltà, ma sarete sorpresi dalla felicità di ricevere una lettera. “

Con questo post su facebook, quattro mesi fa , iniziò l’avventura delle Buste Gialle.

Fino ad oggi, su richiesta, ho scritto e spedito più di 150 lettere, ne ho ricevute un centinaio.

Le Buste Gialle sono le persone  che scrivono a mano , che non si vergognano di fare un salto all'indietro nella storia , che scrivono anche senza " like " , che scrivono semplicemente per scambiarsi opinioni , senza gridare, senza insultare, senza esibizioni.Persone che scrivono per dare un senso più completo alla loro amicizia , perchè hanno bisogno di esprimersi , di essere ascoltate, di avere rapporti più veri e non virtuali.

Mai avrei pensato di ricevere lettere da tanti alunni del tempo che fu, sono stato sommerso di buste gialle provenienti dal Regno Unito,dall’Olanda, dalla Svezia, dalla Repubblica Ceca, dalle tante sedi universitarie del nord .

Alunni diventati professionisti , ma costretti ad emigrare all’estero per veder riconosciuto il loro valore, per ricevere giuste retribuzioni e non vivere condizioni di eterna subordinazione e sfruttamento.Alunni che stanno per laurearsi e si interrogano sul loro futuro.

Ho ritrovato, con le Buste Gialle, amici dei miei ventanni ed è stato bellissimo ricevere foto dei momenti storici della gioventù.

La lettera più tenera che ho ricevuto è stata quella di mia sorella, ormai novantenne,che continua imperterrita a leggere almeno due libri al mese. Particolare non trascurabile , oltre ad insegnare Arte e Disegno, fu maestra di calligrafia. Che dire , prometto che risponderò a chiunque mi scriverà e spero di essere un utile interlocutore , ma soprattutto ascolterò con attenzione ciò che le vostre penne scriveranno. Non isoliamoci, una busta gialla non può risolvere i problemi, ma può essere una delle ultime frontiere della comunicazione reale non tecnologica. Restiamo umani, restiamo vicini.

Pasquale Santoro

Via Nardofaso, 31 – 73039 Tricase

di Francesca Longo

Con riferimento alla notizia di stampa riguardante la situazione della viabilità nella frazione di Depressa, ritengo opportuno precisare quanto in appresso.

Come evincibile anche dai recenti interventi infrastrutturali, è costante l'impegno rivolto a migliorare la sicurezza della circolazione stradale ed a garantire la piena fruibilità a tutti gli utenti della strada.

Nello specifico, la Via Brenta, principale asse viario di accesso per chi proviene dal capoluogo, è sede di buona parte delle attività commerciali presenti, nonché densamente popolata da residenti.

Ad oggi, l’unica richiesta pervenutaci è quella dei commercianti, i quali chiedono che non venga presa in considerazione l’ipotesi ventilata negli ultimi mesi.

Allo stato sono al vaglio diverse proposte, al fine di giungere ad una soluzione che possa avere la più ampia condivisone, della cittadinanza e dell’amministrazione, con l’obiettivo di contemperare le esigenze della circolazione stradale e le legittime aspettative di imprenditori e residenti.

Pertanto, l’attenzione sarà aumentata e nulla verrà tralasciato, confermando ai cittadini il fattivo impegno nella valutazione di tutte le proposte concretamente realizzabili.

di Pino Greco

CAMPARI E CAMPARE….A VOLTE NON E’ FACILE….

Bene.Campari sceglie anche Tricase per il  nuovo spot.

Male.Campare a Tricase a volte non è facile.

Mentre Piazza Pisanelli era bloccata per le riprese dello spot pubblicitario, unaforte protesta di una famiglia:

“La salute e la vita, prima di tutto. Altro che non farci sfuggire una grande occasione di promozione della nostra Città, noi non vogliamo farci sfuggire la vita”.

Una anziana signora salvata grazie all’intervento di un familiare che ha trasportato a piedi e sulla propria spalla una bombola di ossigeno indispensabile per la vita della donna.

E’ accaduto il giorno dello spot della Campari nel centro storico di Tricase.

Giovedì 28 febbraio, i soccorritori non hanno potuto raggiungere con il proprio mezzo l’abitazione dell’invalida signora perché erano tanti i disagi legati alla interdizione del transito e della sosta dei veicoli che interessavano strade e piazza del centro storico.

Disagio che ha rischiato di trasformarsi in tragedia.

Le lamentele non sono limitate ad un episodio:

Nel centro storico di Tricase, negli ultimi due anni, il disagio –si sfoga qualcuno- è quotidiano; in particolar modo quando si vive con persone che hanno bisogno di assistenza. E’ vergognoso che i lavori vadano così a rilento, la salute e la vita dei cittadini prima di tutto, altro che non farci sfuggire una grande occasione di promozione della nostra Città, noi vogliamo non farci sfuggire la vita

Segnalazioni dei cittadini:

ATTENZIONE ALLE BUCHE !!!

VAI PIANO E NON BESTEMMIARE…

DIO TI SENTE…

IL COMUNE NO !!!

di Nunzio Dell'Abate

Con nota protocollata in Comune il 5 luglio dello scorso anno una Associazione, costituitasi appena sette mesi prima, richiedeva in comodato gratuito per dieci anni i locali comunali in Piazzetta Dell’Abate n.4 facenti parte dell’ex Convento dei Padri Domenicani, dai quali era stata fatta sloggiare l’Associazione Nazionale Marinai d’Italia. Nello stesso giorno del 5 luglio 2018 la Giunta Comunale, con delibera n.187, acconsentiva alla richiesta.

La Pro Loco Tricase con due distinte note, una protocollata il 14 febbraio e l’altra il 21 settembre dello scorso anno, richiedeva al Sindaco Chiuri la concessione dei locali comunali in via S. Spirito nn.5/7, sempre facenti parte dell’ex Convento dei Padri Domenicani. Ad entrambe le note il Sindaco non dava riscontro. Eppure la Pro Loco è l’associazione tricasina per antonomasia, il braccio operativo dell’Amministrazione Comunale, il cui riconoscimento “quale strumento di base all’attività turistica e di collaborazione” è sancito dallo stesso Statuto Comunale all’art.31.

Una Pro Loco che da un paio di anni a questa parte si sta distinguendo per una interessante ed impegnativa attività di promozione del territorio, tutela del patrimonio artistico storico ed ambientale e valorizzazione delle tradizioni autoctone.

Tra le più significative, in sinergia con associazioni ed enti vari, si ricordano: il Progetto Agrifood per incentivare e valorizzare coltivazione e consumo dei prodotti tipici locali, culminato con la richiesta di riconoscimento formale di Cucuzzella quale maschera ufficiale del Comune di Tricase; la prima gara gastronomica di Cucina Tradizionale del Territorio di Tricase per la riscoperta dei piatti tradizionali; il servizio di informazione turistica per la sentieristica del parco con un infopoint dedicato; la gestione in convenzione gratuita con il Comune di Tricase della Torre Piccola per la sua fruizione turistica.

Come è noto che il sodalizio ha ormai conseguito piena stima e fiducia da parte dell’U.N.P.L.I. Provinciale e Regionale, tanto che la scorsa estate Tricase è stata scelta quale sede per celebrare la VII° edizione di Puglia Tipica, il più grande evento itinerante dell’U.N.P.L.I. Puglia che ha visto giungere in città per un intero week end circa una ventina di Pro Loco da ogni parte della regione, con un notevole flusso di turisti ed indubbio ritorno di immagine.

La volontà dell’U.N.P.L.I. di investire sulla Pro Loco di Tricase si è da ultimo concretizzata anche con la disponibilità di dislocare almeno una propria unità del servizio civile e di trasferirvi la sede del comitato provinciale U.N.P.L.I., che diventerebbe il punto di riferimento di tutte le Pro Loco provinciali con intuibile ritorno sotto ogni punto di vista per l’intero territorio.

Ecco la ragione della nostra interrogazione consiliare protocollata il 28 febbraio scorso all’attenzione del Sindaco affinchè motivi questa disparità di trattamento ed accolga senza altro indugio la legittima istanza della Pro Loco Tricase, prestandole la più ampia collaborazione nel perseguimento degli obiettivi sociali che ritorneranno di sicuro beneficio per la città.

di Pino Greco

E’ stata depositata in questi giorni la sentenza del TAR di Lecce relativa alla procedura di vendita dei terreni del complesso ACAIT.

Secondo i Giudici Amministrativi bene ha fatto il Comune di Tricase a dichiarare la decadenza della Società, aggiudicataria della gara indetta nel 2003.

Era fine novembre del 2002 quando il Comune di Tricase decise di acquistare il complesso ACAIT, storica cooperativa di inizi Novecento poi messa in liquidazione.

Per finanziare l’acquisto l’Amministrazione Coppola decise di alienare parte dei terreni circostanti i capannoni e a tal fine bandì una gara che si concluse con l’aggiudicazione alla società Itaka al prezzo di € 1.275.000.

Tuttavia la Società, dopo aver versato una cauzione di € 120.000, non rispose alle varie diffide alla stipula dell’atto di trasferimento sollevando varie questioni, tra le quali anche la non condivisione del Piano Particolareggiato approvato dal Comune.

L’Amministrazione, a quel punto, decise la decadenza dalla aggiudicazione ed incamerò la cauzione.

Da qui un complesso contenzioso innanzi al TAR ed al Tribunale Ordinario con la richiesta di una pronuncia che decretasse la illegittimità della condotta del Comune e della dichiarazione di decadenza e la condanna del Comune a trasferire i terreni ad un prezzo inferiore rispetto a quello della gara oppure al risarcimento danni per 5 milioni di euro.

Il TAR di Lecce ha rigettato tutte le richieste della Società così dando piena ragione al Comune difeso dall’avv. Alessandro Distante.

Intanto il Comune, nel corso dei circa 15 anni di contenzioso, ha destinato i terreni a parco cittadino realizzando un intervento nel cuore della Città collegando il complesso ACAIT con i locali della Biblioteca comunale di via Micetti e con il Parco di zona Lama.

A Tricase la Festa della donna 2019 è Wow-Wellness of Women sulla salute e il benessere delle donne.

Evento organizzato dall’ospedale Panico, dal Comune di Tricase e dalla Diocesi Ugento-S-M-di Leuca.Percorsi  formativi e incontri con professionisti di più settori sotto il segno del fare prevenzione.

Sarà una giornata del benessere al femminile a 360 gradi che inizierà alle ore 9 fino alle ore 21 a Palazzo Gallone.

 

 Alessandra Ferrari Presidente Commissione Pari Opportunità del Comune di Tricase:

 “diventasse un motivo per sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema della salute in senso lato e durante tutto l’anno. Una giornata di grande utilità strutturata su più piani, in modo dinamico per coinvolgere la popolazione su tematiche delicate e importanti. Un appuntamento che l’amministrazione, che ricordiamo avere un’ ampia rappresentanza femminile in Consiglio, ritiene di grande rilevanza  e per il quale ringraziamo particolarmente la dott.ssa D. Romualdi  ideatrice dell’evento”.

La mia colonna di Alfredo De Giuseppe

Si parla diffusamente in questo momento di dare “maggiore autonomia” alle Regioni.

Come tutte le riforme degli ultimi anni, anche questa viene condita da una rassicurante espressione linguistica, da due slogan facili ad uso e consumo dei fans e da quattro veloci comparsate televisive. Cosa c’è dietro queste parole vuote, che pure sembrerebbero andare verso i desideri degli italiani?

Emerge con chiarezza l’antica voglia delle parti più ricche del Paese di non condividere il proprio benessere con altre zone più povere, (che invece accettano il tutto come destino incontrovertibile). Questa eventuale (sciagurata) riforma si innesta però in uno Stato complesso dal punto di vista istituzionale, burocratizzato e parcellizzato. Si vuole, ancora una volta, aggiungere un qualcosa senza toccare quello che di sbagliato e non funzionante sopravvive sulle nostre teste.

L’Italia, dopo la sommatoria di tentate riforme, da un punto di vista istituzionale ha questi numeri: 7.915 Comuni, 80 Province oltre a 14 aree metropolitane e a 13 ex provincie delle Regioni a Statuto speciale, per un totale di 107. Poi ci sono 20 Regioni di cui 5 a Statuto speciale. Nel 2014 è stato introdotto il concetto di Area Vasta, di cui al momento non si conosce il numero effettivamente operativo.

Non possiamo dimenticare però che all’interno di questi Enti vi sono una pletora di organismi da far paura: 87 ATO (ambiti territoriali ottimali) per i Rifiuti; 69 ATO Acqua; 48 Autorità di bacino; 150 Consorzi di bonifica; e poi infine circa 3000 società partecipate a vario titoli da Enti Istituzionali.

Ora, a parte il salutare ripasso di Educazione Civica, c’è da chiedersi: può reggere tutta quest’impalcatura? Ci sono i fondi necessari? C’è La giusta competenza e le corrette responsabilità amministrative su ogni singola decisione operativa?

Partiamo da un solo esempio: nel 2014 Del Rio firmò una riforma che prevedeva l’eliminazione delle Province; il referendum del 2016 bocciò tale riforma lasciando le Province in una specie di limbo, come Ente di secondo livello non votato dai cittadini ma dai consiglieri comunali di ogni Comune.

Nel frattempo sono stati ridotti drasticamente i finanziamenti annuali da parte dello Stato centrale, lasciando loro però la piena competenza su strade provinciali e scuole superiori. In pochi anni si son visti gli effetti: ponti caduti, scuole senza manutenzione, strade interrotte e ormai senza alcuna cura. Del resto in capo alle Provincie ci sono 132mila chilometri di strade e 1918 ponti (di cui 802 presentano segnali di usura e pericolo) e 5.100 scuole (di cui ben il 60% senza certificato incendi).

Un serio programma di governo dovrebbe iniziare dalla riflessione su questi dati.

Lì dentro c’è la vita delle persone e la possibilità di una vera spending-review.

Se ci fosse in Italia una forza politica capace di approfondire gli argomenti, di formare una classe dirigente accorta e tecnicamente preparata, di affrontare il giudizio degli elettori senza abbindolarlo con promesse eclatanti, se tutto ciò fosse reale, noi potremmo avere finalmente l’idea di uno Stato più organizzato, più efficiente, più vicino ai nostri bisogni.

Nell’epoca del web molte soluzioni organizzative vanno ripensate, alcune cose eliminate, a quasi tutte va tolta quella patina ottocentesca (timbri, marche da bollo, atti notarili) che blocca ogni vera innovazione.

Tanto per giocare, comunque dico la mia. In un futuro non tanto remoto, stando dentro un’Unione Europea sempre più politica, vedrei i Comuni come entità non inferiori a 30.000 abitanti: oggi ci sono Comuni di mille abitanti che necessitano della stessa organizzazione, di uffici e funzioni dei Comuni di centomila abitanti. Rafforzerei poi il ruolo delle Province: in primis è l’identificativo reale e storico per ogni abitante italiano; questo Ente potrebbe incorporare una serie di attività oggi demandate ad altri Enti, vedi l’organizzazione provinciale della raccolta dei rifiuti, dei consorzi di bonifica ed altro.

Le Province hanno già sedi storiche, competenze e organizzazioni per spiccare un salto di qualità.

A questo punto eliminerei le Regioni, come vero Ente inutile in quanto dovrebbero essere le Province ad interfacciarsi con i vari ministeri, che avrebbero il compito di uniformare le modalità operative di ogni comparto in tutta Italia. La sanità uguale in tutto il Paese, così come la scuola, l’assetto del territorio, le tasse, gli stipendi, le pensioni e i trasporti. Non venti diverse Italie ma una sola, ben strutturata, coordinata con l’Europa, la nostra grande casa madre.

Insomma un progetto di nazione che è quasi l’opposto di quanto progettato in questi ultimi trent’anni, durante i quali seguendo le sirene secessioniste di Bossi si è continuamente minato il concetto di Stato unitario e di comunità coesa. Non maggiore autonomia a potentati locali, ma un’efficiente organizzazione statale, meno costosa e meno parcellizzata dell’attuale.

Se ci fosse una seria forza politica, che davvero volesse cambiare l’Italia e non inseguirla nelle sue peggiori pulsioni…

REDDITO DI CITTADINANZA: CI SIAMO. MA ATTENZIONE ALLE PENE!

di Carlo Errico

Con il Decreto Legge 28 gennaio 2019 n.4 il governo ha dato il via libera, d’urgenza, alle disposizioni in materia di Reddito di cittadinanza (abbreviato: Rdc).

E’ l’art. 1 a definirne le funzioni essenziali, non mancando di specificare che da Reddito di cittadinanza si trasforma in Pensione di cittadinanza per i nuclei familiari composti esclusivamente da uno o più componenti di età pari o superiore a 67 anni (adeguata agli incrementi di speranza di vita).

Tralasciando il funzionamento del nuovo istituto (che decorrerà in concreto dal mese di aprile 2019), desidero sollecitare una particolare attenzione al complesso sistema sanzionatorio delineato dall’art. 7 del D.L. n.4/2019, che punisce, sostanzialmente, tutta una serie di comportamenti (e sempre che il fatto non costituisca più grave reato) finalizzati ad ottenere indebitamente il beneficio del Rdc (o Pdc).

Ciò che balza evidente è la scelta del rigore estremo operata dal governo. La scelta tra sanzione amministrativa e sanzione penale si è concretizzata a favore di quest’ultima, e della specie più afflittiva (delitto, e non la meno grave contravvenzione), con pene che vanno da un minimo di 2 anni ad un massimo di 6 anni di reclusione per una serie di comportamenti in sede di domanda di Rdc che vanno dal rendere o utilizzare dichiarazioni o documenti falsi o attestanti cose non vere, alla semplice omissione di fornire informazioni dovute.

Leggermente inferiore la pena prevista (dal minimo di 1 al massimo di 3 anni di reclusione) per l’omessa comunicazione delle variazioni di reddito o del patrimonio o di qualunque informazione dovuta e rilevante ai fini della revoca o della riduzione del beneficio, con una totale parificazione, ai fini della consumazione del reato, tra l’omissione vera e propria e il semplice ritardo rispetto ai termini previsti dalla normativa.

Alla condanna in via definitiva per i reati suddetti consegue di diritto l’immediata revoca del Rdc, con efficacia retroattiva ed obbligo di restituzione di quanto indebitamente percepito. Accanto alle sanzioni penali ed alla revoca del beneficio, la norma prevede poi (comma 4. art. 1 D.L. n.4/2019) che alle dichiarazioni accertate come non vere e alla omessa (o ritardata) comunicazione di qualsiasi intervenuta variazione rilevante (reddito, patrimonio, composizione del nucleo familiare dell’istante), consegua allo stesso modo la revoca retroattiva del beneficio con obbligo di restituzione.

E non basta: è prevista la decadenza dal beneficio (quindi, non la revoca; non c’è obbligo di restituzione), totale o parziale per tutta una serie di comportamenti di uno qualsiasi dei componenti il nucleo familiare del beneficiario, sostanzialmente legati all’obbligo di mantenersi disponibili al lavoro e all’aggiornamento professionale, oppure allo svolgimento di lavoro in nero (sarà compito dell’INPS competente ad irrogare le sanzioni diverse da quelle penali e a recuperare l’indebito).

Insomma, ce n’è per tutti! Al di là di una palese foga sanzionatoria e della chiara sfiducia verso i tempi della giustizia penale (come si giustifica, altrimenti, che il comma 4 preveda l’immediata revoca in via amministrativa quando si accertano gli stessi comportamenti che costituiscono reato ai sensi dei commi 1 e 2?), emerge chiarissima la diffidenza verso i possibili beneficiari del Rdc, al punto da imbrigliarli in una rete di adempimenti prima e dopo l’ammissione al beneficio, con facilissime ricadute nell’area della sanzione penale.

La ratio di questa scelta è evidente: chiedere, ottenere e mantenere il Rdc non avendone diritto è comportamento riprovevole perché rischia di far cadere i delicati equilibri del sistema e sottrae fondi a persone (gli aventi diritto) che vivono sulla soglia della povertà. Da qui, dunque, l’anticipazione dei comportamenti penali rilevanti già al momento della domanda.

Con il primo dubbio di costituzionalità della norma che non distingue, appunto, tra chi ha chiesto e non ottenuto il Rdc, e chi lo ha ottenuto con l’inganno, soprattutto se si considera (i primi commentatori hanno sottolineato la differenza) che nel primo caso siamo il presenza solo del pericolo di un danno e nel secondo caso il danno è già concreto.

Il Parlamento sta approntando in questi giorni gli emendamenti al “decretone” approvato dalla commissione Lavoro del Senato volti ad aumentare i controlli per chi chiede il Rdc risultando separato o divorziato dopo il 2018 (è degli ultimi mesi la corsa alle separazioni ed ai cambi di residenza) e per gli immigrati che accedono al beneficio; come pure a prevedere nuove ipotesi di decadenza dalle agevolazioni e sanzioni ai datori di lavoro che non mantengono alle dipendenze persone beneficiarie del reddito.

Insomma, un sistema complesso che si complicherà ancora di più sulla linea di partenza!

QUALE TRICASE VOGLIAMO

di Nunzio Dell’Abate

Le riflessioni del Direttore del Volantino sugli imminenti lavori di restringimento dei marciapiedi di via Roma per un importo di € 51.000 a carico del bilancio comunale riaprono il dibattito sull’idea di città che vogliamo in termini di viabilità, di mobilità e soprattutto di qualità della vita.

Non vi è dubbio che quei marciapiedi, come d’altronde quelli su via Cadorna, abbiano sin dall’inizio manifestato tutte le loro pecche progettuali, per fruizione ed estetica e che quindi, prima o poi, una loro riqualificazione andava escogitata.

Ma forse sarebbe stato opportuno ripensare prima l’intero centro urbano, il suo perimetro ed il tratto identitario da imprimere. Altrimenti potrebbe rivelarsi un intervento spot, magari presto superato da altre esigenze e sensibilità, con inutile sperpero di risorse pubbliche. Va studiato ed attuato un piano traffico adeguato e complessivo.

Fino ad oggi si è intervenuti con aggiustamenti a macchia di leopardo che hanno finito nella maggior parte dei casi ad intasare ed inquinare zone nevralgiche della città.

Va rivista la segnaletica stradale, incrementata e rinnovata con i tempi quella informativa sui luoghi e servizi del paese ed infine regolamentata a dovere quella pubblicitaria.

Vanno individuate e ben servite le aree a parcheggio, anche incentivando attraverso delle apposite convenzioni la messa a disposizione di terreni o spazi privati.

Tanto beneficio ha portato il parcheggio libero di piazza Caserta ed occorre insistere con le Ferrovie per utilizzare a tal fine parte dell’ampio spiazzo a ridosso del passaggio a livello.

Ma preliminare è la scelta strategica che si vuol perseguire e dunque il compito assegnato ad ogni pezzo del nostro centro urbano. Ad esempio via Roma deve essere intesa come una semplice strada di accesso e quindi la si deve caratterizzare per questa finalità in termini di percorrenza e di sede viaria?

Oppure come strada per il parcheggio e la sosta di veicoli? O invece come zona di passeggio, svago, aggregazione e promozione della città, già quindi parte de suo cuore pulsante?

Nei primi due casi si agevola l’uso residenziale degli immobili che vi si affacciano, nell’ultimo quello ricettivo/ristorativo, di intrattenimento e commerciale. E così a seguire.

La scelta spetta a chi amministra, anche in un’ottica di medio/lungo termine, purchè sia chiara e convinta. Certo è necessario l’ascolto e la condivisione della comunità e soprattutto un estenuante percorso di educazione a nuovi stili di vita ed opportunità.

Ma talvolta bisogna osare per uscire dall’ordinario, per non dire dallo stantio, ed elevarsi a Città attraente e produttiva

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