la mia colonna di Alfredo De Giuseppe

Certo Tricase ha una sua specificità, anche nell’ambito della triste realtà del Sud Italia. Una specificità ancora da decifrare apertamente, che forse non esiste o forse così sfacciatamente vicina che noi non vogliamo vederla e accettarla. Mentre tutti i paesi limitrofi, da Specchia a Presicce, già tre decenni fa rivalutavano i frantoi ipogei, le grotte e le cantine, nel nostro paese solo due settimane fa, per merito di alcuni appassionati, è nato un comitato auto-denominatosi Tricase Sotterranea, dopo la scoperta di granai, cisterne e mura in Piazza Don Tonino Bello (che infatti fino a pochi anni fa si chiamava correttamente Piazza Antica).

È nata dunque Tricase Sotterranea per studiare e difendere quel poco che ancora si può salvare e conoscere.

Perché in fondo a Tricase non c’è educazione al bello, manca il piacere della conoscenza della storia locale: nel DNA di un popolo pieno di aristocratici, santi e lavoratori non c’era più spazio. Nessuno dei nostri amministratori si è mai preoccupato di salvaguardare il nostro sottosuolo e forse neanche altri beni, lasciati all’incuria e all’oblio, fra grossi cavi grigi, cabine elettriche dentro antiche mura e parcheggi ovunque. Tricase fra l’altro ha il primato di non avere neanche dieci metri di isola pedonale.

Nessuno ha valorizzato il Castello di Tutino, con il suo fossato e con la sua misteriosa origine. Tutto intorno un degrado non di povertà ma culturale: dove c’era una casa a corte, ci sono le mattonelle verdi, dove c’era un’antica masseria ci sono due appartamenti orribili, pure disabitati. Il centro storico di Sant’Eufemia che era riuscito a sopravvivere quasi intatto ai terribili anni ’70 e ’80 non ha retto alle nuove lottizzazioni che sono andate a modificare radicalmente l’assetto del territorio.

Lucugnano ha un castello abbandonato, diviso come un condominio degradato, in mezzo alla tristezza di una piazza che è brutta e neanche funzionale. Depressa non è mai decollata, forse per colpa del nome, come ironizza lo stesso Winspeare. La bellezza la trovi al Porto e alla Serra, specie dove aristocratici, nobili e santi hanno escluso negli anni scorsi qualsiasi insediamento. Quando sono state elargite concessioni, magari a parenti, amici e politicanti, hanno effettivamente il sapore del cazzotto in due occhi.

Mentre paesini come Melpignano diventavano punto di riferimento per un qualcosa, mentre Otranto decollava avendo una sola Chiesa, il popolo di Tricase, a cicli alterni, manda ad amministrarci gente che ha litigato seriamente fin da piccolo con la Cultura e la Bellezza e allora tutto si capovolge e tutto diventa uguale, inutile, fine a sé stesso.

Così pare non aver mai amato Palazzo Gallone, a suo tempo devastato, derubato e destrutturato. O l’ACAIT prima acquistata come un gioiello e poi lasciata a marcire in attesa di un’idea che fosse una (fino al crollo di questa settimana). Così come per il convento dei Domenicani, avvolto nel mistero degli uffici tecnici del nostro Comune, con cunicoli, trappole e nascondigli che nessuno ancora ha appieno esplorato.

Poi, a cicli alterni, gli Eletti del Popolo decidono che una manifestazione internazionale sul cinema indipendente come il SIFF non ha alcuna importanza, e forse neanche altre manifestazioni più organiche, lungimiranti e attrattive, a meno che non sia una scorribanda televisiva o una passerella di quasi famose modelle e di quasi rimodellati modelli. E il popolo applaude con un buon grado di consapevolezza masochista.

E ogni volta, con gran fatica, bisogna ricominciare, bisogna lottare per una nuova ripartenza che ha un solo grande limite: non crea quel senso di continuità su un progetto di città condiviso. E ci fa sprofondare dentro un buco di ignoranza, questo sì sotterraneo, che però non ha la bellezza, l’odore e la storia di un frantoio ipogeo, di un castello o di una masseria con le pietre a secco. E tutti dicono: non c’è futuro senza storia e io aggiungo non ci sarà mai più arte nel futuro se non c’è l’osservazione del presente.

La specificità forse sta proprio in questo: nessuno dei nostri governanti, per un chilo di voti, ha mai detto che non si può costruire ovunque, che non è possibile distruggere tutta la storia, che non è possibile vivere senza memoria e senza nuovi stimoli. È ora di pretendere da tutti un atteggiamento più responsabile, più attento, meno superficiale, meno provincialotto. Per decifrare Tricase, per capire cosa vogliamo, non possiamo vivere altri decenni dentro un sotterraneo buio (vado a rileggere “Memorie dal sottosuolo” di Fëdor Dostoevskij).

ELEZIONI del 4 marzo 2018

di Antonio Scarascia

Ha destato stupore nell’opinione pubblica tricasina la nuova denominazione Collegio di Casarano attribuita al collegio Sud pugliese, collegio che nel passato aveva sempre avuta la denominazione di Collegio di Tricase.

Effettivamente quella denominazione ha una lunga storia che risale al 1860 per quanto riguarda l’elezione della Camera, mentre è naturalmente più breve per l’elezione del Senato, essendo stato di nomina regia fino al 1946.

Il collegio di Tricase fu istituito con il regio decreto n. 4513 del 17 dicembre 1860, in vista delle prime elezioni politiche unitarie, unitamente agli altri 443 collegi in cui fu  suddiviso il territorio italiano, che ne riservò 9 alla provincia di Terra d’Otranto (Lecce, Taranto, Gallipoli, Brindisi, Massafra, Manduria, Campi Salentina, Maglie e Tricase).

Il criterio che presiedette alla loro costituzione fu l’accorpamento di un certo numero di mandamenti elettorali amministrativi limitrofi -  i mini collegi che eleggevano i consiglieri provinciali – e l’individuazione del comune capocollegio nel comune più popoloso.

Il collegio di Tricase nacque come accorpamento di sette mandamenti limitrofi, cioè Alessano, Gagliano del Capo, Presicce, Poggiardo, Ruffano, Ugento e Casarano, comprendente in totale 24 comuni dei quali Tricase era il più popoloso contando 5.319 abitanti, (contro i 4.035 di Casarano), ciò che gli dava titolo alla instestazione del collegio

Il debutto del collegio tricasino nelle prime elezioni politiche del 27 gennaio 1861 fu un debutto storico perché vide la partecipazione del nostro concittadino Giuseppe Pisanelli, il quale però perdette il confronto con Liborio Romano, potente ministro dell’interno, per 217 voti contro 453, anche se poi la sua candidatura fu recuperata nelle elezioni suppletive del 7-14 aprile per l’assegnazione dei seggi vacanti, nelle quali restò eletto per il collegio di Taranto.

Il collegio ebbe negli anni alterne vicende. Restò in vigore fino alle elezioni del 1880 (settima legislatura unitaria), poi fu soppresso nel 1882 quando il numero dei collegi fu ridotto a 135 e nella nostra provincia ne furono mantenuti solo tre, denominati Lecce I, Lecce II, e Lecce III. Fu poi ricostituito nel 1891 e rimase in vigore fino al 1919 con l’inglobamento di tutti i collegi della provincia nell’unico collegio intestato ancora al suo capoluogo.

Durante il periodo fascista il collegio di Tricase, come tutti i collegi uninominali, non ebbe più storia per l’introduzione di un sistema plebiscitario nel quale veniva votata una lista precostituita di deputati,  e per l’abolizione della stessa Camera elettiva (legge n. 129/1939),  sostituita dalla Camera dei fasci e delle corporazioni, composta da membri di diritto, titolari di cariche nel partito o in enti statali o corporativi.

Il collegio uninominale ritornò in vita con la nascita della Repubblica, ma fu utilizzato non più per la Camera dei deputati, la cui elezione si basava e si basa su un sistema proporzionale con circoscrizioni plurinominali, ma per l’elezione del Senato, la cui legge istitutiva (n. 30/1948) previde la suddivisione della regione in tanti collegi uninominali per quanti senatori le spettavano.

In quell’occasione il territorio provinciale fu suddiviso in tre collegi, denominati  Lecce, Gallipoli-Galatina, Tricase, quest’ultimo comprendente 44 comuni del Sud Salento, compreso il comune di Casarano.

Il sistema introdotto nel 1948 rimase in vigore fino all’agosto del 1993 e durante quel lungo periodo il collegio di Tricase ebbe spesso l’onore della cronaca nazionale, in ragione di candidature eccellenti che trovarono spazio nelle liste della Democrazia Cristiana come quelle del presidente nazionale delle ACLI Marino Carboni (eletto nel 1976) e del magistrato Claudio Vitalone (eletto nel 1979 e nel 1983).

Nel 1993 i confini dei collegi furono rideterminati (dlgs n. 535/1993) e i collegi leccesi ebbero una individuazione meramente numerica  (n.7, n.8, n.9), senza indicazione del comune capocollegio. Su questa base si svolsero le elezioni politiche del 1994, del 1996 e del 2001, mentre dal 2005 l’elezione è avvenuta in base alla legge n. 270 del 2005 con un sistema elettorale di tipo proporzionale, che non prevedeva collegi uninominali.

I collegi uninominali sono stati riportati in vita dall’attuale legge di riforma. La norma di riferimento è il dlgs 12 dicembre 2017, n. 189  rubricato “Determinazione dei collegi elettorali della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica” adottato in attuazione dell'articolo 3 della legge 3 novembre 2017, n. 165. Ebbene il decreto ha reintrodotto i collegi uninominali, ma ha anche individuato formalmente il criterio per la denominazione del collegio nella maggiore consistenza demografica del comune del raggruppamento.

Nella Tab. 1- Puglia allegata al decreto sono indicati i tre collegi della provincia di Lecce (n. 7, n. 8 e n. 9), con la denominazione di Lecce, Nardò e Casarano. L’intestazione a Casarano del terzo collegio leccese è naturale conseguenza della sua maggiore dimensione demografica rispetto agli altri 49 comuni del raggruppamento.

Questa la ragione del cambiamento. Se l’apparente perdita di ruolo del nostro comune può urtare la nostra sensibilità, ci conforta il fatto di non essere stati pretermessi per ragione politica, ma per il dato oggettivo della demografia che ha giocato a favore di Casarano.  Comune che, in verità, ci aveva superati quanto alla popolazione sin dal 1921, quando al censimento di quell’anno registrò 9.080 abitanti contro gli 8.659 del nostro Comune, ed incrementò il dato, decennio per decennio, fino all’attuale livello di 20.285 contro i 17.581 di Tricase (dato Istat del 2015).

Depressa. Sette piccole discariche segnalate dai cittadini

Egr. Sig. Direttore, gentilissimi redattori de il Volantino,

vorremmo segnalare una situazione che, a nostro avviso, è piuttosto grave, ossia le numerose discariche a cielo aperto, delle più svariate tipologie di rifiuti, che si possono trovare appena si esce fuori dal nostro centro abitato di Depressa.

Le zone interessate sono tante. Si passa dalla strada alle spalle del cimitero fino ad arrivare all’inizio della “ Cosimina”. Tutte in territorio di Depressa.

Si trova di tutto. Scarti edili, pneumatici, fusti di rifiuti ,frigoriferi, eternit,un salotto, ecc. ecc.  Sono 7, le piccole discariche che sorgono tra alberi di ulivo e campi coltivati, a poche centinaia di metri  dal centro abitato.

Alleghiamo alcune foto in merito. Con la speranza che qualcuno si muova.

Sindaco Carlo Chiuri  “di Depressa”, in primis.

Grazie per la Vostra sensibilità.

Un gruppo di cittadini di Depressa

 

La vice sindaco Antonella Piccinni: “bonificheremo tutto quanto prima

Sette discariche abusive a Depressa .Veri episodi di inciviltà e degrado ambientale

C'è scritto a chiare lettere.CAFONI E INCIVILI CHI BUTTA I RIFIUTI. VERGOGNA”.

Lo hanno scritto i cittadini che vogliono una Depressa più pulita.

Depressa, circa 1400 residenti. Insieme a Lucugnano, costituisce frazione di Tricase. Sono sette le discariche abusive di media dimensione. La piccola frazione è circondata da discariche nocive.

Si possono trovare appena si esce fuori dal centro abitato. Le zone interessate sono tante. Svariate le tipologie di rifiuti presenti: Una situazione che, a nostro avviso, è piuttosto grave.

Questa la dichiarazione di alcuni cittadini che ci hanno accompagnato nel triste percorso dei rifiuti.

 

Le zone interessate sono tante. Si trova di tutto. Ci sono quelli che svuotano i fusti di vernice, scarti edili, calcinacci e materiale elettrico. Non mancano quelli che, per evitare il viaggio fino alla discarica si liberano di computer, gomme di auto, salotti e qualsiasi altro rifiuto ingombrante dove capita.

 

Tutto in territorio di Depressa. Tutto cestinato per strada.

 

Si passa dal percorso alle spalle del cimitero fino ad arrivare all’inizio della “ Cosimina”.

Sono tutte strade di campagnetra alberi di ulivo e campi coltivati, strade poco illuminate, spazi poco frequentati e aree di facile degrado da usare come pattumiera.

 

Tutto a poche centinaia di metri dal centro abitato.

In una zona sprovvista di telecamere di videosorveglianza

 

Purtroppo il fenomeno delle discariche a cielo aperto, è ancora una piaga per la Città di Tricase.

Un sporco lavoro di chi non si fa scrupoli a usare terreni , strade o incroci come spazzatura.

 

E’ mai possibile che non si riesca a risolvere questo problema

 

 

 

 

 

di Alessandro Distante

TACCUINO ELETTORALE

Plance tristi e melanconiche attendono di essere riempite di immagini, di colori e di slogan.

Intanto sono libere e bianche.

Poco da comunicare e forse pochi motivi per farsi vedere.

Del resto il sistema elettorale non attribuisce particolare peso ai candidati non essendoci neppure le preferenze.

Il resto lo fa un collegio grande a dismisura con candidati, per lo più, che poco hanno a che vedere con il territorio.

Ed allora perché stampare ed affiggere manifesti?

E poi chi li legge? Chi, camminando per strada, si ferma a leggere gli slogan e a vedere i volti dei candidati?

Siamo in inverno. Oltre ai comizi in piazza viene meno anche la comunicazione con i manifesti.

La comunicazione viaggia su altri binari: televisioni e social.

Continua il processo di spersonalizzazione e di separazione tra candidati ed elettori o, forse, tra le Istituzioni ed i cittadini

 

di Romeo Erminio

La giornata era illuminata da un sole splendido che riscaldava i nostri volti messi a dura prova da un ponentino dispettoso che ci scagliava i suoi freddi dardi.A dispetto del freddo eravamo pieni di gioia perché tra poco saremmo stati abbracciati dal Vicario di Cristo.

L’attesa è stata ben ripagata. Papa Francesco ha voluto donare all’immensa folla di volontari radunati tra il colonnato del Bernini il resoconto dei suoi viaggi in Cile e Perù dove Egli non ha esitato a condannare gli abusi del consumismo alienante dell’ideologia ambientalista che trascura l’interesse della povera gente. Parole di ferma condanna ha espresso in quei Paesi soprattutto contro la corruzione delle classi dirigenti, contro le violenze sulle donne, gli abusi sui bambini e la distruzione progressiva della foresta amazzonica.

L’invito di Papa Francesco a quelle popolazioni non solo ,e soprattutto all’Occidente, è stato quello di creare ecosistemi capaci di guardare aldilà dell’immediato e del profitto individuale che crea povertà e toglie la speranza a quelle popolazioni che vivono in Amazzonia.Su tutti quei popoli affamati di giustizia il Papa ha invocato la protezione della Madre de Dios. Poi ha rivolto il suo discorso a noi volontari dell’AVO. Attendevamo con trepidazione questo momento come tanti scolaretti che attendono l’esito della loro prova.Papa Francesco ha urlato verso di noi un immenso “grazie”.Grazie per quello che facciamo ogni giorno in favore dei sofferenti.

La nostra opera, ribadiva Francesco, è meritevole non solo della Sua più ampia gratitudine ma soprattutto di quelle numerosissime persone a cui noi ogni giorno offriamo consolazione, dinanzi agli ostacoli, alle difficoltà che incontrerete nell’espletamento del vostro generoso, gratuito e nobile impegno”aggiungeva il Papa

.”La gratitudine non è il forte degli uomini. Continuate nel vostro compito perché la benedizione di Dio sarà sempre su di voi e sulle vostre famiglie”. Con la”  Papa mobile ”Francesco si è avvicinato ad ogni gruppo ed ha impartito la sua benedizione.

 

di Pino Greco

Il Sindaco Chiuri : Se tutto andrà per il verso giusto i lavori potranno essere finanziati entro il 2019”.

E’ mercoledì 14 febbraio 2018. C’erano tutti. Nella sala del sindaco Carlo Chiuri a Palazzo Gallone erano presenti il direttore dell’Agenzia del Demanio di Puglia e Basilicata, VincenzoCapobianco e quello provinciale Fedele Gentile, il Generale di Brigata Giovanni Cataldo, Comandante regionale dei Carabinieri; il Generale di Divisione Vito Augelli, comandante regionale Guardia di Finanza,i comandanti prov.li Colonnello Giampaolo Zanchi (dei Carabinieri) e Colonnello Bruno Salsano (della Guardia di Finanza).

Il comandante della Compagnia dei Carabinieri di Tricase, Capitano Alessandro Riglietti e quello della Tenenza della Finanza, Tenente Luigi Pezzella. E’ stato un tavolo tecnico per discutere sulle due future sedi, Arma dei Carabinieri e Guardia di Finanza. Ore 15 circa. Definiti gli ultimi particolari, la soluzione è quella già “saputa” da tempo:

L’attuale Compagnia dei Carabinieri si trasferirà da via Antonio Micetti 4, in quella che fino a poco tempo fa era la sede “tricasina” del Tribunale di Lecce, nel rione Caprarica

( ufficio del giudice di Pace, dove verrà trovata altra sede).

Mentre, la Tenenza della Guardia di Finanza , lascerà la sede storica di via Paolo Fenoglio 8 , per essere operativa nella attuale sede della caserma dei carabinieri forestali sulla via per Lucugnano.

Tutte le sedi saranno ristrutturate con l’approvazione definitiva dell’Agenzia del Demanio e degli ultimi dettagli burocratici

 

 

 

di Giuseppe R. Panico

Sono passati 100 anni dalla fine della Grande Guerra. Una guerra combattuta duramente non solo nelle trincee ma anche sui mari, in particolare nelle acque del Nord Adriatico, ove la nostra Marina Militare tenne in scacco la potente flotta austriaca. Il successo in guerra, come in tutte le imprese umane, deriva da molti fattori e, soprattutto, dalla  preparazione professionale e dalla motivazione etico-morale dei partecipanti.

Gli atti eroici che ne sono derivati hanno lasciato una preziosa ed indelebile traccia nella storia del nostro passato e continuano ad essere ricordati e commemorati non solo attraverso le Associazioni d’Arma ma anche intitolando ai protagonisti scuole, piazze, strade, luoghi pubblici ed attività sociali. Rafforzando così nelle generazioni presenti e future il legame continuo fra Forze Armate e resto del Paese e dunque l’Unità Nazionale celebrata ogni anno il 4 Nov.Di guerre in Europa non se ne fanno da lungo tempo e cresce l’illusione o la speranza che la pace, quale bene supremo, sia ormai definitivo e non, come altrove, una parentesi, spesso breve, fra ben dure e sanguinose realtà.

Conoscere ed approfondire il nostro passato dà più luce al nostro presente, quello di una nazione libera e democratica in una Europa che mai nella sua storia ha avuto un così lungo periodo di pace, e dà più vita ad una cultura che, maturata fra immani perdite, sacrifici ed eroismi, trova, nella conoscenza storica dei suoi grandi uomini e donne, nuove forze per impedire nuove guerre. Fra i più fulgidi eroi della Grande Guerra vi è il marinaio Nazario Sauro. Un nome dato anche a tante scuole, quasi per assorbire, sin da scolari, quei valori che caratterizzarono la sua esistenza e coltivare, con questi, un più spiccato sentimento nazionale. Sarà a giorni, fra noi, un suo nipote, anche lui marinaio, che per riconoscenza ed affetto verso il suo eroico nonno, ha inteso fare egualmente una grande impresa, ma di storia e cultura forgiate dal mare.

E’ l’Ammiraglio in pensione Romano Sauro, che, dopo aver scritto un libro sul suo celebre nonno (Nazario Sauro-Storia di un Marinaio), continua a navigare non più sulle grigie navi da guerra della Marina Militare, ma sulla sua barca a vela “Galiola III”, che prende il nome dall’isolotto ove suo nonno fu catturato dagli austriaci. Cento anni dalla Grande Guerra, cento anni dalla perdita del nonno, cento porti ove sostare, centinaia di conferenze a pubblico e scolaresche per una storia di uomini di mare rivissuta oggi sul mare da chi sul mare continua a navigare.

L’Ammiraglio Sauro, in una sosta organizzata, con l’aiuto del Comune, dal gruppo cittadino della Associazione Nazionale Marinai d’Italia, insieme alla sezione della Lega Navale Italiana di Tricase Porto (l’Ammiraglio è stato di recente il Dirigente Nazionale LNI) della Associazione Magna Grecia Mare e dei Fratelli della Costa, sarà a Tricase dal pomeriggio del 22 al mattino del 24 feb.

Presenterà il suo libro (scuderie di Palazzo Gallone giorno 22 ore 17,30, la cittadinanza è invitata-diritti di autore devoluti alla associazione Peter Pan Onlus a favore di bimbi colpiti da malattie oncologiche) ed un susseguirsi di conferenze a favore delle scolaresche di Tricase (Acait 23 feb ore 09,30), Alessano e Corsano. Dopo aver deposto una corona di alloro al monumento dei Caduti del Mare a Marina Serra, (24 feb.Ore 09,30), l’Ammiraglio, partito da S. Remo in Liguria, proseguirà in barca con meta finale Trieste per raggiungere la terra e l’alto Adriatico del nonno.

Lo attendiamo al suo arrivo al nostro porto, come sulla porta di ingresso di un Adriatico, “Mare Nostrum”, che, con lo sbarramento del Canale d’Otranto, i vicini scafi in fondo al mare e i tanti tricasini caduti, ci ricorda ancor più gli eventi bellici del passato e l’impegno a dar seguito, accanto alle nostre Forze Armate, eredi e custodi di tanti valori e memorie, alla lunga pace del nostro presente europeo.  

di Hervé Cavallera Le recenti scoperte di una Tricase del passato, reperti celati sotto terra a poche decine di centimetri nello spazio antistante il sagrato della Chiesa Madre (mura medievali, tombe ecc.) fa emergere, senza andare a tempi ormai lontani, cronache recenti: la scoperta del cunicolo presso la chiesetta di San Nicola, tosto richiuso con evidente nocumento per la sopravvivenza degli affreschi appena illuminati dalla luce; poi la scoperta di tombe e granai in Largo Sant’Angelo subito richiusi, quindi i ritrovamenti di qualche giorno fa. E se la mente va ancora più indietro si può pensare ai cunicoli individuati nel restauro della struttura di Palazzo Gallone, anche questi prontamente chiusi. Insomma, la storia malinconicamente è questa: talvolta, senza volerlo, si trovano reperti che aprono possibili nuove indagini che porterebbero non solo ad una nuova e adeguata conoscenza storica del passato, ma che potrebbero divenire (adeguatamente custoditi) fonte di rilevante guadagno turistico.

Il problema reale, pur tenendo presente il rapporto inevitabile con la Sovrintendenza, è quello di istituire, anche in armonia con l’Amministrazione Comunale, una sinergia di forze accanto ad una istituzione ufficialmente riconosciuta. Essa già c’è. La Società di Storia Patria per la Puglia nel suo Statuto prevede all’art. 1 di interporre “la propria autorità e l’opera dei soci a difesa delle ricchezze bibliografiche, archivistiche, monumentali, archeologiche e demo-etno-antropologiche minacciate e trascurate” ed ha (art. 21) una specifica “Sezione per la tutela dei centri storici urbani”. Ora, a Tricase la Sezione della Società di Storia Patria c’è ed il suo presidente è peraltro Vicepresidente della Società pugliese oltre che professore universitario.

Sarebbe pertanto auspicabile che diverse forze si raccogliessero intorno alla Sezione locale e ci si preoccupasse, dopo che la Sovrintendenza avesse garantito delle opere fatte, ad elaborare un progetto di ampio respiro volto ad una sistematica verifica del patrimonio storico esistente nel sottosuolo di Tricase e frazioni, ad una messa in sicurezza del medesimo ed insieme ad una sua fruibilità. Basti pensare a quante cittadine del Salento vantano la visibilità dei propri frantoi ipogei (e Tricase ne ha; al solito occultati).  La storia di Tricase è invero in parte da riscoprire. Se nel 1268 Carlo d’Angiò concesse metà feudo del casale di Tricase al francese Nason de Galerand, è evidente che il casale avesse già vita in età sveva e normanna e sicuramente ancor prima come testimoniano, tra l’altro, diverse tracce bizantine che rinviano a tempi più remoti.

La valorizzazione di Tricase consiste, infatti, non solo nella creazione di centri di lavoro (che mancano), come la zona industriale, ma anche nel riconoscimento di una storia plurisecolare e nella realizzazione di percorsi turistico-culturali che non possono che essere fonte di crescita in ogni senso. Le energie non vanno disperse e le tracce del passato vanno tutelate, come deve essere anche per il nostro cimitero monumentale. L’occasione fortuita di ritrovamenti nell’antica piazza di resti della Tricase medievale non deve pertanto ridursi al mormorio di una settimana, ma essere lo sprone per ampi progetti su cui le istituzioni e le persone capaci e di buona volontà devono misurarsi.

 

Ad Aprile 2017 l’ANAS ha svelato come i dati di flusso secondo i quali era stata progettata la nuova ss275 fossero non coincidenti con la realtà. Dopo Tricase il flusso scende drasticamente dai quasi 13.000 passaggi di Surano ai 2.500 di Castrignano del Capo. Questi dati, è evidente, non giustificano la realizzazione di una nuova strada anche se fosse a due corsie, anziché le quattro inizialmente paventate.
Per evitare strumentalizzazioni, pensiamo sia necessario palesare l’inutilità di un'opera di tali proporzioni a Sud di Tricase, in maniera chiara e netta, attraverso i numeri.
Da anni viene ciclicamente ribadita la necessità di realizzare l’ultimo tratto e, intanto, quello da Melpignano a Montesano tarda a realizzarsi.
Eppure c'è chi persevera nell'idea di voler infliggere uno scempio inutile e indelebile ad una terra già martoriata da diverse emergenze ambientali. Non ultime quelle connesse alla presenza di numerose discariche scoperte lungo il tracciato dell'opera. Ora si è andati addirittura oltre: un nuovo progetto che devii al passaggio delle discariche. Queste ultime andrebbero bonificate e non sorpassate.
Da sempre la federazione provinciale di Sinistra Italiana è contraria a tale scempio: una strada inizialmente concepita per unire le zone industriali al tempo del TAC, condizione che oggi peraltro non sussiste più.
Mentre il Salento paga un prezzo sempre più caro in termini di salute, la politica si ostina a voler realizzare opere inutili e dannose, che continuano ad attentare al benessere delle popolazioni.
Il nostro territorio ha conosciuto un importante sviluppo turistico e la salvaguardia ambientale è divenuta condizione fondamentale per dare continuità a tale modello. È indubbio che vi siano problemi di attraversamento di alcuni Comuni, ma tali problematiche andrebbero risolte localmente o con progetti intercomunali con extramurali, non con un serpentone fino a Leuca, cui si affiancano altre tre strade, la ss274 e le due litoranee.
Secondo Sinistra Italiana Salento, la politica dovrebbe, invece, impegnarsi a sviluppare il progetto dell’ammodernamento delle FSE, realizzando finalmente un asse ferroviario veloce che colleghi Leuca con l’Aeroporto di Brindisi, e a creare nel contempo delle ciclovie (anche utilizzando tronchi della FSE non utilizzati) che diano impulso decisivo ad un modello turistico improntato alla destagionalizzazione.
Siamo convinti che la cura del nostro territorio debba essere a 360 gradi: se si è contrari a TAP, si dovrebbe combattere anche lo scempio della nuova SS275 da Tricase a Leuca, senza far leva sulla riduzione delle corsie da due a quattro, perché la cicatrice sarebbe ugualmente indelebile.
Tricase è il territorio che sarà colpito maggiormente con i suoi 8 km di nuova strada. Pertanto chiediamo al Sindaco Carlo Chiuri di non indietreggiare e di continuare il lavoro compiuto dall’amministrazione precedente. Con la realizzazione della Tangenziale Est (detta Cosimina), Tricase ha già dato tanto in termini di consumo del territorio.
Infine, come Sinistra Italiana Salento, chiediamo alla politica tutta di portare avanti nuove politiche di sviluppo che salvaguardino la salute delle popolazioni e la tutela ambientale, senza rincorrere vecchie logiche ormai datate e senza futuro.
Segreteria SINISTRA ITALIANA PROVINCIALE

E’ stato presentato il progetto della Strada Statale 275 nel tratto che da Montesano porterà a Leuca.

Tricase verrà interessata con un percorso che parte dalla Zona Industriale e passa ad Ovest per poi congiungersi con il territorio di Alessano.

Il Sindaco Chiuri ha duramente protestato per questa soluzione; la sua proposta, a nome della Città,

era per un utilizzo della Cosimina con interventi di messa in sicurezza.

Ma tutti gli altri Sindaci l’hanno pensata diversamente e la riunione si è chiusa con l’approvazione della soluzione ad Ovest di Tricase.

In cambio: la promessa, tutta da verificare, di un intervento migliorativo sulla Cosimina.

L’ultimo tratto da Montesano a Leuca sarà a sole due corsie, con un risparmio di 4 metri di larghezza rispetto al progetto iniziale.

Il Sindaco ha chiesto di potersi confrontare con i cittadini alla presenza di Anas e della Regione.

Intanto il Comitato 275 protesta e diffida tutti dal dare seguito alla proposta.

 

La mia colonna di Alfredo De Giuseppe

Ho letto velocemente la Relazione dei Servizi Ispettivi della Ragioneria dello Stato, giunta da un paio di mesi a Palazzo Gallone e portata a conoscenza attraverso i giornali solo qualche giorno fa. Da una prima sommaria lettura emergono gravi e continuative contestazioni contro l’ultima Amministrazione Coppola. Ma non daremo certo su questa colonna un giudizio di merito su ogni singola faccenda: cercheremo invece di capire da dove arrivano così macroscopiche inadempienze.

Partono da lontano, molto lontano, quando il Comune era una casa democristiana, dove una cerchia molto ben selezionata di amministratori riusciva a imporre assunzioni, lottizzazioni, affidamenti di lavori pubblici, e sovvenzioni a go-go, aggirando regole e buon senso. Anzi c’era un senso unico, applicato sempre e ovunque, ed era quello della clientela famelica e amicale.

Su queste fondamenta di ogni singolo Comune si creò l’enorme debito pubblico italiano che ancora oggi è il flagello della nostra convivenza sociale e che molte anime belle fanno finta di dimenticare, vagheggiando un passato bello e ricco, comunque sempre migliore del presente. Mentre i Paesi europei progredivano velocemente, l’Italia aveva smarrito ogni ideale e ogni visione del futuro. All’improvviso, era 1993, si scoprì super corrotta, fantasticamente indebitata, in mano a mafie, lobby e manovratori di ogni genere. Allora per tentare di rimanere seppur minimamente agganciata al benessere occidentale, per tentare di entrare nell’Euro (ritenuto all’epoca l’unico salvataggio possibile), la stessa classe politica tentò di auto-riformarsi.

Nacque così nel 1997 la legge Bassanini, che tentando di riformare tutto il sistema della Pubblica Amministrazione, dava di fatto ai Funzionari un potere superiore a quello dei politici che avrebbero dovuto limitarsi a dare gli indirizzi, mentre la gestione di ogni singola operazione doveva avere un ben preciso responsabile amministrativo. Ad oltre vent’anni di distanza possiamo affermare serenamente che l’obiettivo di aumentare l’efficienza e superare la corruzione è fallito. È bastato mischiare politici e funzionari e tutto è saltato.

Già nel 2001, da direttore del mensile Nuove Opinioni, segnalai l’anomalia del più importante funzionario del Comune che ne diventava Sindaco senza dimettersi dal suo ruolo apicale. Naturalmente furono pochissimi quelli che pensarono che questo potesse essere un problema. Invece, anche senza alcuna ruberia, è sempre un problema perché un conflitto d’interessi si estrinseca in mille rivoli diversi, in mille risvolti, in relazioni complicate, in auto limitazioni o eccessi di potere.

Certo è che Antonio Coppola, a causa di questo perenne conflitto d’interessi, nei lunghi anni di governo non ha potuto modificare la struttura organizzativa del nostro Comune, non poteva intervenire senza destare sospetti, invidie, antipatie, corrosioni e veti incrociati. Era parte in causa e lo sarebbe stato purtroppo fino all’ultimo suo giorno da Sindaco, senza un Piano Regolatore e senza un Ufficio Tecnico efficiente.

Ora l’attuale Sindaco, il nostro bravo e pacificatore Carlo, eletto a furor di popolo per cambiare tutto, non ha ancora cambiato niente. Soprattutto in relazione alla macchina amministrativa che invece meriterebbe nuova linfa, nuovo entusiasmo e nuove regole. Una prima regola dovrebbe essere elementare: non tenere nascosta nel cassetto per circa 40 giorni una Relazione esplosiva che riguarda la precedente Amministrazione e che apre uno squarcio (finalmente la trasparenza) sulla gestione della cosa pubblica a Tricase.

Se in definitiva nel tempo trascorso dal suo arrivo alla sua divulgazione, la Relazione fosse stata oggetto di valutazione di vecchi amministratori e funzionari, sottraendola invece al controllo delle minoranze e del Consiglio tutto, per Chiuri ci sarebbe un’unica, malinconica, seppur veloce strada: la fine della sua giovane consiliatura, per mano non solo dell’opposizione ma anche dei suoi stessi consiglieri

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